Oltre ad essere mezzi di intrattenimento, i videogiochi, attraverso ai loro contenuti, veicolano diversi messaggi, tra i quali possiamo distinguere determinati valori. Approfondiamo quindi quali sono e come vengono trasmessi.
Al giorno d’oggi più che mai, con la crisi valoriale che sta affrontando la cultura occidentale, i ragazzi hanno bisogno di modelli a cui ispirarsi per poter creare un nuovo bagaglio di nozioni, capace di guidare le nuove generazione verso quella che sarà la società del futuro. Posto l’assunto che tale bagaglio dovrebbe essere favorito principalmente da scuola e famiglia, ma che purtroppo in molti casi ciò non accade, bisogna trovare un altro metodo di condivisione valoriale (che possa quantomeno arginare i danni che i primi due sistemi, quando non funzionano, possono creare). Dunque come fare? Sin dai tempi andati, ai più piccoli si usa presentare dei modelli attraverso a giochi e fiabe, che facendo leva su esempi, morali e esperienze, tramandano valori. Pensiamo alle fiabe di Esopo o ai giochi di ruolo. Con l’avvento delle nuove tecnologie però, è ora disponibile un nuovo modo per tramandare tali valori, un modo che garantisce di entrare in prima persona nella narrazione e di agire di proprio pugno per poter fare esperienza diretta della vicenda, traendone conseguentemente degli insegnamenti. Ovviamente ci riferiamo ai videogiochi; che sia giunta l’ora di renderli strumenti di costruzione valoriale? Questa è chiaramente una domanda retorica, poiché essi permettono già la costruzione e la condivisione di determinati valori. Andiamo quindi ad indagare a quali ci stiamo riferendo.
LA DEDIZIONE AL LAVORO – Scegliamo questo come primo valore condiviso dai videogiochi principalmente per un motivo: qualsiasi gioco, dal classico Pokèmon Rosso al più recente Bloodborne, insegna che lavorando con dedizione ed impegnandosi si possono raggiungere gli obbiettivi. Allenando il proprio avatar infatti, nella realtà virtuale si cresce, ci si rinforza e si possono ottenere i risultati sperati, indipendentemente da tutto il resto. Ma non solo, anche io giocando aumento di destrezza nei compiti richiesti. Psicologicamente questo è un messaggio estremamente importante. I ragazzi che crescono con questa mentalità imparano che se si desidera una cosa bisogna impegnarsi per poterla ottenere e soprattutto che non bisogna assolutamente arrendersi. Rinunciare non serve a nulla, basta perseverare e si otterrà l’obbiettivo preposto.
IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI – Machiavelli ne sarebbe sicuramente soddisfatto; la critica un po’ meno. Tuttavia i videogiochi insegnano proprio questo: se hai un obbiettivo l’importante è raggiungerlo, non importa come. E qui potremmo entrare in una fitta polemica riguardo a ciò che è giusto o non è giusto. Noi ci limitiamo ad annotare questo aspetto e a sottolineare come esso in determinati ambiti può comportare dei vantaggi, mentre in altri può essere problematico. Questo valore dev’essere quindi circoscritto a determinate situazioni.
AIUTO VERSO I DEBOLI – Moltissimi giochi richiedono all’utente di correre in soccorso, salvare ed aiutare i più deboli. Dalla principessa Peach, alle quest secondarie di qualsiasi RPG, spesso dobbiamo aiutare agenti virtuali che ci presentano problemi da risolvere. Questo constante correre in soccorso di persone bisognose può insegnare a tendere la mano verso i più deboli, evitando di lasciarli al proprio destino e incrementando la cooperazione tra le persone. Inoltre, il fatto di aiutare ha effetti benefici sia su chi aiuta, in termini di autostima, che su chi viene aiutato, che oltre a risolvere il problema, risulterà meno frustrato e magari sarà predisposto ad aiutare in futuro. Tale dinamica, estremamente prosociale, al giorno d’oggi non guasterebbe di certo.
COOPERAZIONE E COMPETIZIONE – Sebbene molti giochi abbiano al loro interno aspetti competitivi, bisogna sottolineare come la maggior parte di essi comprendano anche aspetti cooperativi. Insomma molti giochi richiedono di essere il migliore, ma per poter essere tale bisogna appoggiarsi ad altri. Penso ad Ogame, in cui l’obbiettivo è essere il più forte (in termini di punteggio) dell’universo, ma ciò è difficilmente raggiungibile senza un’alleanza che aiuti nella distruzione della concorrenza (aspetti sia cooperativi che competitivi). Un altro esempio potrebbe essere Drakensang, un MMORPG in cui determinate missioni sono praticamente impossibili da svolgere da solo, ciò spinge i giocatori a creare gruppi e gilde che li aiutino nel raggiungimento degli obbiettivi. Insomma l’insegnamento che se ne delinea è ancora collegabile al fine che giustifica i mezzi, tuttavia questo fine richiede la cooperazione con altri giocatori, il che poi porta alla condivisione di esperienze e alla conseguente creazione di valori sociali come l’amicizia, il rispetto e la lealtà.
Questi sono solo i principali valori che i videogame trasmettono, ma ce ne sarebbero molti altri. Forse, è il caso di iniziare a considerare questi strumenti come potenziali artefatti educativi invece di semplici passatemi ludici.