L’immortalità di Hercules (e di altri classici del nostro cuore)

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Scenari grafici pazzeschi, open world, I.A. futuristica, video interattivi e gameplay innovativo? No. Oggi ho preferito giocare ad Hercules. Esatto, proprio la versione uscita nel 1997, basata sull’omonimo film d’animazione. Nonostante i videogiochi a disposizione oggigiorno siano meravigliosi, certe volte preferisco rimettere mano ai vecchi classici, e credo di non essere l’unico. Non si tratta, infatti, solo di giochi che hanno segnato un’epoca, ma anche la nostra vita e la nostra immaginazione. Nonostante Hercules non sia minimamente paragonabile ad Uncharted o a Dead Space, ogni tanto preferisco il caro Phil che dice «Bene! Niente male ragazzo! Non è proprio quello che avevo in mente… ma niente male!». Perché? Si tratta di un gioco inferiore sotto ogni punto di vista rispetto a quelli di nuova generazione: come mai decido di farlo girare nella console, e di lasciare Nathan Drake e Isaac Clarke nella loro custodia?

La spiegazione che mi sono dato è che il buon vecchio titolo Walt Disney riesce ancora ad infondermi forti emozioni. Mi era stato regalato da mia nonna quando ero bambino, una mattina di Natale, ed è stato il mio primo gioco di sempre, basato su un film che mi piaceva tantissimo. Pur non essendo equiparabile ai titoli odierni, ne ho un ricordo talmente bello che proprio le emozioni ad esso associate assumono un ruolo centrale mentre lo gioco. Mi era piaciuto così tanto da piccolo che non può più non divertirmi. Questo fenomeno non è nuovo a nessuno. Vi siete mai chiesti da cosa può essere determinato? La teoria del Core Affect, elaborata da James Russel, tenta di darne una spiegazione: essa sostiene che la valenza emotiva ed affettiva associata ad un evento determina le reazioni successive ai medesimi stimoli: uno specifico oggetto può suscitare in noi piacevolezza o dispiacere, e, allo stesso tempo, può renderci attivi o lasciarci perfettamente calmi. A seconda delle combinazioni presenti tra questi quattro vertici (spiacevole-piacevole vs. deattivazione-attivazione), si produrrà un certo stato fisiologico, valutato come positivo o negativo. Ad esso, infine, si associano sempre delle proprietà affettive, che determineranno la percezione globale dello stimolo anche in futuro.

Il mio primo impatto con il gioco di Hercules, avvenuto in tenera età, era stato altamente piacevole ed eccitante. Inoltre, lo associo tutt’ora a ricordi molto importanti, come il Natale passato con i miei familiari, al bene che mi voleva mia nonna, e al senso di meraviglia che provavo nel giocare per la prima volta ad una console. A questi ricordi, ovviamente, se ne aggiungono altri, tutti estremamente belli e altrettanto importanti. Non può non piacermi. Ecco spiegato perché lo preferisco, talvolta, a titoli molto più blasonati.

I giochi della prima infanzia esercitano sempre un fascino speciale su di noi. Potrebbe essere questo il motivo per cui molte case di produzione stiano sviluppando remake in HD di vecchi classici che hanno segnato i primi anni di vita di molte generazioni (basti pensare alla trilogia di Prince of Persia e Ratchat & Clank). Fare leva sulla nostalgia sembrerebbe una tattica commerciale apprezzata. Riassunto con la saggezza di un detto popolare, «si torna sempre dove si è stati bene».

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