Benvenuti nel CAVE! – Esperienza all’Istituto Auxologico Italiano

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Qualche giorno fa, nella fredda Milano, mi è stato proposto di partecipare ad uno studio sperimentale in un setting tanto tecnologico quanto inusuale, se si pensa all’immaginario collettivo classico di studio sperimentale. La maggior parte dei cosiddetti Nativi Digitali, infatti, ha spesso fantasticato su realtà virtuali che andassero oltre la percezione visiva e sonora (raggiunta ora dalla VR, ad esempio) , che sfondassero la barriera della propriocezione e fondessero il senso di presenza percepita in un ambiente virtuale con quello di presenza agita in un ambiente fisico generando, letteralmente, una realtà virtuale.
Questa percezione è stata creata attraverso il Cave, uno strumento/stanza di forma cubica che misura 2.5 metri in ogni sua dimensione di grandezza. Questa meraviglia tecnologica, che si trova presso l’Istituto Auxologico Italiano con sede in Milano, è dotata di un sistema di telecamere che proiettano su ogni parete la realtà virtuale in 3D, mantenendo una visione prospettica e permettendo una grande possibilità di immersione simulativa.

A testimonianza di questa immersione, vale la pena raccontare in breve l’esperimento stesso: questo consisteva nel prendere le veci di un anziano, afflitto da un disturbo motorio, e simulare il momento della giornata in cui egli deve svolgere attività fisica riabilitativa, nello specifico utilizzare la ciclette. Fornito del joystick per interagire con il sistema, ho iniziato l’esperimento entrando nella prima stanza che ho visto e sedendomi sulla ciclette. L’ambiente non era iper dettagliato dal punto di vista grafico, ma grazie anche alla profondità della stanza, rendeva molto bene l’illusione del sentirsi realmente lì: durante la sessione sperimentale di 15 minuti ho passato buona parte del tempo a guardarmi intorno e mai una volta ho pensato di essere in un laboratorio scientifico. L’illusione della casa della signora Simona era ovviamente fittizia, ma così ben calibrata da farmi trascorrere buona parte della pedalata di salute a cercare di leggere i titoli in costa ai libri riposti sullo scaffale sopra il letto piuttosto che guardare le fronde degli alberi fuori dalla finestra, anziché pensare agli strumenti che ho indossato per rilevare il biofeedback. L’esperienza sperimentale è così diventata qualcosa di nuovo, che sfonda la parete del virtuale, immergendo l’utente in un contesto ibrido che resta virtuale, ma è calato in un setting fisico reale, che va quindi oltre un codice di programmazione.

Le potenzialità di questo sistema sono enormi, e lo dimostrano i molti protocolli che potrebbero essere
sviluppati in base alle diverse necessità. L’ambiente che più colpisce è la simulazione di un ufficio con la possibilità di entrare in tre diverse stanze, che può essere utilizzato per il trattamento di attacchi di panico dati dall’esposizione ad un pubblico, o la più semplice paura di parlare in pubblico: se in una prima stanza si può avere un colloquio uno ad uno, nelle altre il numero di spettatori aumenta, passando prima ad una piccola riunione con diverse persone sedute intorno ad un tavolo fino ad arrivare ad una sala conferenze gremita. Allo stesso modo, è possibile utilizzare ambienti come una cascata tropicale o un bel falò in montagna per protocolli di rilassamento, in cui l’intensità della cascata o del fuoco variano in base ai parametri fisiologici del soggetto: man mano che egli si rilasserà, apprendendo tecniche che potrà utilizzare anche nella vita reale, vedrà affievolirsi il fuoco o il getto della cascata, ritrovandosi comunque immerso in un ambiente ben lontano da quello cittadino.
Passando invece a patologie più debilitanti, il Cave e la Telepresenza Immersiva Virtuale (ITV) da esso offerta sono strumenti molto validi per il training di pazienti affetti da patologie cognitive e motorie, come può avvenire in seguito ad un ictus, e anche per il trattamento di quadri sintomatologici assimilabili alla malattia di Parkinson. Potendo ricreare gli ambienti più disparati, è possibile assistere il paziente durante un episodio di “vita quotidiana” (le virgolette sono doverose), portando quindi ad un suo più facile reinserimento all’interno del contesto domestico abituale. Per il momento, quella dell’Istituto Auxologico è una realtà unica in Italia, ma che promette più che bene e che, speriamo, potrà diffondersi e diventare la norma, dando ad esperti del settore e pazienti uno strumento in più per combattere la propria guerra contro deficit e patologie.

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