I primi videogiochi erano programmi composti di poche stringhe di codici informatici che si traducevano in un’interfaccia semplice e la cui grafica rimandava spesso a qualcos’altro in modo altrettanto elementare: PONG, il primo videogame creato, si rifaceva al tennis sebbene con regole un po’ differenti. Oggi i videogame sono un prodotto largamente diffuso e di cui inquadrare un target specifico non risulta facile: infatti al giorno d’oggi ne fanno uso sia bambini che adolescenti che adulti. La domanda che sorge spontanea è quindi: “come è possibile che un prodotto simile sia accessibile, anche se in modi differenti, a tutte queste fasce d’età assicurando un coinvolgimento elevato per tutti?”
Una prima risposta è data dall’artefatto videogioco che, soprattutto in ottica contemporanea, grazie alle sue caratteristiche sia digitali che analogiche, permette un coinvolgimento completo attraverso l’ampio utilizzo sia di architetture multimodali che intermodali, ovvero l’utilizzo sia di video che di audio (sempre più diffuso anche in come input nei giochi online). Da qui la differenziazione nei processi di interpretazione, di ogni giocatore, dei codici visivi e sonori (di output della console) unita a quelli automatici di produzione di una risposta che diventi azione nel contesto virtuale (di input da parte del giocatore attraverso joystick, tastiera, mouse o touch screen) aumenta quella sensazione di coinvolgimento e di avvicinamento ad un contesto di realtà, grazie alla divisione tra “esterno” ( ovvero ciò che accade nell’ambiente virtuale) e “interno” (cioè la risposta che si può mettere in atto a partire dalla valutazione dell’esterno).
Una seconda interpretazione riguarda le aspettative che ciascun giocatore ha nei confronti della propria attività sia rispetto alla tipologia di videogioco sia al modo differente in cui ogni titolo può essere giocato: se i bambini cercano puramente divertimento, gli adolescenti sono più improntati all’atto competitivo oltre che a quello sociale (con le console di nuova generazione e la possibilità di giocare online e quindi con e contro una comunità), mentre gli adulti spesso cercano maggiormente un break dalla quotidianità o un momento in cui rilassarsi dopo una faticosa giornata di lavoro.
Sembra ad una prima occhiata, quindi, che i videogiochi abbiano una capacità di adattamento, all’interno delle menti dei giocatori, che permette loro di superare i vincoli d’età, arrivando ad unire sulla stessa piattaforma letteralmente generazioni diverse. Questo adattamento permette la creazione dello scopo del giocare, nella mente del giocatore, sotto forma di aspettativa. Questa stesse aspettativa, tuttavia, è elaborata anche sulla base di quanto il giocatore si sente competente in una determinata attività e quanto riesce a mettere in atto intenzioni proprie e adatte rispetto alla situazione, attraverso l’artefatto, per avere successo nel portare la propria intenzione a diventare un’azione efficace nel contesto virtuale. Ovviamente il successo o il fallimento possono portare, specie nel primo caso, al rimodellamento delle suddette aspettative. Chi fa bene spesso punta a fare meglio.
Un altro argomento che merita di essere citato è senza dubbio l’attenzione (in tutte le sue forme: focalizzata, selettiva, sostenuta, focale, shifting attentivo) , che gioca un ruolo da protagonista sia nel breve che nel lungo periodo poiché da una parte permette l’individuazione di dettagli salienti (anche in termini di affordance) che devono essere processati in rapidità per ottenere una risposta anch’essa rapida ( un esempio può essere la comparsa di un nemico nel proprio campo visivo e d’azione) e dall’altra è necessario ottimizzarla per evitare cali nella prestazione e quindi nella sensazione di piacevolezza che si ha giocando.
Infine la competitività e la cooperazione, o entrambe, della singola partita e delle sue caratteristiche “uniche” che ogni situazione presenta al giocatore configurano una realtà circolare che premia, anche con bonus o punti cumulabili, e sfida in modo sistematico e continuativo il giocatore, assicurando così un coinvolgimento profondo e una situazione, come detto, premiante dettata dalla consapevolezza di poter raggiungere lo scopo, con la possibilità quindi di adattare il gioco alle proprie capacità.