Piccolo manualetto del videogiocatore per difendersi dai: “I videogiochi sono roba da bambini”, riassunto in un pratico articolo da poter linkare a chi vi critica.
Capita almeno una volta nella vita di un videogiocatore di sentirsi dire che i videogiochi sono “roba da bambini”, sovente la critica proviene dalla generazione precedente. Ecco che il vostro carissimo antropologo vi viene in aiuto, invece di liquidare la questione con “ok boomer”, potrete offrire una spiegazione logica e socraticamente forte a difesa della vostra passione.
Per capire la questione bisogna innanzitutto chiarire i vari step generazionali, descritti in questo articolo.
I millennials sanciscono il vero conflitto generazionale dei nostri anni, che sono gli stessi che hanno visto la nascita e lo sviluppo del medium videoludico di massa.
I millennials, inoltre, si sono trovati a vivere le più grandi crisi economiche della storia – quella a cavallo del 2012 – che ha segnato un’insistente segno negativo nella crescita dell’economia mondiale. Lo stile di vita dei boomers è diventato un privilegio per pochi, gli altri si tengono stretto quello che hanno. Questa situazione ha portato i millennials a specializzarsi sempre di più, rispetto alla generazione precedente, è quella con il maggior numero di laureati, alzando l’asticella dell’istruzione obbligatoria ad una convenzionale laurea (benché non sia la regola).
Quindi ci troviamo una generazione che ha sollevato il velo di Maya e si è trovata davanti l’illusione del benessere, martoriata da migrazioni all’estero – o comunque sempre più a nord – patrimoni via via più assottigliati, contratti di lavoro (quando ci sono) da schiavisti e paghe da fame.
Il millennial tipo è quindi un povero disgraziato che però ha tendenzialmente una cultura superiore alla media e che, come aspetto positivo della sua epoca, è nato e cresciuto con la rete, avendone sia la cultura per comprenderla che i mezzi per accedervi, in occidente.
Il connettersi alla rete ha consentito agli individui che ne usufruiscono di condividere le proprie passioni, spinti anche da un desiderio di evasione, propagandando interessi e conoscenze che prima avevano un accesso complicato per i non addetti ai lavori. Ad esempio, un millennial che finisce per essere appassionato di cinema avrà a disposizione tutti i film e le serie che vorrà, in virtù di questo, anche quindi la facoltà di scegliere in base alla qualità, questa libertà ha portato con sé le relative competenze. L’utente medio ha il palato fino, l’occhio allenato per la regia e la recitazione, la fotografia ed i dialoghi. Stesso discorso vale per la musica e la letteratura, senza tralasciare le varie arti visive. Tendenzialmente il millennial è competente anche a livello tecnico riguardo le forme di intrattenimento che lo interessano.
Internet ha avuto il pregio di spostare il paradigma dell’intrattenimento da quello prettamente passivo a quello attivo – nella maggior parte dei casi – possibilità che prima, con i medium precedenti, era del tutto negata. Abituando in un certo senso l’utente a non essere più soltanto spettatore ma anche attore, critico e valutatore delle opere. Capirete come, alla luce di ciò, un medium come può essere la TV risulta non solo obsoleto, ma anche ridicolo nel suo utilizzo. Con la limitata scelta disponibile e discutibile, l’impossibilità di rivedere le scene per analizzarle, il sottostare ai suoi tempi a volte tedianti.
Stesso discorso vale per l’informazione. Ci si può interessare della politica e degli eventi internazionali andando sui giornali locali, oppure poter seguire i fatti nostrani attraverso il filtro di diverse testate, a volte contrapposte, senza dover necessariamente limitarsi alla disponibilità delle edicole.
Questa capacità di agire a cui la generazione dei millennial è abituata, è intrinseca in ogni suo interesse grazie alla rete, e quale miglior intrattenimento che consente di agire direttamente, se non i videogiochi?
Immaginate una generazione che ha il palato fino per la regia e la recitazione, che conosce tutto lo scibile musicale ed è abituata a leggere narrativa di qualità, come fare ad intrattenere delle persone così che sono anche stufe di stare a subire passivamente l’intrattenimento? Ecco che l’industria videoludica si è adattata, con il passare del tempo.
La grafica sempre più ispirata, le storie sempre più complesse e ben scritte, la sceneggiatura, recitazione e dialoghi che non fanno invidia ad una premiazione degli oscar e musiche che diventano cult. Per i millennials non esiste più quello che “passa il convento” rappresentato da radio e tv, Oggi un prodotto o è di qualità o viene scartato, e per andare oltre, colpire una mente allenata ed istruita, c’è bisogno di farla interagire: Solo il medium videoludico può coinvolgere lo spettatore nell’opera.
Lo so che state pensando a Death Stranding, ma fermi, spremetevi le meningi: Vi ricorda niente Blade Runner della Westwood studios nel 1997?
Quindi, quando sarete seduti a tavola durante il cenone e vi troverete la classica frecciatina della “zia” che snobba i videogiochi bollandoli come qualcosa di infantile, voi rispondetele che trovate irritanti i tempi della tv, che la recitazione piatta delle telenovelas nostrane è ridicola e che vi sentite offesi da quella scrittura didascalica a prova di troglodita.
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Che la Forza sia con voi, gente.