Detroit: Become Human – Un’esperienza interattiva alla scoperta di cosa rende umani

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Quantic Dream non delude

Identità, etica, pregiudizi e segregazione. Queste sono le tematiche presentate in Detroit: Become Human, il nuovo capolavoro di David Cage. Un’avventura grafica che richiede al giocatore di compiere scelte in una realtà in cui uomini e androidi convivono, gli ultimi al servizio dei primi. Un titolo che si dimostra perfettamente all’altezza di Heavy Rain e Beyond: Due anime, i suoi predecessori firmati Quantic Dream.

I protagonisti, Markus, Connor e Kara, sono tre fra i milioni di androidi che nel 2038 hanno sostituito l’uomo in molte attività quotidiane operando come autisti, baby sitter, personal shopper, governanti o poliziotti. Tale realtà fa emergere due punti di vista, che si contrappongono per l’intera durata del gioco: la condizione degli androidi e quella degli umani. Se da una parte, infatti, il giocatore è chiamato a riflettere sulla legittimità ed eticità legata all’esistenza degli androidi, dall’altra, diversi sono i richiami alle conseguenze che la loro diffusione ha avuto sulle vite degli umani. Non a caso, nei primi minuti di gioco, Connor si imbatte in un gruppo di manifestanti “no-droids”, che riconoscono gli androidi come responsabili della perdita del loro posto di lavoro.

 

Empatia e devianza

Nonostante ciò, l’elemento più intrigante presentato da questo titolo è l’interazione che sviluppa con il giocatore. A quest’ultimo, infatti, viene dato il potere di decidere il destino dei protagonisti, scegliendo fra alternative che vanno a toccare tematiche etiche e morali non indifferenti. Di fronte a queste scelte, il giocatore si sente messo alle strette, obbligato a prendere decisioni rispetto a questioni sulle quali non ha mai dovuto o voluto riflettere.

 

Ma da cosa deriva questa difficoltà?

La trama di Detroit: Become Human ruota attorno ad un avvenimento: il diffondersi della devianza. Questa permette agli androidi di acquisire consapevolezza rispetto alla condizione di sottomissione a cui la Cyberlife li ha condannati e di provare emozioni umane in tutto e per tutto, dall’amore al desiderio di vendetta. Da questo momento, inizia una battaglia contro i propri creatori, padroni e dominatori (se violenta o pacifica sta a voi deciderlo), allo scopo di poter finalmente ottenere diritti e libertà, al pari degli uomini. Tali motivazioni, unite alle circostanze vissute dai protagonisti, non possono che far provare una forte empatia a chi, come noi, li osserva.

Infine, bisogna considerare la rilevanza sociale che la diffusione e l’accettazione dell’IA (Intelligenza Artificiale) rivestono nella realtà attuale. Ad oggi, infatti, la robotica ha invaso molte attività umane, basti pensare alle macchine automatiche nelle industrie, ai robot di servizio o di soccorso e, infine, alla diffusione di robot umanoidi in ambito educativo (vedi BlueBot e MecWilly). Detroit: Become Human, in particolare, propone una riflessione su quest’ultima tipologia di IA che, stando ai dati presentati da Cingolani e Metta (2015), diventerà sempre più richiesta. Infatti, l’incremento della popolazione over 65 dei prossimi anni porterà con sé un aumento drastico della domanda per lavori di assistenza. Al contempo, la crescita della popolazione mondiale, legata ad una migliore qualità della vita e ad una maggiore sicurezza, implicherà un più ampio e diffuso controllo e monitoraggio delle aree urbane. Entrambe necessità che, come il gioco stesso mostra, possono essere soddisfatte da androidi.

 

Dal videogioco alla realtà

Ma quali sono i principi da seguire per creare robot umanoidi del tutto simili a noi?

Prima di tutto, è necessaria la collaborazione fra differenti discipline, matematiche ed umanistiche. L’androide, infatti, non è un semplice insieme di componenti, ma è programmato imitando il funzionamento cerebrale umano e, essendo il suo fine ultimo l’inserimento nelle attività umane CON gli umani, ne deve saper comprendere ed imitare anche il comportamento sociale. Inoltre, è ancora necessario superare alcuni limiti ingegneristici che rendono l’IA inferiore al cervello umano in termini di velocità e potenza di elaborazione, per non parlare delle questioni etiche legate ai processi decisionali. Infatti, quali decisioni operative possono essere lasciate alla discrezionalità dell’IA e quali invece devono rimanere sotto il controllo dell’uomo? Chi definisce la linea di confine e su chi ricadrebbe la responsabilità di un errore?

 

Per rispondere a queste domande e a quello che David Cage presenta come uno scontro inevitabile tra androidi ed umani, è necessario definire e diffondere una cultura incentrata sull’educazione e sull’accettazione, che metta in luce le implicazioni legate all’utilizzo delle nuove tecnologie e le ripercussioni che queste comportano sulla nostra vita.

E voi, avete giocato questo titolo? Quale pensate sia il futuro che ci aspetta?

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Riferimenti bibliografici

Cingolani, R., & Metta, G. (2015). Umani e umanoidi: la nostra vita con i robot. Il mulino.

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