Being the Be(a)st: la competitività

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Nel primo articolo di questa serie ho delinato come il comportamento cooperativo sia funzionale ad una migliore esperienza di gioco e come porti a risultati migliori, facilitando la scalata verso la vittoria.

In questo articolo invece analizzeremo un fenomeno opposto, la competitività; non intesa come voglia di vincere una competizione, ma quella competitività nociva che porta le persone a voler primeggiare sulle altre senza se e senza ma, anche a scapito dell’armonia del proprio team e del risultato della partita.

In una serie di studi svolti da Adachi e Willoughby (2011) è stato dimostrato come, ad aumentare l’aggressività non siano i contenuti violenti dei videogames, stereotipo ancora molto diffuso al giorno d’oggi, bensì la competitività.

La crescita veloce della comunicazione mediata dal computer (CMC) ha portato all’attuazione di comportamenti indesiderati come, ad esempio, il cyberbullismo.

Esempio lampante della CMC sono i videogiochi online che permettono l’interazione in tempo reale tra i videogiocatori di tutto il mondo.

Con il passaggio dai giochi single player ai giochi multiplayer online (MMORPG), il mondo dei videogiochi online offre un ulteriore luogo in cui le persone possono interagire.

L’aggressività che emerge dalla competitività trova sfogo in comportamenti che in gergo vengono definiti tossici.

I comportamenti tossici nei videogames sono vari, il più frequente è forse l’andare AFK, cioè rimanere inattivi o abbandonare il gioco durante una partita.

Per capire la motivazione che sta dietro a questo tipo di comportamento posso farvi un esempio parlandovi del MOBA più diffuso ai giorni nostri: League of Legends.

 

In Lol una partita si conclude quando il Nexus di una delle due squadre sfidanti viene distrutto.

Quando una squadra è in svantaggio nel gioco c’è la possibilità di votare una resa; tuttavia tale resa è effettiva solo se viene votata da 4 giocatori sui 5 che compongono la squadra.

Quando il voto di resa fallisce, i giocatori che la hanno votata possono perdere interesse nel continuare la partita e sentirsi frustrati dal risultato della votazione.

Studi condotti da Przybylski, Deci, Rigby e Ryan (2014) hanno trovato che la frustazione crea un aumento dell’aggressività nei videogiocatori, che può portarli ad adottare comportamenti estremi come andare AFK nel tentativo di far finire prima la partita mettendo la propria squadra in condizione di svantaggio, così da accelerare la fine della situazione frustrante.

Seguendo lo schema di classificazione della società umana introdotto da Tonnies, potremmo considerare le squadre in League of Legends simili a quelle che lui chiama associazioni orientate ai compiti (Gesellschaft), un tipo di aggregazione sociale in cui la relazione tra i giocatori è alquanto impersonale e il legame sociale tra non è necessariamente presente.

In questo panorama i videogiocatori tossici potrebbero non sentirsi effettivamente parte integrante della squadra e non provare alcuno scrupolo a insultare i propri compagni, visti in realtà come ostacoli verso la vittoria più dei nemici stessi.

Il rapporto tra la coesione della squadra e le prestazioni di gioco nei vari sport è stato studiato per decenni.

Felps e i suoi collaboratori hanno indagato su come un singolo membro negativo possa portare disfunzioni a tutto il gruppo, questo si verifica perché il videogiocatore tossico viola le norme sociali interpersonali e quindi suscita emozioni negative e riduce la fiducia che è fondamentale tra i compagni di squadra.

Questi stati psicologici negativi innescano reazioni difensive e influenzano il comportamento generale del gruppo e di conseguenza le sue prestazioni.

Quando ciò si verifica, portando alla sconfitta del team, questo genere di giocatori non riconosce il proprio comportamento come concausa della sconfitta ma attua quella che Weiner, nella sua teoria dell’attibuzione, individua come la tendenza a ricercare fattori causali di insuccesso considerando anche fattori irrilevanti come significativi.

Naquin e Tynan nelle loro ricerche hanno espresso un concetto simile, l’effetto alone della squadra, che descrive la tendenza delle persone a dar credito al successo alla squadra stessa ma a dare la colpa degli insuccessi agli altri membri del team; questo processo è noto come pensiero controfattuale, cioè la creazione di una simulazione mentale che si costruisce su fatti opposti a quelli effettivamente accaduti.

Una scarsa coesione all’interno del team porta a prestazioni inferiori che potrebbero però avere come conseguenza l’aumento della frustrazione dei giocatori, portandoli ad essere maggiormente aggressivi innescando comportamenti tossici in un loop veramente difficile da spezzare.

Questi atti sono spiegabili mediante la teoria dell’attribuzione, che si innesca quando un giocatore tossico riconosce che le proprie prestazioni e quelle della sua squadra sono scarse e cerca un capro espiatorio a cui dare la colpa.

La presenza di questo effetto si può verificare analizzando le segnalazioni che arrivano al tribunale di League of Legends, o all’organo di controllo di tutti i videogiochi online, la maggiorparte delle quali vedono come segnalati i giocatori della squadra perdente.

Sebbene sia comune e perfettamente normale essere innervositi quando una partita non sta andando come vorremmo, ricordatevi sempre che i toxic player non sono soltanto antipatici, contribuiscono anche attivamente alla sconfitta.

Con questo si conclude la mia breve analisi su come la cooperazione porti a essere un migliore (the Best) e come la competitività, quando portata allo stremo e non controllata, risvegli la bestia tossica che è in tutti noi (the Beast), spero che questi miei articoli vi abbiano fatto riflettere sui vostri comportamenti o sui comportamenti delle persone con le quali vi trovate a giocare, e quindi miei cari lettori, prima di flammare qualcuno perchè sta avendo una brutta partita, se volete essere i migliori, pensateci due volte.

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