Il [P]eso del mondo in NieR: Automata

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Questo mese Square Enix ha raggiunto un nuovo traguardo: 3,5 milioni di copie vendute per il titolo di NieR: Automata. Un gioco controverso, che vanta recensioni e giudizi fra i più incostanti e disparati che abbia visto negli ultimi anni.

NieR: Automata è un gioco che mi ha sorpresa, sotto ogni punto di vista, e che premia chi è paziente, chi non si ferma alle apparenze.

Per le tematiche trattate, per la cura dedicata alla colonna sonora e per la lodevole narrativa (dote distintiva di Yoko Taro), mi sembra alquanto riduttivo descrivere questo titolo come un semplice action RPG. Ad un primo sguardo, vesti i panni di androidi che distruggono orde intere di nemici, armati di spade, spadoni, lance e tirapugni, nel mezzo di un inferno di proiettili. A ciò, tuttavia, fa da sfondo un profondo senso di tristezza e disperazione. NieR: Automata è un gioco che esplora temi come l’esistenzialismo e il nichilismo, in un mondo che ha perso l’umanità e che, al contempo, vede macchine arrugginite imitare crudamente il comportamento umano.

Anche se la maggior parte dei dialoghi con gli NPC possono sembrare banali, offrono in realtà storie di lotta, resistenza e sofferenza, che terminano frequentemente nel fallimento. È il caso di Devola e Popola, due androidi di vecchia generazione vittime del rifiuto e della discriminazione, che sopravvivono grazie al supporto che si donano a vicenda (“Fino a quando avremo corpi che si supportano a vicenda… fino a quando avrò qualcuno con cui condividere il mio destino… allora andrò avanti, non importa cosa mi capiterà. Perché non smetterò mai di proteggerla. Non smetterò. Poiché questo è il destino che è stato affidato a noi androidi gemelli”), o il caso di Emil, la cui memoria si è deteriorata nel corso di migliaia di anni di esistenza, o ancora Pascal, la macchina pacifista che educa i suoi seguaci a vivere senza combattere, insegnandogli il valore delle emozioni umane, la gioia, la fede e la paura della morte.

Molte sono le sensazioni suscitate da questo titolo che, se giocato con attenzione, raramente lascia indifferenti. D’altronde, solo una storia con androidi e macchine come protagonisti poteva trattare le emozioni umane in un modo così crudo, mettendone razionalmente in luce la fragilità. Gli stessi protagonisti, in realtà, sono la personificazione di emozioni, come mostrato durante il trailer del TGS 2016. In questa occasione, i personaggi vennero presentati con una parola identificativa: 2B “fede”, 9S “solitudine”, A2 “vendetta”.

Le ambientazioni esplorate sono terre vaste, un tempo abitate dagli uomini ma dominate ora dalla decadenza e dalla natura che, lentamente ma inesorabilmente, si riprende quello che le appartiene. Nel contemplare il mondo ci accorgiamo di una cosa: che siamo soli, maledettamente soli. Tutto attorno a noi è solitudine. Solo l’accampamento della Resistenza sembra rimanere a galla, creando una rete di relazioni basata sull’unione e sul supporto reciproco, ma basta parlare con ognuno dei membri per tornare drammaticamente alla realtà: storie di perdite umane attanagliano la mente dei sopravvissuti, amanti, amici, compagni d’arme… tutti cercano il modo di convivere con il dolore e il senso di colpa. NieR: Automata dona, quindi, agli androidi una delle caratteristiche principali dell’uomo: il bisogno di relazioni interpersonali. In quanto specie sociale, infatti, gli uomini fanno affidamento su un ambiente sociale sicuro in cui sopravvivere e prosperare. Per questo motivo, la percezione di isolamento, o solitudine, aumenta la sensazione di vulnerabilità, assieme al desiderio di riconnettersi. Per le conseguenze che la solitudine porta con sé (a livello di funzionamento cognitivo e di salute mentale e fisica), può essere definita come un equivalente sociale del dolore fisico, della fame, della sete. Yoko Taro, è riuscito magistralmente a rappresentare tali attributi della solitudine, una condanna silenziosa, che non abbandona mai i personaggi all’interno del mondo di NieR: Automata.

Vi chiederete perché, alla luce di tali considerazioni, i videogiocatori abbiano pareri così discordanti su questo titolo.

La risposta risiede nella componente tecnica del gioco. Graficamente, infatti, siamo davanti ad un titolo carente, sia dal punto di vista del dettaglio poligonale, che per la qualità della texture, sicuramente discutibile. A questo si aggiungono problemi di frame rate, che non sembra stabile neanche nella versione Playstation Pro. Tali elementi dimostrano un affrettato lavoro di ottimizzazione, che può infastidire anche i videogiocatori meno esigenti.

Tuttavia, al di là dei difetti tecnici, NieR: Automata si propone come un titolo incredibilmente drammatico e brillante, in cui i personaggi presentano una profondità psicologica unica, la cui comprensione è la chiave di volta per vivere questo titolo a pieno.

In definitiva, se ancora non lo avete provato non lasciatevelo scappare!

 

Riferimenti bibliografici

Hawkley, L. C., & Cacioppo, J. T. (2010). Loneliness matters: a theoretical and empirical review of consequences and mechanisms. Annals of behavioral medicine40(2), 218-227.

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