“Dovunque si vada… l’unico posto che ci attende… è sempre… un campo di battaglia.” – Gatsu (vol. 16)
Rabbia, furore e sacrificio
Gatsu, un guerriero divorato da un odio viscerale in un mondo sull’orlo del baratro, in cui vendetta e bramosia evocano e respingono un orrido abisso.
Una storia iniziata nel lontano 1989, ma indissolubilmente legata a ogni epoca storica a causa del tema che lo domina: la rabbia.
Spiegare Berserk non è affatto semplice, perché come per ogni opera ad ampio impatto culturale, parliamo di un qualcosa che va oltre la traccia narrativa, e si imprime in profondità nella mente dei lettori.
Il manga di Kentaro Miura è ambientato in un mondo cinico, immorale e animalesco, in cui tematiche ancora oggi taboo trovano spazio grazie ad una potenza visiva fastosa e coinvolgente. In Berserk viene rappresentata la violenza più malevola, più ammaliante e tormentata, quella per cui non esiste alcuna via di redenzione.
Fin dalle prime pagine la profondità psicologica del racconto è palpabile. Gatsu, il protagonista, è dipinto come preda e al contempo predatore. Una condizione che lo porta a soffocare le proprie paure e i propri desideri, mascherandoli con una furia cieca, ferina e incontrollabile.
La furia del Berserk.

Oltre Kentaro Miura
Nonostante la risonanza del manga di Kentaro Miura, il termine “Berserk” è stato ampiamente utilizzato anche da altri autori.
Mi riferisco a Neon Genesis Evangelion, dove la modalità Berserk è un pericoloso stato degli Evangelion, in cui l’umanoide inizia ad agire in preda a un’ingovernabile ed apparentemente istintuale furia distruttiva.
Più in generale, il Berserker è diventata una classe ricorrente in un grandissimo numero di videogiochi, come Fate, Soulcalibur o Gears of War. Nella serie di Final Fantasy, per esempio, il Berserker è contraddistinto da un’enorme potenza fisica, che lo vede eccellere tanto in attacco quanto in resistenza e HP. In alcune occasioni, tuttavia, chi impersona questa classe è permanentemente affetto dallo status alterato Berserk, che rende impossibile controllarlo in battaglia e che gli impedisce di compiere qualunque azione che non sia attaccare.

Tanti titoli, tutti legati da un unico filo rosso porpora, quello dell’ira violenta e indomabile.
Il termine Berserk, quindi, sembra affondare le sue radici su un unico terreno. Per scoprire quale, tuttavia, dobbiamo allontanarci dal settore videoludico e rifarci alle antiche fonti nordiche.
Le origini dell’ira: Berserkr
Il termine Berserker deriva dalla parola norrena “Berserkr” utilizzata per descrivere i sanguinari guerrieri scandinavi seguaci del dio Odino, da loro adorato nella sua forma di “Voden” (letteralmente “furore”). Prima di ogni battaglia, i guerrieri entravano in uno stato mentale di furia, simile ad una condizione di trance, detto “Berserksgangr“, che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore.
Si trattava, dunque, di una vera e propria sindrome culturale. Un quadro clinico, cioè, che unisce disturbi somatici e psichici, con un significato tipico di un certo spazio culturale o gruppo etnico.

I sintomi della Berserksgangr
Stando alle fonti, la Berserksgangr prevedeva uno specifico set di sintomi:
nella fase iniziale, compariva un tremolio, il battere dei denti e una sensazione di freddo nel corpo. La faccia si gonfiava e cambiava colore, fino al verificarsi di una vera e propria esplosione di rabbia, accompagnata da grugniti e ululati. In questa fase, il guerriero avrebbe ferito indiscriminatamente, mutilato e ucciso qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino. Quando la rabbia si esauriva, il Berserker risultava stremato e consumato, sia nel corpo che nella mente, dominata da uno stato di offuscamento. Secondo le saghe, tale condizione poteva protrarsi per giorni, offrendo ai nemici la possibilità di ordire una letale offensiva.
Molte sono le speculazioni relative alle cause della Berserksgangr: alcune fanno riferimento all’uso di sostanze psicoattive, altre all’esistenza di particolari condizioni genetiche, mediche o psicologiche, come ad esempio malattie mentali, disturbo bipolare o epilessia. Altri ancora sostengono che la furia dei Berserker sia la conseguenza di un Disturbo Post-Traumatico da Stress.
The Berserker/Blind Rage Syndrome
Nel 1987 il Dr. Armando Simon pubblicò un paper sulla rivista Psychological Reports sostenendo che i Berserker soffrissero di una vera e propria sindrome definita “The Berserker/Blind Rage Syndrome“. In quanto tale, propose che questa dovesse essere inclusa nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il manuale di classificazione dei i disturbi mentali e psicopatologici di riferimento per psichiatri, psicologi e medici di tutto il mondo.
Il Dr. Simon definì la condizione come una reazione spropositata violenta ad un insulto fisico, verbale o visivo, caratterizzata da amnesia durante il periodo di sfogo, forza fuori dal normale e dalla presenza di un target specifico a cui è diretta la violenza.
Nonostante ciò, il Berserker/Blind Rage Syndrome non venne mai riconosciuta come nuova categoria diagnostica.

L’ira dal punto di vista psicologico
In definitiva, dagli antichi guerrieri scandinavi al tormentato Gatsu, Berserk è inevitabilmente animato dal suo ardente nucleo: una rabbia vigorosa e vitale, ma al contempo logorante.
Tecnicamente l’ira può essere definita come “uno stato emotivo-affettivo caratterizzato da una crescente eccitazione, che si esprime a livello verbale e-o motorio e che può culminare in comportamenti aggressivi e distruttivi nei confronti di oggetti, altre persone o anche di se stessi.” (Ellis, A. 1977).
La rabbia è un’emozione di base, evolutivamente funzionale alla sopravvivenza e con una funzione fondamentalmente adattiva. Tuttavia, essa può diventare disfunzionale o problematica nel momento in cui compromette le relazioni o la qualità della vita, o crea sofferenza spingendo ad intraprendere azioni dannose verso sé o verso gli altri. Per questo motivo, le comunità hanno sviluppato meccanismi per controllare e canalizzare la rabbia dei suoi membri, così da evitare che diventino una minaccia per la società.
I programmi di gestione della rabbia
Negli ultimi anni sono stati disegnati interventi psicologici volti a migliorare la regolazione degli attacchi d’ira, comunemente conosciuti come programmi di gestione della rabbia.
I metodi cognitivi-comportamentali, per esempio, includono sessioni basate sulla ricerca e l’identificazione della natura del problema, degli eventi trigger e dei fattori stressanti contestuali, nonché il cambiamento degli schemi disfunzionali. L’intervento può prevedere un potenziamento delle abilità del paziente, come il miglioramento delle risposte di coping, il controllo dell’attivazione fisiologica, la prevenzione dell’escalation dell’attacco di rabbia e il rinforzo dell’impegno al cambiamento.
Altri interventi, invece, considerano i deficit relativi al processamento dell’informazione sociale come un importante elemento sul quale dirigere il trattamento degli scatti d’ira. In particolare, viene indagata l’abilità dell’aggressore di assumere la prospettiva della vittima. Ciò include l’analisi del modo in cui la persona risponde alle provocazioni percepite, sia al momento dell’evento (giudizi su chi era responsabile o colpevole), sia in momenti successivi (ad esempio ruminazioni sulle vertenze legali).
Infine, esistono numerosi studi che indagano l’associazione tra attacchi di rabbia e esperienze traumatiche. Secondo alcuni autori, esisterebbe una teoria della regolazione della rabbia per la quale, durante l’esposizione allo stimolo stressante, la rabbia attiverebbe comportamenti di attacco o di sopravvivenza, un maggiore senso di controllo sulla situazione e, al contempo, promuoverebbe la soppressione del senso di impotenza. Gli individui vittime di traumi, quindi, potrebbero sviluppare una maggiore propensione a percepire alcune situazioni come minacciose. A sua volta, la percezione di minaccia attiverebbe una modalità di sopravvivenza biologicamente innata, che include reazioni di paura e fuga o attacchi di rabbia e aggressione.

Un quadro, quello dipinto dai professionisti del settore, che presenta diverse assonanze con i guerrieri del mondo videoludico e con il “marchiato” della saga di Berserk. Un’ira cieca e incontrastabile, che può presentarsi a seguito di eventi traumatici, da un’errata interpretazione degli eventi e dal terrore di vederci negato l’oggetto dei nostri desideri.
Reazioni spropositate, spesso incomprese dai lettori più cauti e previdenti, ma che contribuiscono a trasmettere un’intensa forza emotiva che, con assiduo vigore, ci tiene incollati agli schermi o alle pagine di un fumetto.
Riferimenti bibliografici
Day, A., Howells, K., Mohr, P., Schall, E., and Gerace, A. (2008). The development of CBT programmes for anger: The role of interventions to promote perspective-taking skills. Behavioural and Cognitive Psychotherapy, 36, 299-312;
DiGiuseppe, R., and Iafrate, R. (2003). Anger treatment for adults: a meta-analytic review. Clinical Psychology: Science and Practice, I 0, 70-84;
Ellis, A. (1977) , Anger: How to Live With and Without It. New York: Citadel Press.