Finalmente una grande parte della popolazione mondiale si è resa disponibile e aperta al mondo dei videogiochi, al loro utilizzo a scopi ludici per i più giovani e ne riconosce magari anche i suoi benefici a livello socio-cognitivo (per saperne di più, leggi qui). In Italia, dopo diverse battaglie, anche i principali quotidiani iniziano a parlarne mantenendo un focus sugli aspetti positivi. La strada, però, è ancora lunga. Nonostante tutto questo miglioramento si trovano delle controversie all’interno del mondo competitivo e dell’eSport: vi sarà sicuramente capitato di sentire, anche fra i vostri amici gamer, qualcuno dirvi frasi come “Sì, però secondo me i progamer non stanno tanto bene, sono troppo attaccati allo schermo”.
Il videogiocatore e-sportivo, il così detto professional gamer che ha un regolare contratto con una società sportiva ed è regolarmente stipendiato per la sua prestazione e-Sportiva (per saperne di più, leggi qui) che prevede ore di allenamento giornaliero – in media 8 ore – e la partecipazione a tornei e competizioni sia online che in arene a livello mondiale con premi in denaro, si può definire un giocatore con una dipendenza patologica da videogioco online?
Diamo una definizione di dipendenza patologica. Per dipendenza patologica si intende un’alterazione del comportamento che da semplice abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere – craving – attraverso mezzi, comportamenti o sostanze in cui il soggetto perde ogni controllo sull’abitudine.
Per saperne di più leggete l’articolo su Dipendenza da videogiochi, un disturbo da non temere.
Per rispondere a questa interessante domanda, pare utile riportare un esperimento delle neuroscienze cognitive di Han, Lyoo e Renshaw (2012).
Han e colleghi (2012) confrontano i circuiti cerebrali utilizzando le tecniche di neuroimaging, fra tre gruppi:
- Pazienti con dipendenza da giochi online, POGA (Patients with online game addiction);
- Professional Gamer, PROGAMER (professional gamer);
- Non videogiocatori.
I risultati fanno emergere che il videogioco online è associato al rilascio del neurotrasmettitore Dopamina nei gangli della base – in particolare nel nucleo dello striato – e all’attivazione del talamo. Il ruolo di questo neurotrasmettitore consiste nel rafforzare l’aspettativa di una ricompensa e viene rilasciata proprio durante le situazioni piacevoli, stimolando il soggetto a cercare l’attività piacevole. Proprio per questo non sembrerà strano come questo neurotrasmettitore sia associato alle dipendenze, oltre che a normali attività come l’alimentazione e il sesso. Ma si ottengono altri interessanti risultati.
Nei POGA diminuisce il volume di un’area chiamata Corteccia cingolata anteriore – chiamata anche area 24 – che si trova nella zona frontale del nostro cervello e serve per la regolazione emotiva.
i PROGAMER hanno sia maggior materia grigia nell’emisfero sinistro che è associato alla memoria di lavoro e maggior corteccia cingolata anteriore che pare essere proprio il fattore predisponente per il successo nel gioco online.
Anche Hyun, Shin, Kim, Cheong, Jin e Han (2013) attraverso ulteriori studi di neuroimaging comparano le differenze anatomiche fra professionisti e giocatori con dipendenza patologica: nei PROGAMER trovano maggiore volume nell’intera corteccia frontale e parietale che risultano essere associati ad una maggior flessibilità cognitiva e per questo alla capacità di vincita nelle competizioni.
Per rispondere alla domanda iniziale, possiamo sostenere che sia a livello cognitivo che a livello comportamentale, i PROGAMER differiscono notevolmente dai giocatori con dipendenza online. Un professionista ha uno stile comportamentale regolato: un programma di allenamento molto stretto e la competizione per vincere richiede una maggior regolazione delle emozioni, dello stress e l’inibizione di stimoli o attività interferenti che sono correlati alla maggior attività della corteccia cingolata anteriore.
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