Happy Game: Horror e Giocattoli

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Happy Game è l’ultimo titolo ad opera di Amanita Design, ed il loro primo horror. Sin dal titolo è possibile intravedere il forte, giocoso, e grottesco contrasto tra la presentazione del gioco ed il reale contenuto. Ma andiamo con ordine.

Chi è Amanita Design?

Per chi non la conoscesse, Amanita Design è una casa di produzione Ceca, autrice di titoli di genere puzzle oramai cari agli appassionati dello scenario videoludico indipendente. Qualcun altro forse la conoscerà poiché nel 2018 è stata tristemente al centro di una polemica insensata. Il loro personaggio Chuchel, protagonista dell’omonimo videogioco, è stato accusato di promuovere il blackface, polemica che ha portato i developer a modificare il design della creatura, invertendone i colori. Va sottolineato che, complice la provenienza geografica e culturale, secondo Amanita Design non vi era associazione intenzionale con la disdicevole pratica, ma hanno deciso di procedere alla modifica per adattarsi alle richieste del pubblico americano.

La versione originale e quella modificata di Chuchel, protagonista accusato di blackface.

La versione originale (sinistra) e quella modificata (destra) di Chuchel, protagonista accusato di blackface.

Una notizia decisamente positiva riguarda, invece, il loro titolo Machinarium, scelto da un gruppo di ricercatori italiani come strumento di allenamento per il miglioramento delle capacità di lettura nei ragazzi dislessici. Grazie alle scene di grandissima complessità, i giocatori sono spinti ad allenare l’attenzione e la precisione dei movimenti oculari, al fine di trovare l’oggetto utile a risolvere il puzzle in corso.

Un'intricata scena del videogioco Machinarium

Una scena del videogioco Machinarium, nella quale il giocatore deve trovare un oggetto che possa aiutare il robot a uscire dalla discarica.

Ma soprattutto i lavori di Amanita Design sono facilmente riconoscibili dal particolarissimo stile grafico. In molte delle loro opere, in particolare Machinarium e Botanicula, personaggi di cartapesta si muovono su sfondi disegnati a pastello, come in un collage digitale. Questa tecnica mista, dal look-and-feel “carta e matita” ha a lungo caratterizzato i loro videogiochi, portando anche alla scrittura di saggi dedicati alla loro unicità (ne abbiamo già parlato qui).

Horror e Infanzia

Lo stile grafico di Amanita Design, semplice e dal tratto infantile, ben si presta alla creazione di un titolo horror. In effetti, possiamo individuare un vero e proprio sottogenere di horror il cui focus risiede nella presenza di elementi che rimandano alla nostra infanzia.

La teorica di cinematografia Mary Jackson ha affermato che, sovvertendo le nostre aspettative sui bambini come entità non minacciose, questi horror sono capaci di insinuare il dubbio nelle nostre credenze più istintive. Vi è, inoltre, un corpus di ricerca molto sostanzioso, secondo cui la paura non nasce da qualcosa di palesemente sinistro, ma dall’accorgersi che qualcosa sia leggermente sbagliato, senza che possiamo individuare esattamente cosa e perché.

Una scena di Happy Game, in cui coloratissimi coniglietti dal volto scheletrico circondano il protagonista.

Una scena di Happy Game, in cui coloratissimi coniglietti dal volto scheletrico circondano il protagonista.

Questo filone di ricerca, nato negli anni Settanta, ha individuato quello che oggi definiamo il fenomeno della Uncanny Valley. Questo fenomeno si riferisce alla sensazione di disagio che proviamo quando siamo di fronte ad un’entità alla quale non riusciamo a dare un’etichetta. Questa persona è viva o morta? Questo coniglietto è carino o letale? La dissonanza cognitiva che ne scaturisce porta il nostro cervello a provare una sensazione di disagio, un’oscillazione tra calma e terrore.

Happy Game

Happy Game rispetta perfettamente il tema della Uncanny Valley, proponendoci un puzzle game il cui scopo è quello di aiutare un bimbo a sopravvivere ai suoi incubi. Il trailer, presentato all’E3 2021, presenta il gioco con grafiche colorate e musiche dolci, le quali si trasformano (neanche troppo) lentamente in un incubo grottesco e violento, popolato da giocattoli a cui strappare gli arti per proseguire nella trama.

Una scena di Happy Game, in cui un porcellino in decomposizione torreggia sul piccolo protagonista.

Una scena di Happy Game, in cui un porcellino in decomposizione torreggia sul piccolo protagonista.

I colori e le luci, a tratti abbaglianti, sfiorano il concetto di abuso estetico, una pratica molto utilizzata negli art game o nei rage games. In questo genere di videogiochi, la colonna sonora o la grafica del gioco prendono la forma di suoni discordanti e colori aggressivi (ne abbiamo già parlato qui). L’intento è quello di assalire i nostri sensi, aumentando la sensazione di disagio e confusione.

Happy Game, come i titoli precedenti, si compone di diversi brevi capitoli, per una durata totale di circa due ore e mezza. Un titolo consigliatissimo per gli amanti del genere.

Se, dunque, desiderate esplorare Happy Game o conoscere di più riguardo il progetto, potete visitarne il sito.

Letture consigliate:

  • Di Tore, S., Fulgione, M., & Sibilio, M. (2014). Dislessia e Videogames: Il Potenziale Didattico dei Videogiochi. Mediterranean Journal of Social Sciences, 5(23), 1165.
  • Janik, J. (2015). The Cluster Worlds of Imagination The Analysis of Collage Technique in Games by Amanita Design. New Perspectives in Game Studies, 45.

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