Attenzione e videogiochi

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L’attenzione è probabilmente la prima caratteristica che viene in mente pensando ad un giocatore alle prese con un nuovo videogioco: la sua mente infatti, proprio perchè completamente immersa nell’attività video ludica, continua a segmentare la realtà virtuale categorizzando aspetti macro, dettagli ed eventi accostando loro un significato e uno scopo in una relazione semplice o complessa di causa ed effetto.

La capacità attentiva si sviluppa molto presto nel bambino in relazione agli aspetti della realtà che costituiscono un interesse (principalmente la madre nei primi momenti). Con la maturazione dell’individuo, l’attenzione, che dopo il periodo di focus verso la madre viene da questa reindirizzata verso il mondo esterno, comincia ad essere auto orientata sulla base di preferenze individuali (attenzione focalizzata).

Questo ultimo periodo di sviluppo congnitivo-attentivo è “condicio sine qua non” l’adattamento ai videogiochi non sarebbe possibile: se l’attenzione non fosse orientata e controllata spontaneamente sugli aspetti della realtà che si vuole analizzare, l’intero processo di comprensione sarebbe confuso, dispersivo e quindi molto meno efficiente di quanto non sia.

Come può quindi un giocatore mantenere un così alto livello di attenzione costante da poter analizzare ogni scenario in funzione di quello precedente e ipotizzando già quello successivo?

 

Con la conoscenza progressiva, tramite esperienza diretta delle dinamiche di gioco, si passa dall’orientamento volontario e consapevole dell’attenzione ad uno più automatico e sotteso da euristiche ( strategie cognitivamente economiche definite anche come “scorciatoie cognitive” che si fondano su caratteristiche dell’esperienza e della sua interpretazione per poter fornire una risposta immediata grazie all’analisi automatica degli aspetti salienti dell’evento), tipiche del giocatore esperto. L’utilizzo delle euristiche spiega come alla mente siano sufficienti pochi dettagli e di come la velocizzazione del processo di selezione e analisi di questi stessi elementi sia facilitato dalla natura stessa del videogioco, che da un parte propone situazioni analoghe o ripetibili all’interno dell’ambiente virtuale e per cui il giocatore può essere addestrato ( e in cui quindi le euristiche possono essere apprese o consolidate) , dall’altra permette l’attuazione di un comportamento efficace ed efficiente che spesso discrimina tra successo ed insuccesso rispetto all’obiettivo (soprattutto nel gioco online).

Un ultimo aspetto dell’attenzione rispetto ai videogiochi riguarda la dimensione ludica sottesa a questo tipo di artefatti comunicativi: contro ogni teoria psicologica e di senso comune, infatti, l’attenzione nel gioco non è un sforzo cognitivo, ma quasi un adattamento spontaneo della mente che si incarna nel nuovo contesto virtuale. In questo senso quindi viene da domandarsi se quel concetto di attenzione, come è normalmente inteso in termini sia in termini accademici che non, non sia da modificare in parte per essere adattato a questo settore.

 

In una situazione “normale” di richiesta attentiva (studiare o svolgere un compito), non sempre si riescono ad attivare percorsi di senso corretti e spesso il calo attentivo è fisiologico nell’attività prolungata; nei videogames invece questo calo si presenta, ma non viene percepito soggettivamente e quindi, in un certo senso, è come se non ci fosse per il giocatore e viene inoltre contrastato da premi casuali che invogliano il giocatore e non cessare la propria attività. Questa base è il fondamento che sta portando diversi ricercatori a testare l’efficacia di un apprendimento attraverso videogioco, sia per situazioni patologiche che ludiche, con la possibilità di indagare quale apprendimento sia più efficace (se nozionistico o esperienziale) in linea generale e, più nello specifico, in patologia e normalità.

 

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