Everything: una realtà in cui puoi essere Tutto

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Quando pensiamo ad un videogioco immaginiamo un’esperienza videoludica caratterizzata dalla presenza di elementi quali: un arco narrativo (più o meno esplicito) che ci riconduce a missioni primarie e secondarie, a nemici da sconfiggere attraverso scontri e battaglie che ci porteranno a concludere il gioco in molti modi e suscitando molte emozioni diverse. Ma in Everything, l’ultima creazione digitale di David OReilly, tutto questo viene stravolto. Anche la definizione stessa di “videogioco” appare una forzatura se applicata a questo titolo: ecco perché la scelta di definirlo “un’esperienza” (seppur videoludica) surreale ma molto immersiva che fa della filosofia e della relatività le sue pietre miliari. Quello che ci troviamo davanti è un concentrato di domande e questioni esistenziali sulla natura e il senso dell’Universo e degli esseri (viventi e non) che lo popolano. Una filosofia fine a sé stessa, che ha lo scopo di farci riflettere.

Il tutto confezionato come una piccola forma d’arte grafica, che fa del contenuto più che dell’estetica, il suo punto di forza.

 

La genesi del principio

La nostra avventura nell’universo di gioco inizia all’interno di uno spazio vuoto in cui andremo ad impersonare una particella: nel mentre che ci muoveremo in questo spazio la nostra particella alter-ego si porrà delle domande e più ci muoveremo più cresceremo fino a che, con l’ultima domanda “Chi sono io?”, ci trasformeremo randomicamente in una creatura. Da qui in poi lo scenario ambientale cambia in base alla tipologia di creatura che andremo ad impersonare. Questo particolare inizio non è altro che una metafora per indicare la graduale presa di coscienza che caratterizza e permea il nostro percorso di crescita fisica e psicologica.

Dal principio alle azioni

Dopo questo primo momento iniziale si aprono per noi infinite possibilità che possiamo scoprire mano a mano che esploriamo il mondo che ci circonda. Uno degli aspetti fondamentali in questo gioco è rappresentato dai “pensieri”, ovvero da quello che le piante, gli animali, le cellule e persino gli oggetti inanimati ci raccontano, pensano di loro stessi e di noi, i consigli che ci danno su quali azioni fare e su cosa prestare attenzione: l’obiettivo di questa particolare scelta è quello di dare voce a qualsiasi creatura o oggetto in quest’universo.

Alcuni pensieri sono dei monologhi di Alan Watts, un filosofo inglese del ‘900, che attraverso la sua voce ci spinge a interrogarci sulle finalità dell’esistenza e sull’anima umana.

Ed è attraverso tutte queste “voci” che ci circondano che possiamo progredire ed imparare all’interno di questa esperienza videoludica. In realtà, l’unica vera progressione possibile riguarda il venire a conoscenza di tutte le possibili interazioni che il gioco ci mette a disposizione, interazioni che riguardano sia la comunicazione con gli altri esseri sia la possibilità di “trascendere”, di cambiare il nostro alter-ego diventando un’altra parte del tutto. Questo passaggio può essere fatto attraverso l’ascesa (il passaggio da un’essere più piccolo ad uno più grande) o la discesa.

Ma oltre alla trasfigurazione, possiamo decidere anche se vivere la nostra avvenura da soli, come individuo oppure insieme ad altri della nostra specie, come collettività. Un’azione resa possibile dal “canto” tramite cui è possibile richiamare altri simili a noi e in cui la dimensione individuale passa in secondo piano: se decidiamo di cantare insieme ad altri non ha più importanza il singolo, il nostro alter-ego sarà l’insieme.

Un’altra interazione che diverrà possibile quando due o più cose si connettono sarà la cosidetta “danza”, un’azione attraverso cui è possibile generare la vita: ecco che per OReilly la danza diviene una metafora per simboleggiare la nascita.

Ma oltre alle interazioni, il gioco ci propone un’altra meccanica interessante: in base alla tipologia di creatura/oggetto che impersoneremo cambierà anche la percezione dello spazio-tempo: questo perché il tempo e lo spazio sono elementi relativi se messi in relazione all’esistenza. Noteremo la relatività dello spazio attraverso la prospettiva di gioco e la distanza che saremo in grado di percorrere. Ma più evidente risulta essere la relatività del tempo che si concretizza nel ciclo giorno-notte: un ciclo lunghissimo per una formica ma della durata di qualche secondo per un pianeta.

Conclusioni

L’obiettivo di OReilly era quello di mostrarci come in realtà tutto l’universo e i suoi “abitanti” fossero interconnessi e sempre in costante movimento, motivo per cui verrà inserito l’autoplay: anche quando non daremo input, il nostro alter-ego continuerà a spostarsi alla costante ricerca di pensieri; al fine di dimostrare la dinamicità del creato.

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