[8:46] 11/09/2001 – Un videogioco per non dimenticare

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A 18 anni dal tragico evento, l’attentato al World Trade Center, e al Pentagono, tutti noi, nati prima di quel giorno, ricordiamo chiaramente cosa stessimo facendo. Io all’epoca avevo 7 anni, ero in casa, in vacanza, che guardavo i cartoni animati con mio fratello maggiore. C’era chi invece era ad una festa di compleanno e dalla tv accesa ha potuto vedere le scene tragiche degli schianti.

Sul fatto che i ricordi, carichi emotivamente, si ricordino in modo più nitido o in modo più confuso, esistono opinioni contrastanti: la dottoressa Antonietta Curci, docente di psicologia generale all’Università di Bari, afferma, grazie alle sue ricerche, che “ […] una forte emozione dà più problemi che vantaggi nell’accuratezza dei ricordi; fenomeni come la falsificazione infatti modificherebbero il ricordo, nonostante la caratteristica più tipica di questa tipologia di ricordi sia il senso di sicurezza che li accompagna. C’è chi invece, come gli psicologi americani Roger Brown e James Kulik, autori dell’espressione “flashbulb memories”, afferma che i ricordi più carichi di emotività rimangono impressi in modo più saldo, dal momento che si basano su residui evolutivi, per cui i nostri antenati, diventando preda di cacciatori, riuscissero a ricordare meglio per il futuro alcuni dettagli, in modo tale da averne indicazioni utili. Attualmente il dottor Meccacci ha affermato che le cause di questa nitidezza del ricordo, oltre a essere il forte carico emotivo, siano anche l’alto livello di sorpresa e l’elevato livello di consequenzialità, intesa come la possibilità che un evento possa produrre conseguenze alquanto significative sulla vita delle persone, degli individui e dei gruppi sociali.

Eventi come questi rimangono nel linguaggio comune, ma spesso è difficile comprendere le sensazioni, le emozioni che le persone provano durante questi eventi, soprattutto se si parla delle vittime. Ed è proprio questo che hanno tentato di fare un gruppo di sei studenti dell’Università Cnam-Enjmin, in Francia, con il software [8:46] per Oculus Rift, una simulazione dei tragici eventi di quel giorno, in realtà virtuale, visti dagli occhi di una vittima coinvolta nel crollo della torre nord del Wolrd Trade Center, che ha portato alla morte di 1366 persone.

Il videogioco, nonostante un comparto tecnico che lascia a desiderare, animazioni rudimentali sia dei personaggi sia degli effetti ambientali, scarse abilità di recitazione, poche interazioni con l’ambiente di gioco, risulta per molti fortemente immersivo. Viene quindi meno la componente prettamente videoludica, e nemmeno la componente documentaristica, dal momento che le informazioni che vengono date all’interno del software sono veramente scarne, e quindi come possiamo classificarlo?

Data l’immersività dettata dalla forte componente emotiva, il forte intento morale, per aiutarci a comprendere le sensazioni di vuoto, di disperazione che pervadono i personaggi, si può, secondo me, parlare di simulazione guidata. Infatti, non si hanno a disposizione delle vere e proprie scelte ed è, sempre a mio parere, una componente che ci fa comprendere meglio le sensazioni delle persone che hanno vissuto quegli eventi, l’impotenza di fronte a qualcosa di cui non si ha il controllo e di cui è difficile non essere travolti.

L’unica scelta a disposizione di chi “vive” questa esperienza è il modo di morire, la simulazione infatti permette di poter scegliere tra morire asfissiati dai fumi dell’incendio ai piani superiori, o lanciarsi dalle finestre di una stanza, come nella celebre fotografia Falling Man di Richard Drew che ha immortalato gli ultimi istanti di vita di un uomo che cadeva nel vuoto a testa in giù, con una gamba piegata compostamente e le braccia allineate al corpo, come in una sorta di tuffo. Questo gesto è stato visto in molti modi da psicologi e sociologi, come un modo di scegliere la propria morte, come l’evitamento di ulteriori sofferenze, come un gesto di fuga per tentare di salvarsi o come un vero e proprio suicidio.

La potenza di simulazioni simili sta nell’ambito educativo: esse infatti sono utili per aiutarci a comprendere meglio il vasto mondo delle emozioni, rendendoci più competenti, empatici. Infatti, i percorsi scolastici, nonostante siano di grande supporto a tale fine, non sono abbastanza per raggiungere il traguardo di una competenza sentimentale, ovvero della capacità di comprendere ed esprimere in modo consapevolmente regolato il proprio stato emotivo. Esperienze emozionali forti come [8:46] sicuramente non sono indispensabili, ma aiutano a comprendere al meglio cosa possano essere sensazioni come smarrimento, negazione, impotenza e quando tali emozioni siano così forti da spingere una persona alla morte certa piuttosto che cercare di resistere, anche se si hanno poche speranze di sopravvivenza. Inoltre la competenza emotiva non è solo nel riconoscimento delle emozioni altrui ma anche delle proprie: capire cosa si potrebbe provare di fronte a eventi simili, capire come gestire tali emozioni anche di fronte a una morte certa, come è successo per molte vittime dell’attentato.

Bibliografia:

Mecacci, L. (Ed.). (2001). Manuale di psicologia generale. Giunti Editore.

https://www.focus.it/scienza/scienze/ricordi-cosa-facevi-11-settembre-torri-gemelle

– https://www.nazioneindiana.com/2007/07/09/il-tuffo/

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