Loss – Come si diffonde un’immagine virale

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Il termine meme ha un’origine inaspettatamente nobile: fu infatti coniato nientemeno che dall’etologo Richard Dawkins, e fece la sua prima comparsa all’interno del saggio Il gene egoista (1976). Dawkins definisce un meme come un elemento di una cultura (…) trasmesso da un individuo all’altro per imitazione, o tramite altri mezzi non genetici”. Secondo tale ipotesi controversa, un meccanismo simile a quello di replica, mutazione e selezione naturale si verificherebbe non solo in ambito genetico ma anche in ambito culturale, trasmettendo idee di generazione in generazione tramite una diffusione per imitazione. L’accezione oggi comune nacque invece grazie a Mike Godwin in un numero di Wired dell’ottobre 1994, e ad oggi per meme si intende un’idea o pensiero in forma di immagine o gif, spesso accompagnata da un testo in carattere Impact, che diventa popolare e si diffonde rapidamente su internet (qui a fianco un esempio base). Lo stesso Dawkins accettò la derivazione del termine, definendola però un “dirottamento dell’idea originale”, poiché il concetto etologico si riferisce ad un fenomeno semi-casuale, mentre un meme di internet è deliberatamente alterato dalla creatività umana.

I memi hanno così destato l’interesse di un gruppo ristretto di accademici, che li ha caratterizzati come “unità di informazione che si diffondono via internet, replicandosi o mutando come virus”. In particolare, lo studio scientifico Competition and success in the meme pool (Coscia, M., 2013) asserisce che i memi si contendono l’attenzione dell’utente accorciando la propria vita a causa della concorrenza reciproca. La diffusione via internet è infatti rapida a causa della comunicazione istantanea che facilita il passaparola, causando però un effetto collaterale: post e contenuti diventano notizie stantie nel giro di ore o giorni, tant’è che, a chi viene a conoscenza di un meme solo quando ormai ha raggiunto il picco di popolarità, è spesso riservato il termine denigratorio “normie (“normalone”, in un’accezione simile a “babbano” nei libri di Harry Potter).

Ciò significa che per sopravvivere più a lungo, un meme, proprio come un virus, deve mutare per essere sempre nuovo, casualmente (ad esempio con errori di battitura nel testo che poi vengono inglobati nella forma “ufficiale”) o deliberatamente, tramite modifiche, aggiornamenti, parodie. Mentre la stampa, la radio e la televisione sono essenzialmente esperienze passive, internet regala a tutti noi la possibilità di agire attivamente (e creativamente) sulla diffusione e sopravvivenza di un meme.

Per tracciare un caso rappresentativo di quanto detto sopra, scegliamo la storia di Loss, croce e delizia di molti.

Per chi non lo sapesse, Loss è una serie di vignette ad opera dell’autore Tim Buckley, pubblicata nel 2008 all’interno della striscia Ctrl+Alt+Del, solitamente dedita al racconto umoristico della quotidianità di un appassionato di videogiochi. Loss (letteralmente “perdita”), invece, racconta in quattro vignette il momento in cui il protagonista giunge all’ospedale, ricevuta la notizia che la propria compagna ha subìto un aborto spontaneo.

L’origine della popolarità di Loss risiede proprio in questa inaspettata inversione di rotta rispetto all’argomento generale del fumetto, nell’imprevista oscurità e crudezza dell’argomento che scuote l’animo e lascia il lettore in una stato di perplessa confusione. Attenzione: come ci ricordano rispettivamente Jonathan Jones, giornalista d’arte per The Guardian, ed un anonimo utente di Urban Dictionary, non cercate un significato o una spiegazione ai memi: “accettate ciò che non può essere facilmente googlato, capito e condiviso”, e guardate ai memi come a “generatori di informazione su internet, specialmente di informazioni casuali e prive di contenuto”.

Nonostante l’argomento delicato, Loss viene quindi spogliato di qualunque significato, così diventando uno dei memi più longevi degli ultimi anni, mutando rapidamente per mantenere la sua aura di novità. Oltre alle semplici modifiche dei personaggi principali, sostituiti con personaggi pubblici rilevanti oppure con personaggi di altri memi, troviamo delle vere e proprie correnti, che sono state oggetto di studio anche da parte di critici d’arte, che le hanno paragonate al Dadaismo o al Surrealismo: dalla corrente overedited, in cui l’immagine originale viene pesantemente modificata con una serie di filtri, alla corrente minimalist, in cui l’immagine viene ridotta alle sue componenti essenziali, in questo caso all’orientamento nello spazio della postura dei personaggi (qui sopra a destra). Questa mutazione, a sua volta, è poi mutata; vediamo ad esempio, qui sopra a sinistra, una sequenza di numeri con la scritta “Antico meme romano, non facilmente traducibile”: se trasformiamo i numeri arabi in numeri romani, infatti, otterremo la versione minimalista di Loss!

In questi ultimi esempi ed in molti altri non citati qui per motivi di spazio, la mutazione è talmente sostanziale da rendere difficile il riconoscimento del meme originale, richiedendo da parte dell’utente un certo sforzo immaginativo.
La soluzione dell’enigma generato da tali modifiche origina un misto di piacere per aver compreso il riferimento nascosto (e quindi per il sentirsi parte di una comunità di riferimento), insieme al disappunto per aver investito curiosità ed energie in cambio della solita scontata e vetusta soluzione: ancora Loss!”.

E così via in una catena infinita di mutazioni lunga ormai 10 anni, dove persino la richiesta di aiuto di utenti in dubbio sulla soluzione degli enigmi (la domanda “is this loss”, “è loss?” posta nei commenti) diventa un meme sui generis, venendo riproposta in associazione con immagini assolutamente non connesse a Loss, ed aumentando la ilare confusione.

Loss, infine, rappresenta anche uno dei rarissimi casi in cui persino il merchandise è stato accettato dalla comunità. Molte aziende negli ultimi anni si sono lanciate nel viral marketing, cioè l’utilizzo di immagini virali per diffondere rapidamente un’idea (in modo senza dubbio economico). Nella quasi totalità dei casi, tuttavia, poiché la mutazione opportunistica del meme è nata al di fuori della comunità di riferimento, essa viene percepita come un’idea forzata e non autentica, credibile quanto il Signor Burns vestito da teenager, e dunque rifiutata. Nel caso di Loss, invece, la produzione di tazze e magliette sembra aver riscosso un discreto successo, almeno nella versione minimalista, forse perché, inspiegabilmente, non è ancora considerata normie e di conseguenza è ancora riconosciuta come interna alla comunità.

Oltre questi spunti di riflessione, larga parte della psicologia che risiede dietro il successo e la mutazione dei memi rimane tuttora una profonda miniera da esplorare, e ad essere onesti non vediamo l’ora di farlo.

 

Nota: Traendo la sua origine da un termine appartenente alla biologia evolutiva, la parola “meme” non risulta intraducibile: la pronuncia corretta inglese è /mim/, mentre in italiano la pronuncia è me-me (plurale: memi). L’autrice si dissocia dall’italianizzazione di un termine strettamente legato alla cultura anglofona, ma per motivi di accuratezza etimologica ha optato per l’utilizzo della traduzione italiana.

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