Da Tiktok alle Challenge – Facciamo Chiarezza

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Articolo realizzato a cura di Giulio Pio Dima e Marco Salemi.

Parliamo di TikTok

In questi giorni hanno fatto particolarmente notizia gli avvenimenti collegati a certe presunte challenge che girerebbero sul noto social network TikTok.

I Giornali, e i mass media in particolare, hanno parlato e scritto di alcune sfide che pare inviterebbero gli utenti all’auto-soffocamento.

In seguito agli spiacevoli eventi di cronaca nera, TikTok è stato accusato di non effettuare una sorveglianza adeguata sui comportamenti dei propri utenti, dunque il garante della privacy ha disposto nei suoi confronti “il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica“.

TikTok-Challenge-sfida

Tipica challenge in cui una ragazza sta “duettando” con un ragazzo

Ma, per prima cosa, spieghiamo cos’è TikTok

TikTok  è un social network in cui gli utenti possono visionare e condividere brevi video spesso accompagnati da motivetti musicali. Si tratta di video di diversa natura, possono infatti essere divertenti, divulgativi, di carattere promozionale, informativo, o semplicemente sono belli da vedere; possono riguardare il mondo della moda, dello sport, delle passioni più svariate, ecc; possono persino riportare spezzoni di film, ma si tratta soprattutto di contenuti originali.

Tra questi contenuti spiccano le cosiddette “Challenge“, balletti o insieme di mosse che divengono virali sulla piattaforma. 

Ogni utente può replicare in un suo video gli stessi movimenti diventando così un partecipante della challenge. 

 

 

Ciò diventa di particolare interesse se consideriamo che adolescenti e giovani adulti rappresentano la maggior parte degli utenti di questo social. 

Tuttavia, bisogna tenere conto di tutti coloro che si registrano sull’app dichiarando di avere un’età diversa da quella reale. Sembra infatti che una buona fetta di utenti sia composta da minori di 13 anni (l’età minima consentita per registrarsi su TikTok). Questo può avvenire anche all’insaputa dei genitori, che prestano il cellulare ai loro figli pensando che questi giochino a qualche videogame.

Challenge-TikTok

 

Le Challenge di TikTok… e non solo

Challenge-TikTok-Galindo-Momo-Bluewhale

Non è certo la prima volta che si sente parlare di pericolose sfide che avrebbero provocato gravi incidenti, o addirittura vittime, tramite la diffusione sui social. Come ci ricorda la dr.ssa Ambra Ferrari nel suo precedente articolo PANICO MEDIATICO: Bufale, Videogiochi e Internet”, negli anni addietro è già capitato di sentir parlare di “Blue Whale Challenge”, “Momo Challenge” o di “Jonathan Galindo“.

Come per la Blackout Challenge di TikTok, anche le altre sfide avrebbero sfruttato l’emotività dei più piccoli per spingerli a compiere delle azioni pericolose, talvolta fatali.

 

Il paradosso del “Non Cercare la Blackout Challenge su TikTok!”

Ciò che in questi casi ha causato un concreto pericolo è stata la modalità, spesso eccessivamente allarmistica e martellante, con cui i mass media hanno scelto di affrontare e diffondere queste notizie.

Il rischio che corrono i canali di comunicazione di massa è infatti quello di ottenere l’effetto opposto rispetto a quello desiderato. I mass media si sono ritrovati così a fare un’involontaria pubblicità a queste sfide pericolose. Cercare di salvaguardare i più piccoli e di mettere in guardia i genitori attraverso la copiosa creazione e pubblicazione di servizi e articoli, molto spesso non è affatto il modo giusto per fare prevenzione e informazione. Infatti, così facendo, si rischia di rendere virale un fenomeno che, forse, prima non riscuoteva la stessa risonanza mediatica o che non l’avrebbe riscossa nel futuro (creando, di fatto, una sorta di “Effetto Werther*“).

Blackout-Challenge-TikTok

Senza considerare che alcune indagini più approfondite hanno poi dimostrato come nessuna di queste challenge fosse effettivamente così diffusa come avevano fatto intendere i giornali e i mass media.

Con questo non si vuole assolutamente intendere che bisogna tacere e far finta di nulla di fronte a queste notizie. Sarebbe opportuno trattare l’argomento in modo consono, senza creare allarmismi o malsane curiosità.

Infatti, si rischia che, dopo aver detto al ragazzino di “Non cercare la Blackout Challenge su TikTok!” quella sarà sistematicamente la prima cosa che farà.

 

TikTok e social network: strumenti da conoscere

Riguardo a questa spinosa questione, vi sono due schieramenti opposti. Se vi è chi ritiene che i social non vigilino abbastanza, vi è anche chi pensa che la famiglia dovrebbe esercitare un maggiore controllo

Tuttavia, risulta piuttosto inutile cercare di definire a chi sia giusto attribuire la fetta di colpa maggiore.

Ognuno di noi, in quanto essere umano, oscilla tra due tendenze opposte:

  • da un lato si è portati a considerare certi eventi come fuori dal proprio controllo (“non dipende da me, non è qualcosa che posso controllare”);
  • dall’altro si ha la tentazione a considerare certe situazioni come causate solo dagli effetti delle nostre azioni (“è tutta colpa mia”).

Questa tendenza, nell’uno o nell’altro caso, viene definita in psicologia con il concetto di locus of control, il quale può essere esterno (come nel primo caso) o interno (come nel secondo). Non esiste una tendenza ideale o giusta, e soprattutto in questa situazione particolare e complessa serve considerare entrambe le visioni.

 Challenge-TikTok-Social

In questo caso i social network sono stati ritenuti come gli unici fautori e responsabili del triste evento, senza però prendere in considerazione gli altri fattori in concomitanza.

Ebbene, i social network sono sicuramente uno strumento dalle grandissime potenzialità. Essi permettono di creare collegamenti che, prima del loro avvento, sarebbero stati impensabili, ma al contempo nascondono diverse insidie.

I più piccoli, nello specifico, anche se sempre più tecnologici e abili nel districarsi e muoversi nella rete, sono particolarmente esposti ai pericoli. 

Ed è proprio per questo che il genitore ricopre un ruolo fondamentale nell’accompagnare i figli all’uso dei social. Bambini e ragazzi spesso infatti non sono in grado di risolvere problemi di ordine emotivo, per i quali sono richieste maturità ed esperienza.

Come ci ricorda il dr. Marco Salemi nel suo contributo Mazze, martelli, tosaerba e altre idee creative per punire i vostri figli, spesso però il genitore non è in grado di provvedere ad una corretta educazione all’utilizzo dei media per il proprio figlio, in quanto questi ne è più esperto di lui.

Cosa può fare allora un genitore per mettersi alla pari?

 

La “Challenge” della Media Education

Scegliere di bloccare l’accesso al social ai propri figli di punto in bianco potrebbe non essere la risposta più adatta. 

Una buona norma che potrebbero attuare i genitori è quella di prendersi un momento della giornata per stare insieme ai propri figli e per osservare ed esplorare la piattaforma, in modo da poterli guidare ad un uso ed una visione ottimale della stessa. Inoltre invitiamo i genitori a non limitarsi semplicemente a bloccare un utente inappropriato, ma a segnalare ogni tipo di contenuto o individuo non sicuro e inappropriato.

TikTok-Media-Education

D’altro canto, i social potrebbero migliorare la sicurezza riguardo l’uso irresponsabile della piattaforma, vigilando ancor più attivamente.

Noi di Horizon Psytech parliamo molto spesso di questa tematica chiamata Media Education, ma di cosa si tratta?

Siamo attivi nell’organizzare corsi che trattano di educazione ad internet e ai nuovi media, quali social network e app. Più in generale ci occupiamo di tutto ciò che ha a che fare con la vita in rete. 

Sappiamo benissimo che il digitale si muove in maniera sempre più rapida e che non tutti i genitori hanno il tempo di potersi dedicare ad un suo studio approfondito, riteniamo però che provvedere una corretta educazione ad internet e agli strumenti digitali sia importante per proteggere noi stessi e chi non è ancora in grado di farlo, come nel caso di minori.

 

 

 

*Effetto Werther: fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione di massa provoca nella società una catena di altri suicidi.

Articolo realizzato a cura di Giulio Pio Dima e Marco Salemi.

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