Una ricerca sembrerebbe dimostrare che i videogame violenti non influenzino in modo negativo l’aggressività degli adolescenti che vi giocano con costanza, così come il loro comportamento prosociale, ovvero la loro attitudine ad aiutare gli altri. È quanto emerge dallo studio pubblicato da Przybylski e Weinstein su Royal Society Open Science (2019), consultabile gratuitamente online.
La notizia allieta tutti gli appassionati di videogiochi che spesso hanno dovuto affrontare il pregiudizio che i videogame rendano violenti. I ricercatori si sono posti una domanda molto semplice e, allo stesso tempo, “classica”:
“Gli adolescenti che giocano ai videogiochi violenti mostrano livelli più alti di comportamento aggressivo rispetto ai pari che non ci giocano?”
La risposta che i risultati raggiunti forniscono è: no! L’uso di videogiochi violenti non è correlato ad un aumentato comportamento aggressivo. Queste conclusioni avrebbero maggiore rilevanza di quelle raggiunte da ricerche che, in passato, si erano poste la stessa domanda ma sembravano aver raggiunto risultati diversi; il motivo giace nell’attenzione che i due studiosi hanno posto nel controllo dei calcoli statistici, cosa che aveva messo a repentaglio i risultati raggiunti dai loro predecessori. Ma procediamo con ordine, e facciamo un breve riepilogo di quello che, ad oggi, sappiamo sulle influenze dei videogiochi violenti.
Se per anni è stato sostenuto che i videogiochi dal contenuto aggressivo facciano diventare i loro fruitori più violenti, recentemente stanno trovando sempre più voce quegli studi che contestano tale visione.
Sono noti, a questo proposito, vari interventi di C. Ferguson, che spesso si è impegnato a mostrare come non solo le prove per tali affermazioni siano insufficienti, ma che pure il loro fondamento sia traballante: infatti, già nel 2007 l’autore aveva ricordato come la correlazione tra comportamento aggressivo e uso di videogiochi violenti non abbia retto alla prova dei fatti, e nemmeno a quella numerica, dato che i calcoli probabilistici non riuscivano a sostenerne la validità (per approfondire le argomentazioni di Ferguson, clicca qui).
Inoltre, altri studi che hanno esaminato questo argomento sembrerebbero stemperare le paure che circondano i videogiochi violenti: una ricerca di Szycik, Mohammadi, Münte e te Wildt (2017), condotta con la Risonanza Magnetica Funzionale, ha permesso di notare che, nei giocatori abituati all’uso quotidiano di videogame violenti, le aree cerebrali deputate al controllo dell’aggressività e dell’empatia non presentano alterazioni, mostrandosi del tutto uguali a quelle di persone che non sono abituate a giocare affatto (per saperne di più su questa ricerca, clicca qui).
Infine, una ricerca di Kühn, Kugler, Schmalen e colleghi (2018) ha mostrato come il comportamento aggressivo di persone che per due mesi hanno giocato ogni giorno al videogioco violento Grand Theft Auto V fosse equivalente a quello del gruppo che aveva giocato al più tranquillo e altruistico The Sims 3, e non si distingueva nemmeno da quello di persone che in quel periodo non avevano messo mano ad alcun joystick (per saperne di più su questa ricerca, clicca qui).

Il simbolo usato da PEGI per indicare che un videogioco contiene violenza
Insomma, non esistono prove per sostenere che i videogiochi violenti rendano le persone più aggressive, nemmeno se usati a lungo e abitualmente.
Un aspetto dei risultati sopra esposti dovrebbe essere evidenziato: i partecipanti delle ultime due ricerche citate erano tutti maggiorenni al momento della sperimentazione. In altre parole, i fatti dimostrano che i videogiochi violenti non hanno conseguenze a lungo termine sulla psiche degli adulti… Ma per quanto riguarda gli adolescenti? Sono proprio i giovani, infatti, a comprare maggiormente i videogame in commercio, anche quelli dal contenuto aggressivo e, talvolta, non adatto alla loro età. Lo studio effettuato da Przybylski e Weinstein ha importanza proprio per aver approfondito l’impatto dei videogiochi violenti sui giovani. Pur essendo vero che in tanti, prima di loro, avevano già indagato questo aspetto, tale studio spicca per un particolare: infatti, gli autori si sono preoccupati di porre maggiore attenzione a quegli elementi per cui i loro predecessori erano stati criticati, come alcuni calcoli statistici (tra cui potenza e dimensione dell’effetto) ed eventuali bias che avrebbero potuto influenzare questi ultimi. La ricerca ha coinvolto non solo più di mille adolescenti britannici di età compresa tra i 14 e i 15 anni, ma anche i loro genitori. I giovani, innanzitutto, oltre ad aver risposto ad un questionario che rilevasse i livelli di aggressività [1], hanno fornito un report sulle loro attività di gioco, riportando il tempo medio di gioco e i titoli dei tre videogiochi a cui avevano giocato maggiormente nell’ultimo mese. Da questo elenco, gli autori sono risaliti alla classificazione che PEGI fornisce di quei videogame e si sono focalizzati su quelli che riportavano il celebre simbolo del “contenuto violento” fornito dallo stesso osservatorio europeo sui videogame. È stato preso in considerazione anche il sistema di classificazione americano ESRB, Enterteinment Software Rating Board (per saperne di più sul PEGI, clicca qui). Inoltre, è stato chiesto ai genitori dei partecipanti di compilare un questionario che indagasse il comportamento aggressivo dei figli dal loro punto di vista [2], e altre domande ad hoc sono state poste per indagare il comportamento prosociale.
I ricercatori non hanno riscontrato alcuna correlazione tra il comportamento aggressivo, quello prosociale e l’uso di videogiochi violenti, a cui giocavano regolarmente 2/3 dei partecipanti maschi e metà delle partecipanti femmine. Le misure usate da questa ricerca sono le stesse a cui ricorsero molti altri studi condotti in passato, che avevano riscontrato un effetto diseducativo da parte dei videogiochi violenti. Perché, in questa ricerca, sono state raggiunte conclusioni del tutto diverse? Grazie alla cura maggiore che è stata posta al controllo statistico, in cui sono stati rispettati quei passaggi per cui le precedenti pubblicazioni erano state “bacchettate” per non aver fatto. «La storia ci dà delle ragioni per sospettare che l’idea che i videogiochi violenti influenzino il comportamento aggressivo rimarrà una questione incerta per genitori, esperti e responsabili politici» [3], sostengono gli autori alla fine della loro pubblicazione. Un’affermazione forte, e magari anche leggermente pessimista, che tuttavia rispecchia le difficoltà che si incontrano quando si vuole sostenere che i videogiochi violenti non hanno influenze negative sui fruitori. Questo, almeno, è quanto afferma una parte recente e affidabile della ricerca scientifica, che tuttavia fatica a fronteggiare un atteggiamento avverso fortemente radicato nel senso comune.
________________________________________________________________________________
[1] Buss-Perry aggression scale (forma ridotta).
[2] Strenghts and Difficulties Questionnaire.
[3] Traduzione mia dall’originale: “[…] history gives us reason to suspect the idea that violent video games drives aggressive behaviour will remain an unsettled question for parents, pundits and policy-makers”. Przybylski AK, Weinstein N. (2019). Violent video game engagement is not associated with adolescents’ aggressive behaviour: evidence from a registered report. R. Soc. open sci. 6: 171474. http://dx.doi.org/10.1098/rsos.171474 (Pag. 14, righe 1-3).
Bibliografia
Ferguson, C. J. (2007). The Good, The Bad and the Ugly: A Meta-analytic Review of Positive and Negative Effects of Violent Video Games, Psychiatry Q, 78, 309-316. DOI 10.1007/s11126-007-9056-9
Kühn, S., Kugler, D., T., Schmalen, K., Weichenberger, M., Witt, C., Gallinat, J. (2018). Does playing violent video games cause aggression? A longitudinal intervention study. Molecular Psychiatry. DOI: 10.1038/s41380-018-0031-7
Przybylski AK, Weinstein N. (2019). Violent video game engagement is not associated with adolescents’ aggressive behaviour: evidence from a registered report. R. Soc. open sci. 6: 171474. http://dx.doi.org/10.1098/rsos.171474
Szycik G.R., Mohammadi B., Münte T.F. and te Wildt B.T. (2017). Lack of Evidence That Neural Empathic Responses Are Blunted in Excessive Users of Violent Video Games: An fMRI Study. Frontiers in Psychology, 8: 174.