Evoluzione di un mito: videogames, storia e cultura

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Videogiochi quanto vi amo! Dopo tutti questi anni la presenza dei videogames sul mercato, invece di diminuire ha visto un numero sempre crescente di accoliti. Play Station, Xbox, Nintendo e chi più ne ha più ne metta. Questi anni hanno visto anche la nascita di Twitch, la famosa piattaforma online per seguire videogamers di tutto il mondo durante le sessioni di gioco e, come se non bastasse, in questi ultimi mesi si fa un gran parlare anche di Google Stadia. Insomma un mondo incredibile e ricchissimo, ma come si è evoluto nel corso degli anni? Vediamolo insieme!

Per analizzare in maniera approfondita lo sviluppo dei videogames dobbiamo soffermarci sugli aspetti culturali e sociali di ogni periodo storico.

Il primo “videogioco” nacque negli anni ’40 e si trattava, non a caso, di una simulazione di lancio di missili. Una buona fetta della popolazione globale, in quegli anni, era attanagliata dal fardello  della Seconda Guerra Mondiale e il primo videogioco fu appunto influenzato dalla situazione storica del momento¹. Con questa affermazione non si vuole sostenere che i giochi abbiano necessariamente un carattere propagandistico, ma sicuramente il fattore culturale riveste un ruolo chiave. Un altro esempio è Call of Duty 4: Modern Warfare che descrive un conflitto contro terroristi islamici. Si tratta di un videogame del 2007, che forse non sarebbe esistito senza l’11 settembre e la conseguente lotta al terrorismo da parte degli Stati Uniti.

Pensiamo invece ad uno dei giochi più controversi e discussi degli ultimi anni ovvero Grand Theft Auto. Sarebbe mai stato possibile immaginare un titolo simile negli anni ‘60?

Al di là degli aspetti grafici e tecnici, impensabili per quel tempo, impersonare un criminale negli anni di Woodstock e della libertà intellettuale e di espressione appare quanto mai un controsenso.

Insomma, si è passati dai primi videogames creati da giovani universitari (anni ‘50 e ‘60), alla nascita delle console (anni ‘70), per giungere infine a Twitch e al multiplayer online.

Decine di anni all’insegna dell’avanguardia tecnologica, durante i quali le case produttrici hanno intercettato i bisogni degli utenti e creato nuovi trend, trame e stili di giochi innovativi in grado di creare nuove richieste da parte dei videogiocatori.

 

Una grande idea in questo senso fu l’invenzione dei videogiochi Arcade o Coin-op, durante gli anni ‘70, utilizzabili grazie all’inserimento di una moneta. Inutile ricordare la risonanza sociale e culturale di questo fenomeno. I giovani dell’epoca, ma non solo, potevano infatti vivere avventure emozionanti ad un prezzo irrisorio, una moneta appunto. Tutto ciò fu probabilmente la risposta all’insuccesso di rendere disponibile al grande pubblico la prima console della storia: la Magnavox Odyssey. Il giudizio da parte dei potenziali videogiocatori fu disastroso. La causa fu l’insufficiente numero di vendite dovute al prezzo troppo alto per l’epoca².

Ma veniamo ai giorni nostri…

Ormai l’industria videoludica conta un numero spaventoso di “adepti” con uno spostamento di capitali immenso. I videogiocatori non rientrano più in una piccola nicchia e questo anche perché i giocatori di ieri sono i genitori di oggi. Le emozioni vissute attraverso i videogames vengono tramandate a figli che conosceranno e integreranno la passione del padre o della madre con le scoperte tecnologiche della propria generazione, diventando un ricettacolo culturale e antropologico trasversale a più periodi storici. Ricchezza che sarà a sua volta tramandata in futuro.

Non ci resta che aspettare le novità che ci riserberà Google Stadia (per un ulteriore approfondimento riguardo a questa tematica rimando il lettore all’articolo del collega Marco Giordano Muratore).

Come concludere?

Non c’è da stupirsi se i videogiochi si siano evoluti in modo tanto rapido in questi ultimi anni. La ricerca, da parte del videogiocatore, dell’esperienza di gioco ottimale, soprattutto a livello grafico, non è da biasimare. Una grafica migliore corrisponde ad un’esperienza più vicina al reale perché permette una maggiore identificazione con i personaggi e con le atmosfere del gioco.

Non dimentichiamoci infatti che l’esperienza videoludica può diventare esperienza di vita perché veicola emozioni, smuove sentimenti e crea nuovi vissuti.

Questa ultima riflessione mi porta a pensare ad una famosa frase di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni”.

Perché questo non dovrebbe valere anche per i videogiochi?

 

Riferimenti sitografici:

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