Violenza e questioni di genere nei videogiochi: cosa è cambiato?

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Nel 1998 è stato pubblicato uno studio di Tracy L. Dietz, allora ricercatrice per la University of Central Florida, riguardante le rappresentazioni di genere e della violenza nei videogiochi. Le basi sono semplici: sono stati selezionati i videogiochi più venduti del 1995, poi giocati e categorizzati in base a diverse categorie. È un’analisi dei contenuti focalizzata sulla violenza e sulle rappresentazioni femminili che, in un mercato come quello videoludico, è ormai obsoleta: i giochi dell’epoca presentavano pochissimi personaggi e non potevano avere la complessità di quelli moderni e inoltre i videogiochi sono sempre più specchio anche di quelli che sono i cambiamenti sociali. Il tentativo è quindi quello di replicare lo studio originale, mantenendo le stesse categorie ma applicandole a quelli che sono i videogiochi più venduti del 2016: come si è evoluto il mondo videoludico in 20 anni? Questo sistema è ancora applicabile o si perdono informazioni utili?

 

Prima di iniziare, un riassunto di quello che è stato lo studio originale del 1998: sono stati scelti i giochi che più influenzavano gli adolescenti, ossia quelli più venduti, precisamente 17 per console Nintendo e 16 per Sega Genesis. Sono stati quindi giocati e categorizzati in base a

Contenuti violenti:

1.Non-violenti
2.Violenza accettabile (contesti sportivi)
3.Violenza rivolta alle donne
4.Violenza rivolta ad altri

Rappresentazioni di genere:

1.Nessun personaggio
2.Nessun personaggio umano
3.Nessun personaggio femminile
4.Donne eroine
5.Donne antagoniste
6.Donne vittime
7.Donne stereotipiche
8.Donne come oggetto sessuale

Queste saranno le categorie in base a cui verranno analizzati anche i titoli odierni. I risultati trovati riportano che la maggior parte dei titoli presentava contenuti violenti e che solamente 5 su 33 erano considerabili non violenti; sul lato delle rappresentazioni di genere, nella maggior parte dei casi le donne sono assenti completamente e in una mezza dozzina erano le eroine della storia. È in questo secondo gruppo di categorie che mi aspetto il cambiamento maggiore, anche solo considerando la mole di personaggi presenti nei videogiochi a cui siamo abituati. Per i dettagli completi rimando al link allo studio originale, in fondo a questo articolo.

IL CAMPIONE

Ho ricavato una lista dei videogiochi più popolari del 2016 integrando varie classifiche dei titoli più venduti per Xbox One, Playstation 4, console Nintendo e Steam, selezionandone infine 25; essendo molti dei multipiattaforma, non ho ulteriormente suddiviso in base alla piattaforma di gioco.
Sono emersi vari dubbi durante la categorizzazione di alcuni dei giochi, ad esempio: i vari Pokèmon sono violenti? Seguendo alla lettera quello che era il ragionamento di Dietz dovrebbero rientrare nella categoria “violenza rivolta ad altri”, ma ci sono molti che riterrebbero il contrario, tra cui il sottoscritto. Ho fatto quindi affidamento a PEGI e ESRB e inserito Pokèmon Sole/Luna tra quelli che presentano “violenza rivolta ad altri”, pur ritenendo la categoria estremamente limitante: mette sullo stesso piano Pokèmon con Doom. Inoltre vista la mole di alcuni giochi e la presenza di decine e decine di personaggi non giocanti (come i passanti di GTA) non è facile muovere un giudizio verso “violenza rivolta alle donne”, in quanto quando è presente la violenza è aspecifica ed è ridondante puntualizzare “rivolta alle donne”; nonostante ciò, se è possibile colpire una donna questo è stato segnalato. Per brevità, le due categorie “nessun personaggio” e “nessun personaggio umano” sono state eliminate: tutti i titoli in esame presentano personaggi di qualche tipo e almeno uno di questi è umano. Inoltre, il personaggio giocante di No Man Sky in base alla sua fisionomia è considerabile come l’unico essere umano del gioco. Non viene riferito come tale dagli alieni, ma è bipede, presenta due mani con 4 dita e un pollice opponibile, non comprende i linguaggi degli alieni e necessita di cibo, acqua e ossigeno. In base al suo tono di voce, è stato categorizzato come maschio.

La lista completa, ordinata per ordine alfabetico e non per posizione in classifica, è la seguente:

Battlefield 1
CoD Black Ops III
CoD Infinite Warfare
Dishonored 2
Doom
Fallout 4
Far Cry Primal
Fifa 17
Final Fantasy XV
Forza Horizon 3
Grand Theft Auto V
Just Dance 2017
Madden NFL 17
Minecraft
NBA 2K17
No Man’s Sky
Overwatch
Pokémon Sole/Luna
Rainbow Six Siege
Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration
The Division
The Elder Scrolls V: Skyrim Special Edition
Titanfall 2
Uncharted 4: a Thief’s End
Watchdogs 2

I RISULTATI

Ciò che emerge è che per quanto riguarda la rappresentazione femminile il cambiamento è netto e radicale: rispetto al campione originale, in cui l’assenza di personaggi femminili era il fattore accomunante per più di metà dei titoli, dei titoli odierni solamente Madden NFL 17, NBA 2K17 e No Man Sky non rappresentano la popolazione femminile. Per i due titoli sportivi non è stato contato il pubblico, alla stessa maniera in cui non era considerato nello studio originale: includendo anche il pubblico rimane solamente No Man Sky nella categoria. Le donne eroine sono passate dal 21% al 68%, con sempre più giochi che permettono al giocatore di scegliere se utilizzare un personaggio maschile o femminile. D’altra parte, si nota anche una equa rappresentazione di donne come antagoniste della storia, passando dal 9% al 60%. Questi primi dati sono, tra le altre cose, implicabili anche all’avanzamento tecnico che i videogiochi hanno subito. I dati riguardanti le donne vittime sono, come ci si aspetterebbe, in aumento. Da sottolineare però che ci sono alcuni casi come Tomb Raider e Uncharted in cui, benché nel primo una donna sia eroina della storia e nel secondo sia un’antagonista, gli avversari che si incontrano per tutta la durata del gioco sono esclusivamente maschili. Le categorie finora elencate sono chiare e semplici da definire: meno invece quelle riguardanti le donne stereotipiche e le donne come oggetto sessuale. I personaggi dei videogiochi sono difficilmente definiti da un paio di tratti e dal vestiario, come poteva essere valido per i titoli dello studio originale. Mi sono trovato quindi in difficoltà a seguire questi parametri e l’unica certezza mi è stata data da Grand Theft Auto V, che posa le sue basi narrative sulla satira alla società moderna e in cui è possibile trovare in modo chiaro tutte e due le caratteristiche; in ogni caso i numeri ricavati sono in linea con quelli originali, se non addirittura in calo.

Passando ai comportamenti violenti, 5 titoli su 25 non li presentano o sono accettabili perché in contesti sportivi. Questo è un dato in calo rispetto allo studio del 1998, in cui la presenza nella classifica dei videogiochi più popolari di titoli sportivi era molto più consistente. Con la maggior inclusione di donne nei videogiochi, anche la violenza rivolta a loro aumenta: 48% dei titoli presentano violenza rivolta alle donne, contro il 18% originale. È importante sottolineare però che questo incremento è dovuto alla maggior presenza, e non certo ad un accanimento contro il sesso femminile. In ultimo, la violenza rivolta ad altri è un fattore presente in 20 dei 25 titoli presi in esame, in aumento: la maggior parte dei titoli della classifica rientra nel genere action, che nel corso degli anni è andato affermandosi come genere di punta.

CONCLUSIONI

Lo studio originale ha varie limitazioni che ne segnano, come visto, l’affidabilità. La categorizzazione utilizzata è troppo restrittiva e il risultato è che la lettura dei dati è influenzata da un’idea negativa di fondo: per farla semplice, se vengono cercati quasi esclusivamente punti negativi naturalmente si troveranno solo negatività. Delle categorie originali l’unica positiva riguarda le donne eroine, mentre tutte le altre vanno a controllare delle caratteristiche negative: non è quindi un’organizzazione bilanciata. Per rispecchiare al meglio gli effettivi contenuti dei videogiochi, a maggior ragione quelli moderni, non ci si può limitare a riutilizzare questo schema. Un primo passo per un’analisi più approfondita può essere quello di creare nuove categorie che possano evidenziare la presenza di elementi prosociali, positivi, oppure di moralità: prendendo come esempio Spec Ops: The Line, la violenza presente nel titolo non è fine a sé stessa o al divertimento ma a convogliare un determinato messaggio al giocatore, cosa che in questa categorizzazione verrebbe persa in quanto sarebbe messo al pari di un Postal o Saints Row, titoli che utilizzano la violenza con un’accezione diversa. Anche la suddivisione delle rappresentazioni di genere andrebbe rivista: i videogiochi hanno percorso molta strada e non è più l’epoca di Double Dragon e Paperboy in cui i personaggi si possono contare sulle dita di una mano. I videogiochi contengono al loro interno mondi variegati che non sono più riassumibili controllando chi viene rappresentato e in che modo. Il cambiamento sociale si rispecchia in questi mondi: non solo è sempre più spesso possibile utilizzare un personaggio femminile, ma si possono incrociare anche personaggi omosessuali o transessuali (per cui rimando all’articolo di Andrea Benassi, raggiungibile qui ), non considerati nello studio. Tutto questo non vuole essere esclusivamente una critica alla ricerca di Dietz, bensì una spinta alla riflessione sul velocissimo cambiamento dei videogiochi, che si sono evoluti in pochi decenni da una semplice astronave stilizzata che spara a degli asteroidi fino a rappresentazioni della società in cui viviamo, un cambiamento che nessun altro media ha subito così rapidamente e che deve far comprendere la crescente complessità di questo oggetto di studio.

 

Fonti:

Articolo originale di Dietz su ResearchGate

Amazon.com bestsellers 2016

Gamespot bestsellers 2016

Metro.co.uk bestsellers 2016

Statista.com Francia bestsellers 2016
Statista.com Console bestsellers 2016

Steam bestsellers 2016

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