Come narrazione interattiva, i videogiochi sono in grado di regalare ai loro utenti una moltitudine di emozioni. Andiamo a vedere in questa breve rassegna quali sono e in che situazioni si manifestano.
“Sta tutto giorno lì, incollato a quel gioco”. Classico cliché utilizzato da chi di videogiochi sa ben poco, per indicare qualcuno che trascorre del tempo (a suo dire tanto) videogiocando. Questa frase però, al suo interno cela più del semplice “si sta dedicando al gioco”, si perché l’intenzione comunicativa veicola anche, innanzitutto una non condivisione del passatempo, e poi anche una forma di preoccupazione verso tale gioco, che sembra assorbire la mente del suo utente, rendendolo una specie di zombie assuefatto. Mai illazione fu più sbagliata. Nella mente di un videogiocatore infatti c’è, oltre ad una serie di calcoli e valutazioni complesse utili all’ottenimento di risultati soddisfacenti nel gioco, anche un’intensissima attività emotiva. Non ne siete convinti? Allora eccovi le tre emozioni più suscitate dai videogiochi:
- GIOIA
– Un po’ scontata, ma è sicuramente la più frequente. Pensiamo a tutti i momenti in cui raggiungiamo un obbiettivo: dal semplice completare un livello, allo sconfiggere un boss, la reazione non può essere che gioiosa, o quantomeno soddisfacente. Inoltre tale emozione è spesso amplificata dalla difficoltà del compito. Ad esempio se passo il primo livello di Super Mario potrò reagire in maniera entusiasta per la novità, ma potrò anche manifestare un basso livello di soddisfazione in quanto la mia valutazione del livello è di “livello semplice”. Pensate invece a quanto sconfiggete un boss che fin ha tenuto lì per giorni, come ad esempio il nemico finale di qualche Final Fantasy o a quando vi sbloccate risolvendo un enigma che non vi permetteva di procedere da settimane. Li la gioia sarà indubbiamente maggiore, da un lato perché potete proseguire (o cambiare gioco qualora l’aveste terminato) e non dovrete più vedere quel livello orrendo, mentre dall’altro perché siete consapevoli di aver superato qualcosa di difficile. Inoltre non dimentichiamo di considerare le situazioni di competizione/cooperazione: spesso le situazioni sociali, nell’utilizzo dei videogame, facilitano l’espressione delle emozioni, in quanto le utilizziamo come messaggi comunicativi. Pensate a quanto fate un gol al vostro amico in FIFA, quanti di voi esultano? O quando giocando a un MMORPG sconfiggete un boss cooperando.È facile che la gioia sia espressa anche verbalmente per interagire con il vostro compagno di gioco.
- RABBIA –
Ecco l’altra faccia della medaglia. Si perché se il superare livelli, lo sconfiggere boss e il risolvere enigmi può suscitare gioia, il non riuscirci può elicitare rabbia, o quantomeno frustrazione. In questo campo trovo che il già citato FIFA non abbia paragoni: tra torti arbitrali, rimpalli antigravitazionali che favoriscono il CPU, pali ed aste che colpite solo voi e chi più ne ha più ne metta, il livello di frustrazione è molto alto e di conseguenza anche quello di rabbia percepita. Già perché nei videogiochi il fenomeno strettamente correlato alla rabbia è la percezione di ingiustizia. Non è tanto il vincere o perdere, visto che comunque si può sempre rigiocare, ma bensì il fatto di non ricevere quanto ci si meriterebbe. Ad esempio sto facendo una partita a Mario Kart, sono primo da tutta la gara e proprio sul traguardo mi arriva una tartaruga blu. L’esplosione mi fa terminare terzo. Questo terzo posto sarà sicuramente più frustrante di un terzo posto ottenuto in rimonta, o anche solo di un terzo posto ottenuto senza mai essere stato primo. Come mai? Perchè nel primo caso meritavo di vincere. Chi lo decide cosa meritavo? La nostra autovalutazione della gara. Per questo tante volte capita di discutere con gli amici in quanto loro sostengono di meritare di vincere mentre voi affermate il contrario. Ognuno fa la sua valutazione della propria realtà, a seconda del risultato poi, potrà esserci una discrepanza. Maggiore sarà questa discrepanza e maggiore sarà la frustrazione e conseguentemente la rabbia.l’avventura.
- COMMOZIONE –
In “la narrazione virtuale dei videogames” abbiamo definito i videogiochi come una narrazione digitale interattiva. Dunque come per qualsiasi narrazione che si rispetti, l’aspetto commovente-empatico non può essere omesso. Pensate a giochi come To The Moon, Final Fantasy o Second Son, tutti giochi con finali molto commoventi. Prendiamo l’esempio di quest’ultimo, il protagonista alla fine disegna un graffito per ricordare il fratello scomparso duranteUn’immagine da nodo alla gola. Ma come è possibile che un videogioco sia così toccante? Ebbene questi giochi, come narrazioni 2.0 appunto, fanno leva su meccanismi che facilitano l’identificazione dell’utente col suo protagonista. Questa identificazione mette l’utente nei panni dell’avatar, ponendo il giocatore in condizione di sentire le stesse emozioni che si presume l’alter ego digitale stia sentendo. Ecco che quindi pare chiaro come sia facile sentirsi commossi di fronte alle vicende raccontate in diversi videogames.
Queste emozioni, a nostro giudizio, sono le più frequenti, ma ce ne sono molte altre che potremmo citare. Se ce ne sono altre per cui vorreste che venga pubblicato un articolo segnalatecele!