Mai come in questo secolo abbiamo visto l’Arte raggiungere una tale popolarità e possibilità di fruizione da essere esperita praticamente da tutti. La maggior parte di noi trova, nel tempo libero, qualche ora di svago da dedicare a un film, a un videogioco oppure a una buona lettura.
Il termine “pop” ormai è divenuto desueto, dal momento che, all’interno della società che io chiamo “ipermassa”, anche la nicchia di pubblico più piccola è composta da una corposa “massa” di appassionati. Il numero di opere prodotte sta aumentando a ritmi esponenziali e con esso anche la varietà delle stesse, per far fronte alla diversificazione del pubblico.
Opere più o meno complesse si affacciano sul mercato sperando di ritagliarsi un piccolo bacino d’utenza che permetta ai produttori di far fronte alle spese e, sempre più spesso, il costo di produzione è talmente alto che si ricorre a sequel e reiterazioni dello stesso brand di successo per evitare rischi insostenibili. In una società in cui la fruizione delle opere è possibile per tutti e la frenesia della vita moderna fa letteralmente trangugiare l’arte senza possibilità di riflessione metodica e ragionata, il peso della Critica diviene sempre più importante.
In questo articolo cercherò di inquadrare il ruolo della Critica nell’Arte contemporanea e di far comprendere il valore che essa ricopre nel trattare le opere cosiddette “minori”. Mi focalizzerò soprattutto sui videogiochi, tuttavia il discorso ha una validità complessiva, che avvolge tutte le forme d’arte odierne.
Frenesia moderna
Per un appassionato è veramente difficile star dietro a tutte le uscite che riguardano film e videogiochi (per non parlare di libri e fumetti), figuriamoci per i fruitori occasionali. La mole di uscite è impressionante e scegliere cosa vedere o giocare può essere veramente difficile quando di fronte a sé si ha un catalogo vastissimo e diversificato.
In questo senso il compito primario che la Critica sembra assumersi è quello di indirizzare le scelte dei consumatori verso i prodotti realmente di qualità. In questo certamente contribuisce anche il passaparola e il successo “fantasma” che un titolo può avere nell’underground, ma è innegabile che la Critica giochi un fattore chiave negli acquisti del pubblico. In questo senso, però, le recensioni diventano sempre di più consigli per gli acquisti e non, come dovrebbe essere, giudizi critici sul valore intrinseco dell’opera. I recensori sembrano svolgere un ruolo sociale, di mediatori di mercato, invece di quello di giudici di valore.
Il discorso è chiaramente stratificato perché bisogna tener conto di diversi fattori.
In primo luogo, il fatto che la maggior parte del pubblico non sia propriamente appassionata e che non faccia del videogioco l’hobby della propria vita, spinge la Critica, per necessità anche economiche, a indirizzare i propri messaggi a più persone possibile a discapito della qualità e della profondità.
In secondo luogo, la velocità con cui le opere vengono immesse sul mercato e quindi giocate e abbandonate per la successiva è veramente alta e questo non produce un vero e proprio dibattito approfondito né rispetto la qualità né rispetto alla comprensione e spiegazione dei significati del titolo. Questo, unito al fatto che i recensori hanno modo di valutare il titolo ben prima della sua uscita produce due tipi di situazioni: da un lato la grossa parte del discorso rimane appannaggio solo dei pochi che stanno recensendo l’opera, dall’altro le espressioni in”anteprima” dei temi e degli argomenti dei giochi indirizza la fruizione dei giocatori che dovrebbe restare più pura possibile, e questo da ben prima del “consiglio per gli acquisti” della recensione.
In terzo luogo, fattore negativo più importante è la pretesa di validità di qualsiasi opinione di carattere soggettivo espressa nei modi peggiori. Questo si determina in un appiattimento e abbassamento del discorso e del giudizio e anche in una perdita di fiducia nel ruolo che la Critica svolge rispetto all’Arte.

La violenza in The Last of Us parte 2 è stata oggetto di un lungo dibattito ben prima che uscissero le recensioni e il gioco, indirizzando enormemente le aspettative dei giocatori.
La Critica e le opere minori
Se, come abbiamo già detto, il ruolo della Critica è quello di esprimere con cognizione, oggettività e sapienza un giudizio di valore sull’opera in modo tale da portare il dibattito con il pubblico su un livello di profondità elevato, bisogna allora che si riabiliti la discussione anche su quelle opere considerate “minori”. Non che questo in parte già non succeda, basta prendere in esame Disco Elysium, Snowrunner o altri, ma è necessario un vero e proprio ribaltamento di prospettiva la cui necessità è visibile già nell’utilizzare il termine “minori” per identificare alcune tipologie di opere. È chiaro che la rivoluzione non può avvenire fra i giocatori (nonostante le nicchie di appassionati riescano molto spesso a produrre bei discorsi di valore) perché, dovendo spendere i propri soldi non infiniti, tendono a orientarsi verso quei titoli che hanno valori produttivi più alti, più marketing e più possibilità di essere “belli”.
Proprio qui sta quindi il valore di una Critica che abbia la profondità intellettuale e la capacità di approcciare ogni opera senza pregiudizio e producendo per essa il giudizio più stratificato, profondo e significativo possibile.

Disco Elysium è stata un’eccezionale scoperta portata alla luce sia dal pubblico che dalla stampa. Ma quanti titoli di uguale valore finiscono nel dimenticatoio in favore dei AAA?
La mediocrità produce il rifiuto
Per concludere, mi sembra doveroso parlare di un fenomeno che sempre più spesso sto osservando sui social in questo periodo e che ha parzialmente a che vedere con il fattore della soggettività che introducevo poco sopra. Ultimamente noto che a qualsiasi annuncio, qualsiasi nuovo titolo, qualsiasi conferenza, corrisponde una pioggia di lamentele sulla scarsa qualità del nuovo, sul suo essere sempre lo stesso e sulla volontà degli sviluppatori di “prendere in giro” il pubblico in qualche modo.
Se anche, in minima parte, alcune lamentele possono essere giustificate, mi sembra chiaro che siamo di fronte a un punto di rottura fra la percezione del pubblico e ciò che la Critica riesce a comunicare rispetto al mondo dei videogiochi. Da un lato, la pretesa di valore del proprio, non elaborato, parere soggettivo, produce commenti rabbiosi e superficiali, dall’altro la frenesia della comunicazione, il suo non riuscire a far comprendere le profondità e i significati delle opere conduce a un appiattimento complessivo che reitera se stesso proprio con questi meccanismi di rifiuto e di frustrazione.
Per uscire dalla situazione, il mio messaggio finale è che è necessario uno sforzo da entrambe le parti.
Da un lato, il pubblico deve riuscire a svestire i panni del consumatore famelico, che non ama l’Arte ma la ingurgita pasto dopo pasto ingrassando sempre di più senza sapere davvero cosa ha mangiato; dall’altro la Critica deve operare la scelta, forse non del tutto vantaggiosa dal punto di vista economico, di prendersi il tempo per produrre gli spazi in cui il discorso sulle opere possa esprimersi davvero, in profondità e al meglio.
Solo così si riuscirà a dar vero valore (che non significa solo giudizio positivo) all’Arte e allo sforzo produttivo e spirituale di tutti i creatori.
È l’unica cosa che conta.