Rieccoci al secondo appuntamento con il mondo di God of War!
Se hai letto l’articolo precedente, sicuramente ti ricorderai dell’analisi psicologica di Kratos, l’antieroe protagonista proprio di questa saga video ludica. Qui trovi l’analisi:
https://www.horizonpsytech.com/2020/04/20/god-of-war-lettura-psicologica-di-un-antieroe/
Dal tema cardine che racchiude il senso della prima trilogia, ovvero la vendetta, al cambio di stile dell’ultimo capitolo, nel quale Kratos raggiunge una notevole complessità personologica.
Questo articolo vuole fare un ulteriore passo indietro, alla vecchia trilogia e al rapporto tra Kratos e l’Ade. Una caratteristica è che Kratos, per raggiungere i propri obiettivi, deve spesso (se non sempre) cominciare il suo percorso dal luogo più infausto del gioco: l’Ade, ovvero l’inferno greco.
Il suo cammino ha proprio inizio dal punto più basso e duro possibile. Kratos dovrà poi farsi strada tra mille peripezie, fino a raggiungere l’Olimpo, dove potrà consumare la sua agognata vendetta.
Questo tipo di percorso e di struttura sono tipiche delle storie di fantasia: dai libri di fiabe fino all’industria cinematografica.
Nonostante ciò, questo titolo video ludico mi ha fatto sentire in maniera ancora più pressante ed estenuante il grido della rivalsa. I fallimenti sono sempre dietro l’angolo, soprattutto quando il nostro protagonista si trova ad un passo dalla vittoria e dal raggiungimento della sua meta. Kratos si troverà innumerevoli volte di fronte alla sua morte o al totale fallimento dei suoi obiettivi.
Un’altra riflessione che sovviene in questa cornice video ludica è la lotta perenne tra l’uomo mortale e gli dei onnipotenti. Sulla carta non c’è storia. O almeno non ci sarebbe, ma la narrazione darà ragione a Kratos.
La storia ci racconta di un uomo fortemente diretto verso il suo obiettivo, di un percorso in salita e del continuo tentativo di compensare la distanza tra la sua mortalità e l’immortalità.
Tutto ciò ci conduce ad uno psichiatra austriaco di nome Alfred Adler. Contemporaneo di Freud, inizialmente suo allievo, se ne distacca in un secondo momento allo scopo di concettualizzare una propria teorizzazione sul funzionamento della mente.
Cosa c’entra, vi chiederete?
Questo ometto, che di obiettivi e compensazioni se ne intendeva, basa la sua struttura teorica proprio su questi concetti.
Secondo Adler, l’uomo presenta in sé un fisiologico sentimento di inferiorità (attenzione! Non si parla di complesso di inferiorità. È quest’ultimo ad essere fonte di patologia), dovuto alla sua naturale condizione. L’uomo è inadatto alla vita e dipende dalle figure di accudimento per molto tempo, a differenze delle altre specie animali.
Questo senso di inferiorità è il motore che spinge l’uomo a raggiungere un sentimento di superiorità o di autorealizzazione. Ciò si ottiene attraverso un processo di compensazione: un movimento da una condizione di inferiorità ad una di plus. In tutto ciò l’uomo cerca di raggiungere questa autorealizzazione, ponendosi degli obiettivi o delle mete.
Le modalità con cui si tenta di raggiungere questi traguardi cambiano da persona a persona. Una di queste modalità può essere di tipo puramente egoistica, in cui si cercherà di prevaricare gli altri, pensando esclusivamente al proprio interesse personale (volontà di potenza) oppure cercando di collaborare con il prossimo, in un’ottica win-win , in cui ognuno se ne torna a casa soddisfatto.
Quest’ultima dimensione viene chiamata sentimento sociale.
Dopo questa breve spiegazione, qualcuno avrà già trovato dei punti in contatto con il mondo di God of War.
Proiettiamo questa visione sul nostro affezionato Kratos!
Il protagonista cerca di compensare il suo sentimento di inferiorità tentando di raggiungere gli dei, anzi diventando lui stesso un dio. La sua meta (con cui ottiene la sua condizione di onnipotenza) è la vendetta. La sua modalità di pervenire all’obiettivo è attraverso la prevaricazione e la sofferenza altrui.
Infatti il suo sentimento sociale è pari a zero. Almeno fino all’ultimo titolo in cui, come si è già accennato nell’articolo precedente, Kratos giunge ad una maggiore maturità psicologica.
In questo contesto, l’Ade rappresenta il senso di inferiorità, il punto di partenza per arrivare all’Olimpo. Quest’ultimo infatti riveste i panni dell’autorealizzazione.
Il movimento, come d’altronde capita nella vita reale, è sempre verso l’alto.
La bellezza di questa teoria è che fornisce una chiave di lettura a 360 gradi, sia della realtà, sia di mondi immaginifici.
Provate anche voi a giocare o a rigiocare la saga di God of War e provate a verificare con occhi nuovi quanto è stato detto in questo articolo.
Io ho già ricominciato!