I 5 ASPETTI CHE RENDONO HORROR UN HORROR, SECONDO LA SCIENZA

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Il genere horror ha aumentato la propria popolarità nel corso degli anni, basando il proprio successo su un mix vincente di paura ed intrattenimento. A questo proposito si è ovviamente molto dibattuto, con scettici e scienziati che hanno addirittura sostenuto che gli amanti di questo genere incanalassero i loro stessi bisogni nella visione di contenuti horror per evitare di commettere crimini di persona! Per fortuna ultimamente si è abbandonata questa strada, ed ai videogiochi horror è stata restituita la dignità che si meritano: a causa dei loro contenuti intrinsecamente emotivi e grazie al fatto che per il giocatore è facile immedesimarsi nel personaggio principale, secondo gli scienziati sono infatti delle eccellenti zone sicure in cui ognuno di noi può esplorare le proprie paure più oscure (Rusch, 2009).

Componente fondamentale di un horror è la suspense, definita come “uno stato di incertezza concitata o ansiosa nei confronti di ciò che potrebbe accadere”, di conseguenza un gioco che fallisce nel mantenere un’atmosfera adeguata si trasforma in un’esperienza comica: in One Late Night: Deadline (2015), secondo capitolo di un indie game di tutto rispetto, l’assoluta mancanza di indicazioni ci costringe a vagare senza meta, rendendo rumori improvvisi e presenze sinistre privi di qualsiasi senso per il giocatore totalmente impegnato nello sbloccare una trama in stallo.
Ma allora, quali sono gli aspetti che rendono un horror scientificamente spaventoso?

      1. IL COLORE

Gli aspetti visivi sono sicuramente di grande importanza per quanto riguarda l’influenza sulle emozioni del giocatore, a partire dall’uso del colore (Müller, 2012). È noto per esempio che il colore rosso sia fonte di ansia (si parla ad esempio di Agony, 2017, ambientato all’Inferno), mentre il giallo influisca in modo positivo sull’umore del giocatore (Joosten, 2012). Tuttavia non è facile conciliare le esigenze del giocatore con gli aspetti visivi più efficaci: una scarsa illuminazione in una stanza può sicuramente generare della sana paura, ma non bisogna rischiare di frustrare il giocatore impedendogli di individuare il pericolo con il giusto anticipo, ed è per questo che spesso si chiede di settare la luminosità dello schermo prima di inziare una partita (ElNasr, 2006). Ad esempio, questa problematica era piuttosto comune in Vanish (2014), in cui spesso ci si accorgeva della presenza di un nemico quando ormai era troppo tardi.

      1. L’AUDIO

La suspense può anche essere ottenuta tramite l’audio, sia con indizi acustici che indicano la presenza di un nemico, come il disturbo audio che sentiamo in Silent Hill (1999) o in Slender: The Eight Pages (2012), sia con la famosa boss music, un cambio improvviso della colonna sonora che induce nel giocatore un senso di disagio (di solito con un sacco di bassi, come in Dark Souls, 2011) (Perron, 2004). L’importanza dell’audio è stata confermata in modo ancora più accurato tramite l’uso di sensori fisiologici: l’elettroencefalogramma risponde alla musica di un survival horror interamente basato sul suono in quella che Garner definisce interattività affettiva, delineando chiaramente schemi di attivazione cerebrale di “paura” o di “calma” (Garner, 2013).

      1. I VILLAIN

Gli antagonisti e la trama di un videogioco sono sicuramente di basilare importanza per un impatto emozionale adeguato. In questo caso il fenomeno della Uncanny Valley gioca a favore dei creatori del gioco: essa viene definita come il senso di disagio e repulsione provato da chi guarda una figura quasi identica ad un essere umano. Se i risultati di una Uncanny Valley accidentale sono esilaranti, come è accaduto di recente per i personaggi di Mass Effect: Andromeda (2017), un’apparenza quasi-umana accoppiata ad un comportamento animalesco, una voce innaturale o dettagli disumani sembrano correlare con l’inquietudine generata dal nemico (Tinwell, 2010): come non ricordare il classico Pyramid Head (Silent Hill 2, 2001) oppure Shade/Light Woman, antagonista nei DLC di The Evil Within – The Assignment e The Consequence (2015)!

      1. EVENTI INASPETTATI 

        Proseguendo sullo stessa linea del punto precedente, anche il ritrovamento di oggetti perfettamente normali ma posti fuori contesto ha la capacità di destabilizzare il giocatore (Müller, 2012): citiamo i manichini ritrovati nelle stanze di 

Resident Evil 7 (2017) e le armature in Amnesia: Weird Dreams (mod di Amnesia: The Dark Descent, 2012). Una strategia vincente sembra inoltre quella di causare nel giocatore “cambi repentini di umore”, che è un modo scientifico per dire: jumpscare (Vachiratamporn, 2013). Sono molti i giochi horror (specialmente ad opera di sviluppatori indipendenti) che si basano su questa meccanica, la quale sfrutta una reazione fisiologica ed inevitabile del giocatore, e per questo spesso sono considerati “cheap”: una reazione di sorpresa derivata da effetti sonori o immagini improvvise è precaria, e se non viene accompagnata da un sapiente setting dell’atmosfera rischia di essere ridicola. Risiedono proprio in questa meccanica l’odio o l’amore provato per la serie Five Nights at Freddy’s (2014-2016), in cui se non prestiamo abbastanza attenzione i robot ci saltano addosso all’improvviso.

      1. L’INTERATTIVITA

Spesso i videogiochi horror sono considerati più spaventosi della loro controparte cinematografica. Questo accade, prima di tutto, perché il giocatore è immerso nell’ambiente di gioco e si immedesima nel personaggio; siamo noi che controlliamo le sue azioni, quindi ciò che sta accadendo a lui sta accadendo a noi. Eppure da uno studio è emerso un particolare ancora più diabolico: se questo controllo viene improvvisamente strappato dalle mani del giocatore per un breve momento, egli si trasforma in uno spettatore impotente invece che essere un “attore combattente”. Questo momentaneo senso di impotenza destabilizza ed impatta emotivamente il giocatore, che si trova a subire un evento per poi essere ributtato nella mischia: succede ad esempio in vari momenti di Outlast (2013), dove solo dopo che i pazienti ci hanno attaccati possiamo iniziare a difenderci (Frome, 2004). Bisogna però avere un’accortezza particolare nel non esagerare: far fare al personaggio degli errori che il giocatore non avrebbe mai fatto lo porta a perdere il senso di identificazione che intercorre tra i due, e va assolutamente evitato.

ARTICOLI CITATI:

Müller, I. (2011). Gaming after Dark-Visual Patterns and Their Significance for Atmosphere and Emotional Experience in Video Games.

Perron, B. (2004, September). Sign of a threat: The effects of warning systems in survival horror games. In COSIGN 2004 Proceedings (pp. 132-141).

Rusch, Doris (2009): “Mechanisms of the Soul: Tackling the Human Condition in Videogames”, Breaking New Ground: Innovation in Games, Play, Practice and Theory.

El-Nasr, M. S., Zupko, J., & Miron, K. (2005). Intelligent lighting for a better gaming experience. In CHI ’05 extended abstracts on Human factors in computing systems – CHI ’05 (p. 1140). New York, New York, USA: ACM Press.

Frome, J., & Smuts, A. (2004). Helpless spectators: Generating suspense in videogames and film. TEXT technology, 13, 13-34.

Garner, T. (2013, September). Identifying habitual statistical features of eeg in response to fear-related stimuli in an audio-only computer video game. In Proceedings of the 8th Audio Mostly Conference (p. 14). ACM.

Joosten, E., Van Lankveld, G., & Spronck, P. (2012). Influencing player emotions using colors. Journal of Intelligent Computing, 3(2), 76–86.

Tinwell, A., Grimshaw, M., & Williams, A. (2010). Uncanny behaviour in survival horror games. Journal of Gaming & Virtual Worlds, 2(1), 3-25.

Vachiratamporn, V., Inventado, P., Legaspi, R., Moriyama, K., & Numao, M. (2013). An analysis of affective state transitions in survival horror game with the aid of player self-reports and physiological signals.

 

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