Ho da poco terminato Valiant Hearts, e posso tranquillamente affermare che la Ubisoft ha sfornato dal nulla un capolavoro d’arte videoludica.
Valiant Hearts è un gioco con una grafica molto semplice, stile cartoon. Gli sviluppatori hanno creato il suddetto gioco usando lo stesso motore grafico (UbiArt framework) dell’ormai famoso videogioco fantasy “Child of light“, creato anch’esso dalla Ubisoft.
GIOCHIAMO LA STORIA! – 1914. Scoppia la Prima Guerra Mondiale, e la maggior parte dei civili è costretta ad arruolarsi nell’esercito per la propria nazione. Inizialmente, vestiamo i panni di Emile, un anziano contadino francese costretto a prender parte alla Grande Guerra. Emile lotterà contro i tedeschi al fianco di Freddie, un americano sopravvissuto all’attacco tedesco, con alle spalle un tragico passato. Parallelamente alla “guerra” combattuta da queste due persone, impersonifichiamo anche Anna, figlia di un ingegnere tedesco, costretto a costruire per la patria potenti armi belliche. Durante il suo tragitto alla ricerca del padre, incontreremo Karl, genero di Emile, che combatterà con l’esercito tedesco, ma con l’unico desiderio di ricongiungersi con la sua famiglia in Francia.
In poche ore di gioco (il videogioco non è troppo lungo, si può finire facilmente in 8 ore), dovremo impersonificare quattro personaggi di tre nazioni diverse (Francia, America e Germania), in periodi e battaglie storiche, caratteristiche della Prima Guerra Mondiale.
IMPARARE GIOCANDO – Apprendere nozioni storiche non è mai stato così divertente e commovente!
Vedremo la Grande Guerra in una luce totalmente nuova. I personaggi che impersonifichiamo, infatti, hanno la caratteristica principale di essere “umani“, cosa che molti giochi di guerra ormai non tengono più conto.
Non andremo in giro a sparare alla gente nemica, senza curarci di niente, anzi: con Emile, vedremo come vivono i garzoni durante il conflitto mondiale. Con Karl, fatto prigioniero di guerra dalla Francia, vedremo come i soldati trattavano i carcerati, facendo far loro lavori imbarazzanti e faticosi. Immedesimando Anna, invece, dovremmo curare feriti e vittime, fregandocene altamente della nazionalità di appartenenza.
Questo perchè, a seconda della nazionalità di appartenenza, la vita è vita, e ognuno ha il diritto di viverla.
In più, all’inizio di ogni capitolo, avremo una sintesi dell’avvenimento che staremo ad affrontare. Questo sarà fondamentale per quanto riguarda l’apprendimento del videogiocatore, che “vivrà” in terza persona gli avvenimenti storici della guerra, battaglia dopo battaglia, leggendo in poche righe la descrizione storica di quello che realmente è accaduto.
ROMPICAPI E PENSIERO – Valiant Hearts è, innanzitutto, un videogioco ad enigmi. Il giocatore dovrà affrontare rompicapi per tutta la durata del gioco. Oltre a favorire, così, l’apprendimento delle nozioni storiche, il videogioco svilupperà il pensiero critico del giocatore, costretto a fare tortuosi ragionamenti prima di finire il difficile livello. Se, però, il giocatore si dovesse bloccare in un qualche punto, un piccione viaggiatore porterà un suggerimento su come proseguire nel gioco.
MUSICA E CORPO – Questo gioco, poi, sfrutta la sinestesia tra corpo e musica. Saremo spesso costretti (ma non ce ne dispereremo, tranquilli) a evitare sparatorie a ritmo di musiche classiche, come Beethoven. Dovremo schifare i proiettili che mirano alla nostra vita seguendo le note di famosi brani. Questo, quindi, stimolerà l’attenzione uditiva, poco incrementata nella maggior parte dei giochi.
In conclusione, ho adorato Valiant Hearts sotto tutti i punti di vista. Dura il giusto, impari divertendoti e crei un’empatia unica con i vari personaggi del gioco, che ti restano nel cuore. La componente grafica, poi, seppur semplice rende il gioco un capolavoro d’arte videoludica.
Consigliato a tutti.
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