Perchè per i genitori può essere così difficile mettere e far mantenere regole sulll’uso di videogiochi? Per mediazione parentale dei videogiochi si intende tutto quello che i genitori fanno quando si “mettono in mezzo” alle esperienze videoludiche dei figli. Il fatto che l’uso con media come la televisione vadano regolate in qualche modo da parte degli adulti qualcosa ormai condiviso nel senso comune.
Il “come” resta però il grande problema: articoli, “esperti” a vario titolo e manuali dispensano consigli e obiettivi. Le reazioni dei genitori alla loro lettura vanno dall’entusiasmo (“finalmente abbiamo capito come fare, si spera”), alla rassegnazione (“tanto con i miei non funziona”) alla frustrazione (“ma chi le scrive queste cose?”) fino a un certo imbarazzo (“a casa nostra non è proprio così, ma meglio non dirlo…”) e vergogna (“siamo dei pessimi genitori, non riusciamo a fare tutto questo”).
Per guardare in modo più realistico agli sforzi di mamme e papà, è utile fare un passo indietro.
Regole e videogiochi, le eredità della televisione
E’ dalle ricerche sulla televisione che sono emerse infatti strategie ancora oggi molto diffuse tra i genitori.
- Si parla infatti di “mediazione restrittiva” quando i genitori stabiliscono regole e limiti. Per esempio non si può giocare in certi momenti della giornata, non prima di aver fatto i compiti. Anche il controllo su quali titoli vengono acquistati è una forma di restrizione, di solito con l’intenzione di non esporre a contenuti non adeguati all’età.
- Usare insieme la tecnologia è un’altra forma di mediazione. Il “co-uso” nella televisione è però molto diverso da quello dei videogiochi: se i genitori si limitano a guardare la loro posizione sarà diversa da quella dei figli che partecipano attivamente.
- Nella “mediazione attiva” il genitori stimolano la discussione sui contenuti dell’esperienza e su come è stata vissuta. Sia le televisione che i videogiochi portano immagini, personaggi, storie, e stimolano reazioni anche forti in chi li usa.
Purtroppo queste categorie non sono sempre adatte per descrivere gli sforzi dei genitori davanti a prodotti videoludici, proprio per le loro caratteristiche distintive. Eppure molto spesso la discussione da parte degli adulti ma anche dei professionisti gira proprio attorno a questi interventi.
Nuovi giochi, nuove sfide
Le caratteristiche tecniche dei videogiochi rendono difficile per i genitori stabilire regole e farle mantenere (Jiow & Lyn 2012)
Dal punto di vista pratico il videogioco è sempre più spesso portatile e diffuso: sempre meno legato a una singola console in salotto o prima ancora alla sala giochi, a volte disponibile su dispostivi usati anche per altri scopi come lo smartphone o il tablet. Questo rende facile venirne a contatto con amici o in altri media, modelli come il free to play o gli acquisti online rendono facile procurarseli.
Per sua natura il videogioco è interattivo: funziona in base alle azioni di chi lo usa e risponde a queste, a differenza della televisione dove al massimo si poteva cambiare canale. Una attività che risponde alle azioni del giocatore incoraggiandolo a continuare, fino al prossimo livello, in prossimo record, o per la ricompensa settimanale in un gioco online. L’interattività va anche oltre il gioco stesso: internet in particolare offre opportunità per entrare in contatto con altri appassionati e con le loro performance. Un contatto che può diventare facilmente modello, ad esempio tentando di emulare i risultati del proprio streamer preferito.
L’interazione può diventare anche direttamente sociale, con giochi come i popolari battle royale dove la competizione con gli altri è centrale, o altri che pur essendo giocabili in singolo danno la possibilità di inviare messaggi o invitare nelle proprie sessioni altri utenti. Questa dimensione è spesso fonte di grandi difficoltà, quando la comunicazione con sconosciuti o anche il loro comportamento in gioco espongono a esperienze che preferiremmo evitare
E poi il videogioco è un medium relativamente nuovo, in rapido mutamento e dunque non sempre compreso dagli adulti. Sono anche una attività dove può essere difficile inserirsi per chi non ha esperienza: le meccaniche di uno sparatutto in prima persona o di un gioco di ruolo possono essere intuitive per chi ci è cresciuto ma non per mamma e papà che tentano di dare un senso a quello che accade sullo schermo. E che a volte si sentono ripetere quanto sono terribilmente scarsi.
Regole e videogiochi, cosa fanno i genitori?
Per guardare in modo nuovo alla mediazione la ricerca di Jiow (2016) individua 4 strategie tipicamente usate dai genitori, nessuna delle quali esclusiva a una delle tre categorie classiche:
- Nel “gatekeeping” i genitori cercano di controllare con cosa, quanto e in che modo il figlio può venire a contatto. Questo può avvenire non più solo con mezzi fisici (“se non la smetti ti stacco la spina”) ma anche attraverso le opzioni offerte dalle console stesse come il filtro genitori.
- Nelle strategie “discorsive” ci si confronta invece rispetto al gioco e a quello che ci gira intorno. Dunque non soltanto i contenuti, ma anche su cosa è simile e diverso tra videogioco e realtà, oppure su rischi che preoccupano il genitore come il contatto con estranei online o che il gioco sostituisca altre attività.
- Ci sono le azioni “diversive” con cui i genitori si sforzano in modo attivo e deliberato di deviare l’attenzione dei figli dal videogioco proponendo alternative.
- Le strategie “investigative” puntano ad acquisire informazioni e abilità che permettano al genitore di comprendere e monitorare l’attività dei figli. Può includere il gioco comune ma non per questo si traduce in condivisione.
La complessità non è solo nel gioco
A complicare ancora la situazione, le regole sui videogiochi sono spesso al centro di un dibattito più vasto che riguarda il digitale. Titoli come “Minecraft” vengono proposti come potenzialmente educativi, in grado di preparare i minori per un futuro dove capacità come la programmazione il risolvere problemi saranno sempre più importanti. E dunque il “bravo genitore” fornisce loro queste esperienze educative, magari in contrasto con giochi che educativi non lo sarebbero.
Perchè questi benefici vengano colti non ci si aspetta solo selezione e monitoraggio, ma anche di accompagnare i figli nelle esperienze in modo che mettano alla prova e migliorino le loro capacità. Ma come abbiamo visto prima questo richiede impegno, energie e competenze che non sempre il genitore può garantire. Con il rischio di sentirsi ancora una volta in dubbio sulle proprie capacità.
A differenza dei programmi televisivi “educativi” questi giochi hanno spesso elementi di rischio, come la possibilità di connessione online, che sono però centrali anche nel renderli una opportunità. Il genitore quindi può non essere mai del tutto sicuro di quel che sta accadendo.
Rispetto ai programmi televisivi viene molto apprezzato il fatto che i videogiochi richiedono un coinvolgimento attivo, ma è proprio quello che spesso solleva timori di dipendenza: ci pensa spesso, fatica a chiudere sessioni di gioco che sembrano infinite (e che a volte potenzialmente lo sono).
Regole e videogiochi: consigli di sopravvivenza
Evitando di riproporre anche qui l’ennesima lista di prescrizioni, è forse più utile guardare in modo diverso ai propri sforzi.
Ricordiamo come rischi e benefici siano spesso due facce della stessa medaglia. Una educazione al videogioco è ormai parte di una necessaria e più ampia educazione al digitale.
Facciamoci aiutare dalla classificazione PEGI nello scegliere quali giochi acquistare, ma avendone chiari i limiti.
Non siamo troppo severi con le nostre “infrazioni”, ad esempio quando scegliamo di usare il videogioco come intrattenimento durante un lungo viaggio, pensiamo piuttosto a come queste possono essere parte di un piano educativo a lungo termine. Riflettendo anche sul rapporto che abbiamo noi adulti con il divertimento digitale, che magari consiste nello scorrere i social.
Sforziamoci di comprendere quello che accade sullo schermo non solo per giudicarlo, ma per per capire insieme cosa lo renda importante e che significato gli diano genitori e figli. In questo modo possono diventare un collegamento agli interessi fuori dallo schermo e alle sfide che si incontrano crescendo.
Bibliografia
Jiow, H. J., & Lim, S. S. (2012). The evolution of video game affordances and implications for parental mediation. Bulletin of Science, Technology & Society, 32(6), 455-462.
Jiow, H. J., Lim, S. S., & Lin, J. (2017). Level up! Refreshing parental mediation theory for our digital media landscape. Communication Theory, 27(3), 309-328.