God of War: ascesa e caduta di un mito?

Facebook
Twitter
LinkedIn

Ci sono storie videoludiche che appena iniziate sai già come possono finire: con cliché e forzature narrative che possono a un certo punto del gioco spingerti a non proseguire neanche.

God of War è tutto il contrario. Un vero e proprio capolavoro dell’intrattenimento moderno, degno di far parte dell’Olimpo videoludico, un mito che rischia a mio avviso di cadere con il nuovo capitolo.

God of War è una serie di videogiochi uscita a partire dal 2005, sviluppata da Santa Monica Studio ed esclusiva Sony (PlayStation 2-3); la storia originale si compone di tre titoli (più alcuni spin off creati per altre piattaforme) ambientata nell’antica Grecia, tra i suoi paesaggi e leggende.

Il protagonista è Kratos, ex comandate dell’esercito spartano e ex servitore di Ares (Dio della Guerra), il quale gli fece dono delle spade del caos (due spade attaccate ai polsi con delle catene) per vincere le sue battaglie terrene.

Ares però lo costrinse a un sacrificio atroce (l’omicidio per mano sua della sua famiglia e del suo villaggio) in modo che egli avesse come uniche catene quelle avvolte alle sue braccia, distaccandosi così da tutto il resto.

La presa di coscienza di tale gesto accenderà in lui la sete di vendetta (oltre che a far innescare una profezia antica e minacciosa sia per gli uomini che per gli dei stessi).

La prima volta che giocai a questo titolo avevo 13 anni e ne rimasi folgorato; nessun gioco mi colpì così forte graficamente e narrativamente dopo Prince of Persia: le sabbie del tempo (2003), rimasi estasiato da come la mitologia greca fosse stata presa, riplasmata e reinventata per creare un’opera che pareva nascesse proprio da un dramma ellenico, ispirato dal dolore e dal sangue di un uomo la cui vendetta si dimostra inarrestabile persino per gli dei.

Affrontare un gioco simile ancora adesso è un qualcosa di catartico e travolgente, l’immedesimazione è istantanea e accresce mano a mano che la storia va avanti; il game-play è veloce e frenetico, più si avanza e più ci si imbatte in riflessioni su come aggirare alcuni ostacoli o come giungere alla risoluzione degli enigmi postici davanti (la prima volta), inoltre l’uso di combo e la possibilità di impugnare differenti armi arricchisce e diverte sempre di più ogni partita.

Le vicende di Kratos hanno impresso un ricordo indelebile in qualunque giocatore lo abbia seguito, la sua leggende come un mito è stata resa immortale nel mondo dei videogiochi, eppure questa mia visione di tramandare questo racconto intonso nel tempo vacilla.

Rivedere sullo schermo questo anti-eroe in nuove vesti mi ha fatto male. Vedere come la sua rabbia e il suo dolore fossero stati placati, in un’ambientazione distante da quella passata, lontano dal calore del mediterraneo e inserito così prepotentemente nel gelo dei fiordi e delle foreste dei paesi nordici, ad affrontare non più le creature narrate dai greci e dai latini, ma posto difronte alle bestie della mitologia norrena.

Apprezzo la mitologia nordica, mi affascina e mi incuriosisce anch’essa. Non è perciò l’ambientazione e i temi a preoccuparmi di questo nuovo titolo, quanto più l’idea di voler per forza riesumare il povero spartano, un uomo che ha già affrontato duramente le sue battaglie, che ha già portato a compimento il suo destino e le sue scelte difronte ad esso e che ora merita a mio giudizio di riposare.

In passato la scelta di non far proseguire una determinata serie ha permesso di far nascerne nuove altrettanto stupende o anche migliori; basti pensare a Devil May Cry, che venne pensato all’inizio come un seguito di Resident Evil, ma poi fu deciso di renderlo un titolo a sé stante, oppure al più recente Assassin’s Creed che venne pensato come reeboot di Prince of Persia, ma che poi acquistò personalità propria.

In conclusione, l’idea di volermi ripresentare Kratos la percepisco come una forzatura, come uno sfruttamento di un titolo già famoso e che è ricordato per altre cose; le sensazioni provate e percepite quando si parla di God of War sono lontane da quelle che si vogliono proporre ora, il mio timore vero è che tale scelta possa in qualche modo scalfire un brand così ben riuscito, che si è saputo conservare e che meritava di non esser intaccato da altre influenze (così lontane per giunta).

Personalmente ritengo sarebbe stato più saggio scegliere una via più coraggiosa, provando a regalare al panorama videoludico un nuovo eroe e non un “fantasma” di un vecchio spartano che ormai riposa dignitosamente da tempo sull’Olimpo dei videogiochi.

[whohit]God of War: ascesa e caduta di un mito?[/whohit]

More to explorer

Pokémon leggende Arceus: emozioni alla scelta

Mi è capitato di trovarmi di fronte ad una polemica, l’ennesima sui social.  Con l’uscita di Pokèmon leggende Arceus, le emozioni suscitate hanno diviso il web, come accade praticamente per tutto (particolarmente quando si tratta di un titolo Pokèmon), i

Religione e mitologia in Horizon Zero Dawn

A pochi giorni dall’uscita del nuovo capitolo della saga, Horizon Zero Dawn: Forbidden West vorrei proporre nel seguente articolo una chiave di lettura alternativa dell’universo di gioco del primo capitolo della saga.  Basandomi su un articolo accademico pubblicato da Rebekah

Hollow Knight e Psicologia: il sogno

Il quarto articolo della rubrica sugli elementi di psicologia presenti in Hollow Knight affronta la questione del sogno. La tematica psicologica del sogno è rintracciabile all’interno di tutta l’esperienza videoludica di Hollow Knight. Questa presenza ricorrente emerge sia dagli accaduti

Scrivi un commento

Questo sito utilizza i cookies per migliorare l'esperienza d'uso dell'utente. Proseguendo nella navigazione dichiari di aver letto e accettato i termini e le condizioni di utilizzo, per maggiori informazioni a riguardo clicca

QUI