“Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata forse non è che un fragile vetro”, questa frase di Yukio Mishima ci permette di introdurre l’argomento di cui parleremo in questo articolo: Ghost of Tsushima, il videogioco prodotto nel 2020 da Sucker Punch.
Ghost of Tsushima narra la storia di Jin Sakai, samurai che, per difendere l’isola giapponese di Tsushima dall’invasione mongola dell’anno 1274, mette la sue capacità di guerriero e la propria vita al servizio del suo Paese. Impersonando il samurai si ha l’opportunità di vivere la gelida sconfitta, la tiepida speranza e l’incandescente trionfo.
La morale del guerriero
Il primo aspetto di Ghost of Tsushima che salta all’occhio è l’estrema cura per i dettagli caratteristici che fanno parte della cultura giapponese. Oltre alle ambientazioni particolarmente suggestive, si può anche osservare l’evidente sforzo degli sviluppatori statunitensi nel riprodurre importanti elementi storici e tradizionali nipponici. Ampio spazio viene infatti dedicato agli insegnamenti che guidano la morale del samurai, soldato onorevole e leale che deve completamente donare sé stesso alla via guerriera e al volere dell’Imperatore. Un guerriero che, in linea con la tradizione del soldato giapponese, ha l’obbligo di essere “veloce come il vento, silenzioso come il bosco, feroce come il fuoco, fermo come la montagna” (Vattani, 2020).
Gli elogi che il gioco ha ricevuto dalla critica e dal pubblico giapponese mostrano come Sucker Punch sia stato in grado di dare adeguatamente e fedelmente vita alla figura storica che voleva rappresentare, dimostrandosi quindi capace di comunicare in maniera corretta ed efficace gli elementi di una cultura e di una tradizione profonda, antica e complessa come quella del Sol Levante.
Un esempio della minuziosità del lavoro degli sviluppatori si può osservare nell’abilità avuta nel riprodurre la tipica componente ritmica giapponese, che si manifesta anche nel comportamento dei protagonisti della storia. In particolare, durante le interazioni e i duelli a cui si partecipa nelle vesti di Jin, si possono ben osservare le tre componenti di accenno, pausa ed esecuzione dell’azione. Il rispetto di questa sequenza è un qualche cosa che sfiora la sacralità nella cultura e nella psiche giapponese (Vattani, 2020).
Diventare lo Spettro
In Ghost of Tsushima, la vita di Jin e del popolo giapponese viene sconvolta dalla violenta guerra che imperversa sulla loro terra. L’essersi trovato di fronte alla morte e ad una minaccia assai peggiore per un samurai, la sconfitta in battaglia, esercita un peso quasi insopportabile sul protagonista. Per rimettersi in piedi, risanare l’onore danneggiato e salvare il suo Paese, Jin dovrà compiere delle scelte difficili, in grado di minacciare il codice morale che sempre ha seguito. Indossando le vesti dello Spettro, infatti, verrà lasciata al giocatore la scelta di agire nell’ombra per assassinare e sabotare i piani dei nemici, incutendo loro paura, oppure persistere nell’azione tipica del samurai, affrontando gli avversari guardandoli negli occhi e incrociando le spade.
Il dilemma a cui Jin è sottoposto è uno dei perni centrali dell’esperienza di gioco e il videogiocatore, pad alla mano, potrà scegliere quale strada seguire: persistere rimanendo fedele alla via del samurai o adattarsi, scoprendo nuove strade per agire e per portare a termine la propria missione.
Il dilemma di un samurai
Un concetto di questo tipo apre la strada, dal punto di vista psicologico, alla dissonanza cognitiva e ai meccanismi di disimpegno morale.
Si parla di dissonanza cognitiva quando una persona mette in atto un’azione che contrasta con le proprie convinzioni o regole morali. Una condizione di questo tipo determinerà l’emergere di forte disagio e, per trovare una soluzione a ciò, si potrà scegliere di seguire principalmente due strade:
- Interrompere il proprio comportamento;
- Agire sulle proprie convinzioni, modificandole.
Se si sceglie di seguire la prima strada, nel gioco ci si troverà a dover affrontare intere orde di pericolosi soldati nemici. In questo modo i valori morali del samurai rimarranno intatti, ma gli scontri inizieranno sempre a nostro sfavore, visto che ci troveremo da soli contro interi gruppi di avversari. Se si sceglie di seguire la seconda strada, invece, Jin potrà agire con il favore delle ombre, utilizzando tecniche assassine micidiali per togliere di mezzo un gran numero di nemici in pochissimo tempo e colpirli sul lato psicologico, facendoli sentire costantemente in pericolo di venir sopraffatti dallo Spettro di Tsushima. In questo secondo caso, però, i valori a cui il samurai ha consacrato la sua intera esistenza verranno traditi.
Di fronte a questo dilemma morale, il giocatore si troverà ad utilizzare delle tecniche di neutralizzazione, ossia degli espedienti finalizzati a ridurre o escludere del tutto la propria responsabilità morale “virtuale”. Qualora si deciderà di rinnegare la tradizione morale del samurai, verrà utilizzato il giustificazionismo morale. Attraverso questa tecnica, che fa parte dei più ampi meccanismi di disimpegno morale esposti da Albert Bandura, è possibile infatti fare appello a fini superiori per mettere in ombra la gravità dell’azione agita. Quale fine superiore migliore, per Jin, di salvare il proprio popolo e la propria terra?
È questa, probabilmente, l’unica “scappatoia” per un soldato imperiale. Pur di salvare ciò che ama, infatti, Jin dovrà adattarsi alle circostanze ed essere pronto non solo a mettere a repentaglio la propria vita, ma soprattutto a sacrificare il proprio onore di samurai.