“Sono Guybrush Threepwood, un temibile pirata!”
“Why adventure game suck”. Questo è il titolo di un importante saggio scritto da Ron Gilbert nel 1989 mentre lavorava al suo più grande capolavoro: Monkey Island.
Gilbert critica le avventure grafiche dell’epoca dettando le regole per sviluppare un’avventura grafica di successo: obiettivi chiari e definiti dall’inizio, rimuovere la morte istantanea e tutti gli enigmi devono portare ad un avanzamento nella storia.
Questo saggio, pubblicato nel 2004 nel suo blog, non è probabilmente applicabile alle avventure grafiche di nuova generazione (Gilbert stesso sostiene sia da modificare) ma ha contribuito a rendere Monkey Island la saga più amata nella storia delle avventure grafiche.
Eliminare il game over e la necessità di frenetici salvataggi hanno portato ad un’esperienza ludica meno frustrante e mai noiosa. Il punto di forza della saga è sicuramente l’umorismo. Gilbert qui da il meglio di sé con citazioni, battute e scene incredibilmente surreali.
Il protagonista è Guybrush Threepwood, un aspirante temibile pirata pronto a tutto per diventarlo ma che inizialmente ha ben poche delle qualità necessarie (però sa trattenere il fiato per dieci minuti!). Nel suo cammino incontrerà la governatrice Elaine Marley di cui si innamorerà non solo lui ma anche il terribile pirata fantasma LeChuck. Egli sarà il nemico principale di Guybrush in tutti e cinque i capitoli della saga.
Ron gilbert ha ideato i primi due capitoli per la LucasArts con il supporto di David Grossman e Tim Schafer. Per i “puristi” della saga questi sono gli unici due capitoli da considerare. Alla fine di “Monkey Island 2: LeChuck’s revenge” Gilbert lascia infatti la LucasArts non partecipando alla realizzazione dei successivi capitoli.
La differenza tra i primi e “The curse of Monkey Island” si nota particolarmente a livello di grafica e interfaccia. Scompare l’inventario e la barra dei comandi, sostituita da un doblone d’oro in cui si può selezionare l’azione da compiere. Tutti cambiamenti accettabili visto il passare del tempo e l’evoluzione del motore SCUMM di quegli anni. Per alcuni la trama risente dell’assenza di Gilbert. La maggior parte dei videogiocatori ha invece fortunatamente apprezzato questo piccolo gioiello, sorvolando la mancanza di Gilbert, e notando tutti i riferimenti ai primi due capitoli, l’ottima gestione degli enigmi e la forte vena umoristica. Sono presenti alcuni dei vecchi personaggi secondari, oltre ai principali, come Wally e Stan.
Filo conduttore di questi tre capitoli è anche il duello di spade a insulti che trova la sua massima espressione proprio in “The curse of Monkey Island”.
Gli ultimi due capitoli sono quelli in cui gran parte dei fan si trovano d’accordo. Non sono all’altezza dei primi. In particolare “Escape from Monkey Island” si allontana moltissimo dalla qualità dei precedenti sopratutto per quanto riguarda gli enigmi. Stesso discorso per “Tales of Monkey Island”, sviluppato dalla TellTale, in cui gli enigmi sono troppo semplici ma dove almeno Guybrush riceve un evoluzione psicologica notevole mostrandosi sarcastico come sempre ma più maturo e coraggioso.
Tutti e cinque i capitoli della saga andrebbero recuperati e giocati almeno una volta. I primi due hanno subito un enorme restyling grafico, quindi anche chi è da poco nel mondo videoludico può apprezzare questi titoli senza una grafica obsoleta e pixellata (che personalmente preferisco).
Il 10 giugno durante l’E3 è stata annunciata una nuova Limited Edition per i primi tre capitoli della saga. Se non ci avete mai giocato è il momento giusto per iniziare!
In conclusione non si può non parlare delle musiche. Composte da Michael Land, e già perfette nella versione MIDI di quasi trent’anni fa, sono state leggermente riviste per la Special Edition e non possono non far emozionare noi vecchi nostalgici.