CARATTERISTICHE E RISVOLTI PSICOLOGICI
Non serve essere esperti conoscitori del web, dei social network o abili “navigatori” per aver sentito almeno una volta il termine cyberbullismo. Sempre più, negli ultimi anni, le dinamiche sociali e le relazioni si stanno connotando di una valenza “social”, fatto estremamente naturale per i nativi digitali, che sviluppando una particolare sensibilità ed abitudine alle relazioni mediate dai social navigano in questo “mare magnum” digitale con estrema padronanza e naturalità.
Ma cerchiamo di spiegare bene questo fenomeno ed i risvolti che può avere da un punto di vista psicologico. Molti fanno l’errore di equipararlo al classico bullismo quando esso costituisce in realtà “un fenomeno nuovo, dipendente dall’era digitale in cui siamo immersi”.
La differenza più evidente tra bullismo e cyberbullismo risiede nella perdita della componente fisica e diretta che, pur nella varietà dei casi e delle forme, caratterizza gran parte dei classici episodi di bullismo.
Con il termine cyberbullismo si indicano forme di aggressione, molestia e discriminazione realizzate attraverso l’impiego dei nuovi strumenti di comunicazione offerti dallo sviluppo della rete.
Il cyberbullismo possiede una serie di caratteristiche specifiche:
- la pervasività (il cyberbullo è sempre presente sulle varie tecnologie usate)
- l’anonimato, la volontarietà dell’aggressione (non sempre gli effetti negativi sono provocati da un’azione mirata, in quanto non potendo osservare le reazioni della vittima, si commettono atti persecutori non comprendendo che ci si è spinti troppo oltre)
- l’ampiezza di portata (i messaggi e i materiali inviati sono trasmessi, ritrasmessi e amplificati oltre la cerchia dei conoscenti).
Per delineare un panorama più chiaro di questo fenomeno vediamo, inizialmente, quanti tipi di bullismo esistono sul web (Smith et al., 2006). Si può parlare di:
- Impersonation: conosciuto come “scambio di persona”. Il cyberbullo (fingendosi qualcun altro) crea situazioni lesive o pubblica contenuti digitali con lo scopo di danneggiare ed ingannare la vittima.
- Trickery: il cyberbullo cerca di ottenere la fiducia di un ragazzo/a per poi fare uno “scherzo” crudele.
- Flaming: si tratta di messaggi online violenti e volgari che si trovano spesso sui gruppi online che servono per aizzare, provocare e ovviamente umiliare i malcapitati.
- Cyberstalking: come lo stalking, qui si parla di molestie ripetute sul web e di minacce vere e proprie per provocare paura e timore crescente.
- Denigration: anche questa una forma di emarginazione ed esclusione risulta essere di una cattiveria inaudita. In pratica, tramite messaggi o post sui social network si denigra una persona al fine di provocare dolore gratuito e danneggiala pubblicamente.
- Cyberbashing: quando un gruppo di ragazzi maltratta o picchia un coetaneo, filmando l’atto dell’aggressione per poi pubblicarlo sul web.
- Doxing: la diffusione via internet di dati personali e sensibili.
- Harassment: con questo termine si indicano vere e proprie molestie (anche psicologiche) via web. In alcuni casi, si arriva persino alle minacce di morte.
La recente ed attuale pandemia da Covid-19 ha amplificato gioco-forza il numero medio di ore di utilizzo del web e delle sue molteplici declinazioni (Social network, Twitch, Youtube, gaming online, lezioni in Dad, app di messaggistica online etc) denotando anche un vertiginoso aumento di casi di cyberbullismo (+ 40%) e di utilizzo inappropriato dei social con esiti molto spesso drammatici (come evidenziato da recentissimi episodi di cronaca).
Molto spesso i cyberbulli attivano meccanismi di disimpegno morale, come la minimizzazione (“Era solo uno scherzo”) e la diffusione della responsabilità (“Non è colpa mia. Lo facevano tutti” oppure “Io non ho fatto niente, ho solo postato un messaggio che mi era arrivato”), a volte cercano solo gloria, approvazione sociale e agiscono mossi da impeti di narcisismo goliardico, coinvolgendo indirettamente i cyberbulli passivi (coloro che non sono direttamente protagonisti dei soprusi ma che da spettatori “indiretti” della platea digitale rafforzano il comportamento vessatorio).
Le vittime spesso vengono prese di mira per futili motivi, l’aspetto fisico, le relazioni sentimentali,il presunto orientamento sessuale, il modo di vestire.
Spesso sperimentano una condizione di profonda sofferenza, le cui conseguenze possono manifestarsi anche molto tempo dopo la fine dei soprusi, cronicizzando e slatentizzando condizioni di fragilità pregressa, o sviluppando ex novo problematiche relazionali, isolamento, fenomeni di Hikikomori, disturbi d’ansia, disturbi depressivi e nei casi peggiori anche tendenze suicide. La risonanza che ha il web è implacabile: le foto, i messaggi di chat, i post /reels su Tik Tok o Instagram possono essere visti da tutti, stigmatizzando la vittima, marchiandola e umiliandola.
Oggi più che mai è fondamentale sensibilizzare la comunità (famiglie, scuole e ragazzi) con programmi fondati sulla prevenzione del Cyberbullismo e promuovendo un utilizzo dei Social e del web che sia più sano possibile.