Death Stranding di Kojima è un’opera che ha fatto molto discutere di sé.
Sicuramente ha portato delle innovazioni a livello di gameplay rendendo il semplice spostamento dal punto A al punto B il fulcro del gioco ma portandolo ad essere interessante. Inoltre ha portato il multiplayer asincrono, già sperimentato nella serie dei Souls, ad un nuovo livello rendendolo non solo utile ma quasi indispensabile sia per le meccaniche di gioco ma anche per il messaggio di unione che l’opera ha voluto dare. Ma andando oltre al gameplay ed alla storia, nel suo voler essere stimolo alla collaborazione tra gli uomini si è però dimostrato divisivo tra i videogiocatori sul giudizio dell’opera stessa.
Quello che rimane però è un’opera che non può non far discutere di sé e, che lo si sia trovato noioso o rivoluzionario, ha lasciato indubbiamente molti spunti di riflessione e di discussione sul nostro mondo e sulla nostra epoca e qui ne verrà discusso qualcuno. Chi ha avuto il piacere di giocare a Death Stranding avrà, tra una consegna e l’altra, avuto modo di leggere all’interno di qualche intervista ai vari personaggi o in qualche mail rivolta al protagonista Sam Porter Bridges dei riferimenti ai concetti di Homo Demens, Homo Gestalt e, soprattutto, Homo Ludens.
“Mipiacina” e Homo Gestalt
Queste definizioni appena citate così come tanti altri concetti filosofici, sociologici, scientifici e fantascientifici mostrano innanzitutto la grande cura che il team di sviluppo ha dedicato a quest’opera e anche la volontà di legarlo strettamente al mondo reale. Per fare un primo esempio si può citare l’intervista in cui Heartman, un personaggio secondario e scienziato all’interno del gioco, parla delle conseguenze negative che la contaminazione da “chiralium” ha avuto sulla psiche delle persone ma anche della scoperta di un nuovo ormone che, come l’ossitocina, riesce a risollevare il morale e alleviare lo stress ovvero la “mipiacina”. Chiarissimo il riferimento ai “mi piace” da social network, come viene confermato anche in altri momenti.
All’interno del gioco infatti i mi piace svolgono un ruolo importante. È in questo modo che gli altri giocatori ci possono, è il caso di dirlo, gratificare per il nostro lavoro ovvero l’aver costruito qualcosa che facilità il cammino dei corrieri o aver spianato una via più semplice grazie al nostro passaggio. Ma quel che è interessante è come, in effetti, questi mi piace non hanno un effetto revitalizzante solo sul nostro protagonista ma anche su noi stessi e, come avviene nei social, ci fa sentire apprezzati. Ora quindi la domanda che sorge è: aiutiamo gli altri giocatori per facilitare quelli che in qualche modo sono i nostri compagni di avventura oppure esclusivamente per una nostra gratificazione personale data dai mi piace? Molto probabilmente entrambe le cose ed entrambe le opzioni sono concausa dell’altra.
Ma questi mi piace, come possiamo ben immaginare grazie ai social, possono anche portare ad una sorta di dipendenza. Infatti, quelli che all’interno del gioco vengono chiamati MULI sono dei corrieri che col tempo hanno sviluppato un’assuefazione all’ormone mipiacina e quindi non fanno altro che vagare alla ricerca di pacchi caduti o da rubare ad altri corrieri.
Queste caratteristiche hanno portato i MULI ad essere definiti Homo Gestalt. La fotografia fornita quindi da Kojima del mondo dei social è molto complessa e sfaccettata. Se da una parte è insito nell’essere umano provare soddisfazione ed avere maggiore autostima quando chi sta intorno a noi ci apprezza, dall’altra parte mette in guardia sui pericoli, molto facilitati dai social, dati dal cercare un effimero apprezzamento dagli altri senza un precedente miglioramento di se stessi.
Homo Sapiens e Homo Demens
Un altro gruppo umano che troviamo all’interno di questo mondo post-apocalittico sono i terroristi che qui vengono definiti Homo Demens. Questi gruppi di persone fanno di tutto per distruggere definitivamente il mondo degli uomini e si oppongono fermamente alla creazione di una nuova unione degli esseri umani. Non hanno una vera e propria organizzazione o una gerarchia definita ma sono uniti, appunto, solo dalla volontà di distruggere.
Probabilmente in questo caso Kojima ha preso spunto dagli scritti di Edgar Morin, filosofo e sociologo francese classe 1921, che si è spesso occupato della tematica dell’identità umana. Morin, oltre a spiegare come l’essere umano possa arrivare finalmente a sentirsi unito al di là delle differenze quando riuscirà a comprendere di essere parte di uno stesso pianeta e quindi con un destino comune, ha parlato anche della dualità dell’uomo stesso ovvero la compresenza dell’Homo Sapiens e dell’Homo Demens. In altre parole, l’uomo è da sempre capace di guerra e pace, ordine e disordine, saggezza e follia, ragione e sentimento, posseduto dai sogni e capace di oggettività. Se quindi Morin vede questa dualità come interna all’uomo, Kojima la mette all’esterno permettendoci di puntare più facilmente il dito su quelle caratteristiche umane più distruttive.
L’elogio dell’Homo Ludens
Un’ultima categoria umana che Kojima e i suoi inseriscono in quest’opera è l’Homo Ludens. In questo caso il riferimento è ancora più chiaro. Questa definizione è infatti presa direttamente dal titolo di un’opera del 1938 del sociologo dei Paesi Bassi Johan Huizinga. In questo storico testo l’autore spiega come il gioco sia una delle basi dell’agire umano ed è, in qualche modo, innato e non determinato dalla cultura. Anzi, è proprio dal gioco che possono nascere storie e culture.
Il gioco per questo autore non è pura razionalità ma ci avvicina più all’immaginazione ma anche allo spirituale. Da qui Huizinga arriva a dire che tutto quello che è “serio” ovvero le guerre, le religioni, l’arte e la scienza sono nate da contesti ludici e non viceversa. Per capire meglio questa visione potrebbe essere d’aiuto un altro autore ovvero Gregory Bateson che si concentra sull’utilizzo delle parole per definire il gioco. Il gioco libero e caotico si potrebbe infatti definire in inglese come play, quando invece si acquisiscono delle regole così come dei vittoriosi e degli sconfitti, allora diventa game.
Tornando, per concludere, a Death Stranding, e nello specifico ad una delle interviste in game, sembra proprio che Kojima abbia voluto rompere dolcemente la quarta parete rivolgendo a noi giocatori un messaggio di stima ma anche un augurio per un futuro migliore:
«…Vi è, però, un altro tipo di umano alquanto speciale. Una specie che farebbe molto comodo alla Bridges. Homo Ludens…colui che gioca. Che sia intenzionale o meno, l’Homo Ludens unisce le persone creando culture, dando forma al mondo che le circonda…Non attraverso la violenza né per mezzo di leggi o regole, ma tramite una metaforica azione di gioco. Conosco una sola persona che corrisponda a tale descrizione. Colui che chiamano “il Grande Messo”, Sam Poter.»