Il grado di realismo è una delle caratteristiche principali dei videogiochi di ottava generazione, la quale fa della tecnologia VR il suo stendardo. È tramite un visore che al giorno d’oggi diviene possibile immergersi in una realtà fantastica e di viverla tramite gli occhi del protagonista del gioco. Innumerevoli case di sviluppo fanno del realismo videoludico il loro punto forte, sfruttando questa proprietà per confondere i sensi del giocatore e costringendolo a rivalutare il suo modo di giocare.
Eppure, una domanda sorge spontanea: prima dello sviluppo dei sofisticati software grafici odierni, quali erano le strategie attraverso le quali un videogioco permetteva al giocatore di immedesimarsi nel protagonista della storia?
Un esempio perfetto di questo tipo di coinvolgimento sensoriale è Eternal Darkness: Sanity’s Requiem (2002) pubblicato per la console Nintendo GameCube.
La storia racconta di Alexandra Roivas che, in mancanza di competenza da parte della polizia locale, cerca di risolvere il misterioso omicidio di suo nonno. Rovistando tra gli averi della vittima, Alexandra trova un vecchio libro rilegato con pelle e ossa umane: il Libro delle Tenebre. Questo particolare libro intriso di magia oscura permette ad Alex di rivivere le esperienze di diversi personaggi che, nei secoli, sono venuti a contatto con lo stesso testo. Man mano che legge i capitoli Alex, turbata dalle macabre vicende dei personaggi, perde gradualmente sanità mentale, portandola ad inquietanti e talvolta spaventose allucinazioni.
In questo titolo il videogioco trasmette dei chiari segnali al giocatore che indicano la compromissione dell’attività psichica del protagonista. Con l’avvento di questo titolo infatti, viene introdotta nell’interfaccia grafica di gioco la barra della salute mentale. Questa nuova statistica sarà influenzata dalle inquietanti situazioni in cui si troverà il protagonista e il funzionamento è molto semplice: più la barra si riempie, più è corrotta la salute mentale del soggetto. Questo si traduce in attimi di follia, paranoie e deliri che sono sintomi riconducibili a disturbi mentali realmente diagnosticabili.
Eternal Darkness: Sanity’s Requiem, tuttavia, costruisce il proprio grado di realismo videoludico attraverso la rappresentazione grafica degli effetti prodotti dal riempimento di questa barra. Il giocatore infatti sarà in grado di percepire questi sintomi contemporaneamente al personaggio del videogioco. Ogni qualvolta la barra della sanità mentale raggiunge il limite, oltre che percepire l’avvento della follia tramite il comportamento del personaggio nel gioco, il giocatore stesso può sperimentarlo in prima persona: può capitare, ad esempio, che durante una sessione di gioco si spenga il televisore, si alzi improvvisamente il volume o molto più banalmente una mosca passa davanti lo schermo.
In realtà nulla di tutto ciò accade realmente: sono effetti prodotti dal gioco che vengono interpretati istintivamente da noi giocatori come fenomeni anormali, alterando la nostra percezione e costringendoci a rivalutare il nostro gameplay. È un istinto naturale che agisce come meccanismo di difesa, che ci porta a procedere in maniera più cauta o a nasconderci sotto un tavolo quando la visuale comincia a offuscarsi e una crescente musica di tensione ci fa accapponare la pelle. In questo caso è proprio il videogioco a dettare le regole di questo “gioco di ruolo” dove il giocatore è uno spettatore attivo, che prende le decisioni per il suo avatar all’interno del gioco, venendo comunque influenzato a livello emotivo da ciò che avviene su schermo.

Il tipo di gameplay di ogni giocatore è genuinamente soggettivo, soprattutto in videogiochi survival o strategici, dove la gestione delle scelte diventa cruciale per lo sviluppo della propria esperienza di gioco. Talvolta però, il modo di giocare viene indirettamente influenzato dal videogioco stesso, e da quanto questo sia realistico, come abbiamo visto in Eternal Darkness, ma anche Amnesia: The Dark Descent (2010), Hellblade: Senua’s Sacrifice (2017) e tanti altri titoli che fanno leva sul lato emotivo del giocatore per creare un’esperienza di gioco unica per ogni utente.
Per un curioso approfondimento vi invito a leggere l’articolo Sindrome di Lavandonia? Arriva anche l’effetto Porygon! che spiega come, talvolta, anche i cartoni animati riescono a suscitare alterazioni dello stato di coscienza dello spettatore.
2 Commenti
Interessante la questione VR con giochi di questo genere! Esistono già dei titoli del genere?
Assolutamente sì! Sono parecchi i titoli horror e survival horror che supportano la tecnologia VR. Alcuni esempi che vale la pena citare sono sicuramente Resident Evil 7: Biohazard e Home Sweet Home 🙂