La cortina di silicio della Console War

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Da quando esistono le piattaforme di videogiochi è diventato comune assistere a una diatriba verbale costante fra i possessori dell’una o dell’altra console, con i giocatori PC a braccia incrociate a osservare tutti dall’alto. Se è normale assistere alla “battaglia” nel corso di una generazione in occasione dell’uscita, di volta in volta, dell’una o dell’altra esclusiva di peso, quando arriva il passaggio generazionale i fan si scatenano e la diatriba diventa vera e propria “guerra” (usiamo sempre il virgolettato a ribadire l’uso leggero dei termini). Non fa, quindi, eccezione anche il recente passaggio alla nona generazione di console con l’avvento di PlayStation 5  e Xbox Series X e S.

L’espressione citata nel titolo è evidentemente la rivisitazione di quella divenuta famosa grazie a Churchill in riferimento al periodo della Guerra Fredda, ma utilizzata già in precedenza in ambito teatrale con il significato di divisione netta fra due posizioni, due giudizi, due visioni del mondo. E se il riferimento alla cortina di ferro prefigura l’esistenza di una barriera fisica a separare le due fazioni, come si è fatto effettivamente con il muro di Berlino, il termine “silicio” è volto a rimandare al materiale di base dell’industria elettronica, di cui sono fatte entrambe le console, ma anche tutti i dispositivi che ci permettono di effettuare una comunicazione a distanza.

In questo senso, con la diffusione capillare dei social  (non solo Facebook, come poteva essere qualche anno fa), ma Twitch, Instragram, Tik Tok, YouTube e altri, si assistente alla perenne lotta della fanbase di una o l’altra macchina, di una o l’altra casa di produzione. La posizione che voglio sostenere in questo articolo non è di preliminare condanna della “console war” come spesso superficialmente si tende a fare, quasi a voler immediatamente pacificare ma chiudendo, in questo modo, qualsiasi possibilità di discussione, bensì quella dell’analisi del valore di questa “guerra” con conseguente risposta alla domanda: “Esiste una console war positiva?”

La console war negativa

Nonostante le premesse all’articolo, è innegabile che un certo modo di intendere la faziosità sia assolutamente da condannare e rifiutare: insulti, minacce e attacchi personali non possono e non devono far parte del logos, del “discorso” intorno al videogioco. Questo tipo di comportamenti minimizza il mondo videoludico facendolo indietreggiare culturalmente di anni, fino alla dimensione più infantile e prettamente giocosa del medium. In questo senso, le prese di posizione di chi ha sempre provato solo un lato della barricata senza nemmeno essersi preso la briga di informarsi, se non di testare la concorrenza, evidentemente non sono né utili, né feconde. È però, purtroppo, ciò che si ci trova ad affrontare quando si scorrono le varie discussioni sui social; vuoi per l’impossibilità di selezionare il pubblico partecipante, vuoi per la rapidità dell’interazione che premia quella più “forte” e parziale, è difficile trovare un dialogo costruttivo e davvero profondo. Tuttavia, ritengo che l’accesso al dibattito debba essere potenzialmente permesso a chiunque e che gran parte del lavoro di produzione dell’ambito del discorso, cioè delle strutture comunicative che permettono la discussione, deve essere sviluppato dalla Critica e dalle testate giornalistiche, cosa che molto spesso non avviene. È fin troppo facile rincorrere il clickbait, il sensazionalismo e la notizia bomba, andando a toccare immediatamente la sensibilità dell’una o l’altra fazione. Come ho espresso in altri articoli, il problema contemporaneo della Critica è quello di produrre giudizi corretti e oggettivi laddove è richiesto. In assenza di essi, il pubblico, eterogeneo e massificato, tenterà di compensare e di imporre la propria, parziale, visione.

La pace a ogni costo

Altro problema da non sottovalutare, e direttamente collegato al tema della Critica, del paragrafo precedente, è quello che riguarda una certa volontà di pacificazione, anche a costo di essere parziali dando, come afferma un detto, “un colpo al cerchio e uno alla botte”. Il presupposto è nobile: si vorrebbero ridurre i litigi, gli insulti e le discussioni negative cercando di sponsorizzare il bello ovunque, purché non si litighi. A mio modo di vedere, questo è un modello sì più pacifico ma anche più facile e poco profondo di fare critica e informazione. Proprio per quanto si diceva in precedenza, laddove non ci sono giudizi corretti e oggettivi, si fa prevalere la posizione più forte e radicale e appianare il tutto non rende giustizia a nessuna delle due fazioni. In questo senso l’affermazione che Sony e Microsoft abbiano, allo stato attuale delle cose, due target differenti e che abbiano come punto di forza una le esclusive e l’altra il GamePass, sembra, nonostante la parziale veridicità di base dell’assunto, semplicistico e poco profondo. Se fosse vera totalmente l’ipotesi di base non dovrebbe esserci alcuna discussione, eppure entrambe le case hanno lanciato sul mercato la loro console che puntano a vendere il più possibile. I due approcci sono solo parzialmente differenti, altrimenti non si spiegherebbe l’acquisto pesante di Bethesda da parte di Microsoft, allo scopo di avere esclusive e dall’altra l’apertura recente di Sony alla possibilità di sviluppare un equivalente del GamePass su Playstation.

La console war positiva

Ricollegandomi direttamente alla fine del paragrafo precedente, è evidente che il fulcro e cardine di entrambe le politiche delle due case siano proprio i giochi e la possibilità di vendere il proprio marchio a più persone possibili. Il mercato dei videogiochi è stratificato ma contemporaneo, dove c’è spazio per esclusive da 80€ al contempo vi è la possibilità di acquistare un pass a 10€ che permette di giocare a più di 200 titoli. Anche tenendo in considerazione la stessa tipologia di utente e cercando al tempo di stesso di attrarre l’esponente della altre tipologie. Lo scopo per entrambe è quello di valorizzare al massimo lo sforzo produttivo e tutelare al contempo il valore del gioco stesso. Il modello di business possibile al momento per Microsoft non è possibile per Sony e viceversa, ma non è escluso che per alcune tipologie di titoli possano essere entrambe strade percorribili da tutti. Il costo di sviluppo delle esclusive Sony ha un attesa di guadagno probabilmente ottenibile solo con l’acquisto diretto della copia al suo prezzo massimo (sapendo che per la sua posizione nel mercato ciò avverrà); allo stesso modo la possibilità di distribuzione che alcuni titoli possono avere con il GamePass permette a Microsoft di produrre una varietà di prodotti maggiore a un costo magari inferiore rispetto a Sony ma pur sempre alto. Ciò che voglio affermare è che non si può negare che, al momento, PlayStation e Xbox siano ancora competitor nello stesso mercato. Variano alcuni approcci e si utilizzano strade alternative mentre contemporaneamente si solcano quelle tradizionali.

L’unico modo nel quale la console war può essere percepita in maniera positiva, è proprio quello di porci con entusiasmo e spirito critico di fronte alle proposte di entrambe le case. Non trincerandosi dietro la propria scelta parziale, come se fosse in gioco l’identità stessa del soggetto, ma aprendosi alle prospettive artistiche che le due console, i due sistemi, possono portare. La console war positiva è quella fra Microsoft e Sony che cercano di sviluppare prodotti sempre migliori, sapendo che il pubblico che li riceve è pronto a valutarli e sviscerarli in profondità, con lo spirito critico di chi vuole esprimere giudizi corretti e giusti, in modo da mettere in luce punti di forza e debolezze; in un dialogo costante che non è mai distruttivo, non sviluppa mai la divisione o la faziosità, ma permette costantemente la produzione di discorsi più profondi e migliori.

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