Storie di Night City
In questi giorni Cyberpunk 2077 è sulla bocca di tutti. C’era certamente da aspettarselo ma, si può dire, che i motivi per cui se ne parla non sono stati propriamente quelli previsti. Ma, al di là dei bug e delle prestazioni su console, il titolo di CD Projekt RED è un titolo enorme, con una trama coinvolgente, con una città che racconta tante storie e con meccaniche di gioco sicuramente interessanti.
A proposito di storie, e tralasciando il racconto principale di V (il nostro personaggio), girando per Night City se ne possono ascoltare tante e vanno da quelle dei personaggi per cui svolgiamo le missioni secondarie, alle note (shard) che si potranno raccogliere in giro, alle conversazioni tra i cittadini per strada fino ad arrivare alle pubblicità, ai notiziari, ai passanti che ci troveremo ad urtare lungo il nostro cammino. Quello che emerge da questi racconti è uno spaccato della società di questo distopico 2077. E così veniamo a scoprire di una società nettamente divisa in classi dove c’è la massa povera ed alienata costretta a lavorare, se si è molto fortunati, per 80 ore settimanali e con 6 giorni di ferie pagate l’anno. Dove c’è chi dorme per strada, chi piange, chi vuole rinunciare alla vita. Allo stesso modo si vedono bande criminali dappertutto ed è molto meglio essere armati anche quando si va al parco perché nessun posto è sicuro. Poi ci sono quelli che fanno parte della classe alta, ovvero i corporativi, che sono i dirigenti di immense aziende multinazionali che tutto controllano e tutto possono agendo indisturbati.
Ma esiste qualcosa che accomuna le classi sociali a Night City: il “divertimento” senza freni e la voglia di arrivare ai piani alti. È estremamente facile, infatti, imbattersi in tipologie di passatempi moralmente discutibili praticati da chiunque così come il sentire persone di classe sociale bassa che esprimono il proprio odio verso i corporativi ma allo stesso tempo disposti a fare qualunque cosa per acquisire lo stesso status. Un esempio di questo lo si può trovare nei vari mercenari e nelle bande che odiano i comportamenti e le modalità delle corporazioni ma arrivano a compiere atti terribili per raggiungerne gli stessi obiettivi ovvero fama, potere e soldi.
La Braindance: tra gameplay e lore
Torniamo però alle meccaniche interessanti offerte da questo mastodontico mondo di gioco. Con il nostro personaggio, infatti, ci troveremo ad usare un mezzo investigativo a dir poco particolare per arrivare a scoprire informazioni utili al prosieguo della storia ovvero la Braindance. Questo strumento ci permetterà di vivere i ricordi di altre persone e, nel gameplay, di scovare persone o cose che non si potrebbero trovare altrimenti. Ma questo è il gameplay e non il vero utilizzo che ne fanno i cittadini di Night City.
Addentrandoci nella lore del gioco scopriamo infatti che questa tecnologia è stata inventata nel 2007 da Yuriko Sujimoto, una studentessa universitaria, che, sfruttando le sue conoscenze e provando su se stessa la registrazione, scopri di poter salvare su un chip informatico standard e poi riprodurre e rivivere tutto quello che aveva visto, sentito, pensato e provato durante la registrazione. Successivamente, mentre era a lavoro in una struttura penitenziaria, fa la conoscenza del celebre psicologo Norman Lessimer. Con quest’ultimo decidono di provare ad usare questa nuova tecnologia sui detenuti come riabilitazione soprattutto nei reati antisociali. L’occasione si presenta quando, grazie all’aiuto dello Stato della California e della Militech (una immensa corporazione), riescono a fare un accordo con un condannato a morte per registrare, appunto, la sua morte. A questa registrazione ne seguono altre e si comincia così ad usare queste registrazioni sui detenuti per portarli ad una riprogrammazione psicologica spingendoli a provare avversione verso la possibilità di commettere ulteriori reati. Anche perché, alla fin fine, i prigionieri hanno perso i loro diritti, vero?
Quello che si può notare in questa tipologia di “rieducazione” sono le somiglianze con la “cura Ludovico” che Kubrick fa subire al suo protagonista in Arancia Meccanica. Ma in realtà c’è qualcosa di più. Qui non si è solo costretti a guardare delle immagini ma a vivere delle memorie e quindi a provare i pensieri e le emozioni della persona registrata come proprie e per molte e molte volte.
Tornando alla lore, l’utilizzo penitenziario sembra funzionare e quindi potrebbe essere molto redditizio trovare altri impieghi per la Braindance. Così si comincia a sperimentarla in campo militare, nella terapia psicologica per il trattamento dei cyberpsicopatici e, soprattutto, nell’intrattenimento. Ed è proprio su quest’ultimo punto che questa tecnologia diventa di massa. Nascono locali in cui è possibile usare la Braindance ma anche la possibilità, per chi se lo può permettere, di comprare l’attrezzatura in casa. Ma di che genere sono queste esperienze? Si può notare che esistono le esperienze horror e, ovviamente, il porno. Altrettanto ovviamente nasce anche un mercato nero della Braindance dove le esperienze offerte sono sempre più spinte fino addirittura a permettere di provare la sensazione della morte. Queste esperienze possono avere conseguenze anche gravi per chi le vive fino ad arrivare alla morte ma questo non ha fermato il suo successo.
Braindance e società
Ma c’è un altro tipo di esperienza che si può vivere con la Braindance e che, a mio parere, è la più inquietante. Si può vivere la vita delle persone di successo. Così masse di persone costrette a lavorare più di 80 ore settimanali per poter vivere hanno la possibilità di provare la sensazione di vivere nello sfarzo più opulento e sentirsi parte di un mondo che non potranno mai nemmeno sfiorare nella realtà. Perché questo dovrebbe essere più inquietante di tutto il resto? Per il contesto in cui è inserito! È, infatti, in questo modo che l’alienazione di cui parlava Marx arriva a vette mai immaginate. Proviamo quindi a metterci noi nei panni di queste persone costrette a passare l’intera giornata su posti di lavoro probabilmente degradanti e ad avere come unica possibilità di essere felici quella di non essere se stessi. Ed è proprio questo il punto, si arriva alla condizione di non essere mai davvero se stessi. È facile quindi immaginare e capire che questo tipo di Braindance provochi una forte dipendenza e che queste persone saranno sempre più apatiche e disinteressate della propria vita reale.
A cosa serve la fantascienza?
Ma dopotutto, è solo frutto della fantasia, è una storia, è fantascienza. Ovviamente sì, ma la fantascienza da dove prende le sui idee? E qual è la sua funzione? La fantascienza non può che prendere spunto dalla realtà che ci circonda per poi portarne all’estremo alcune caratteristiche. In altre parole, il seme di questi mali esiste già. Lo si può vedere, giusto per fare un esempio, nei social e nei programmi tv dove si mostrano le vite perfette degli altri e in cui si ha la voglia di conoscere i dettagli per poter vivere di riflesso la felicità altrui. Quindi la fantascienza serve proprio a questo, a farci vedere dei problemi che, per adesso, non sembrano nemmeno importanti ma che potrebbero finire per esserlo. Si potrebbe dire che è un campanello d’allarme che spinge alla riflessione. Una riflessione che non deve essere vista come un puntare il dito contro lo sviluppo tecnologico ma contro noi stessi come persone e come società. Infatti, quello che più colpisce di questo utilizzo della Braindance in Cyberpunk non è la tecnologia cattiva ma la totale mancanza di un pensiero e di un’azione che possa portare queste persone a chiedere condizioni di vita migliori e quindi, l’unica opzione che rimane, è cercare di diventare come quelli che vivono bene indifferentemente se nella realtà o nel virtuale vivendo, alla fin fine, le vite degli altri. A noi invece, alla fine di questo strano 2020, è arrivato un messaggio dal futuro che dice di vivere le nostre vite.