Dopo aver seguito per anni i precedenti progetti di Media Molecule (la saga di Little Big Planet), avevo messo gli occhi su Dreams fin dalla sua presentazione da parte di Sony.
Il titolo nasce con la volontà, comune ai giochi con i famosi Sackboy, di mettere nelle mani del giocatore la possibilità di creare il proprio, personale videogioco. Se con LBP si trattava di spaziare all’interno di strutture 2D o 2.5D, con Dreams gli sviluppatori sono riusciti a fare le cose davvero in grande. Utilizzando uno stile grafico e “strutturale” sia funzionale che bello esteticamente, con Dreams abbiamo la possibilità di costruire un livello o un intero gioco partendo dalle basi fino a modellare i più piccoli dettagli.
I risultati sono accessibili a tutti coloro che hanno acquistato il gioco nella versione definitiva o nella modalità Early Access precedentemente resa disponibile. In questo articolo vorrei proporre un’analisi del rapporto fra editor per costruire videogiochi all’interno di un gioco e la possibilità data agli stessi giocatori di mettere a frutto la propria creatività.
Profondo e complesso
Durante il periodo di Early Access ho provato a cimentarmi con la costruzione di qualche livello, seguendo i precisi tutorial messi a disposizione dal gioco e galvanizzato dalla qualità dei contenuti visibili degli altri giocatori. La possibilità di condividere con gli altri fruitori le creazioni intermedie, in modo da non dover sempre partire da zero, garantisce anche una certa velocità di costruzione. Tuttavia, la difficoltà in cui mi sono imbattuto è stata disarmante. Non solo il tool è incredibilmente stratificato e complesso ma i controlli richiedono molteplici sforzi per essere gestiti appieno, soprattutto se non si utilizza il PlayStation Move. Questa non è però una critica al gioco, bensì vorrei porre l’accento sulla bravura e la capacità dei creatori di costruire mondi veramente belli sia esteticamente che da giocare.

La forza del concetto
Sebbene, come accennato in apertura, la volontà degli sviluppatori di Media Molecule sia sempre stata quella di fornire la possibilità ai giocatori di creare il proprio titolo, questa volta ci troviamo di fronte a un editor definitivo, un prodotto in grado di far divertire potenzialmente all’infinito.
Un colpo da maestro da parte di Sony, come testimoniano anche le recensioni della versione definitiva, che attestano la bontà e la qualità del lavoro svolto dal team di sviluppo. Da tenere in considerazione e da analizzare c’è proprio la scelta di andare a rilasciare un titolo di questo tipo, quando manca meno di un anno all’uscita delle nuove console. Sicuramente il supporto sarà garantito anche per la prossima generazione con la volontà di arrivare fino ai dieci anni di vita.
Il punto nodale è che Dreams potrebbe configurarsi tranquillamente come killer application per questo e per il futuro mercato. In un periodo storico di leggera flessione da parte dei videogiochi “indie” dopo il boom degli ultimi anni, con sempre più prodotti complessi e profondi, costruiti per vendere bene anche in questo specifico mercato non più di nicchia, di fatto ci troviamo di fronte a un titolo che permette di creare il proprio livello o il proprio gioco indie e avere contemporaneamente accesso a un’infinità di titoli piccoli ma sorprendenti e potenzialmente innovativi. Da capire c’è la profondità che può raggiungere lo story telling e l’effettiva capacità dei giocatori di alimentare un universo e generare una community duratura. Ma è appunto tutto in mano al giocatore.

Power to the players
Riprendendo anche la volontà di Sony e del motto di PS4 di fornire una console e un insieme di servizi “per i giocatori” (For the Players), con Dreams i fruitori di tutto il mondo hanno un potere che mai avevano avuto prima. È già possibile trovare e giocare moltissimi livelli davvero ben fatti, segno che è presente una fascia sconosciuta di creativi nel mondo che con i giusti strumenti e le giuste possibilità, è in grado di far sentire la propria voce e la propria arte.
Non è un elemento da sottovalutare in un periodo storico (lo ripeto con cognizione) nel quale le nuove generazioni si sentono schiacciate fra la pretesa di successo e di libertà espressività (legittima se consideriamo i modelli di riferimento) e il dover crescere e diventare autosufficienti anche a costo di sacrificare i propri sogni e le proprie aspirazioni. Chiaramente, senza voler essere eccessivamente naif, qui si tratta di un piccolo passo e di una piccola possibilità espressiva. Tuttavia, se tanti ragazzi dedicano il loro tempo (ed è un tempo lunghissimo, anche mesi) per creare con Dreams, sapendo che non otterranno remunerazione ma solo, forse, qualche apprezzamento da parte della community (la “mipiacina” di Kojimiana memoria), significa che la volontà forte di esprimersi c’è. Non è un caso che il titolo si chiami, appunto, “Dreams”.
