La scuola e i vari insegnanti sono stati spesso incapaci di coinvolgere i propri studenti, a far apprendere in modo comprensibile o duraturo nozioni o argomenti sia astratti che concreti, ma soprattutto a suscitare un reale interesse per le materie presentate.
Per un bambino e per un adolescente, lo studio appare in gran parte dei casi un peso, una fatica che preferirebbe evitare e che si sente costretto a sostenere, perseverando malvolentieri o rinunciandovi dopo alcuni ostacoli.
Il ruolo di un insegnante è ovviamente quello di istruire e formare degli alunni, il problema è che uno stesso metodo di insegnamento non vale per tutte le persone, molti si ritrovano a sentirsi disorientati, suggestionati perché esposti a possibili critiche o derisioni, altri possono venire distratti e cosa più importante non si terrebbe poi conto delle diverse capacità di apprendimento che ciascuno possiede, orientate in base al carattere, alle passioni e ai talenti, per non parlare della volontà.
Howard Gardner, psicologo molto influente e celebre in questo ambito, formulò la teoria delle intelligenze multiple, la quale espone il concetto che ogni individuo possiede una serie di diverse intelligenze (che spaziano da quella linguistica a quella matematica, da quella sociale a quella fisico-motoria ecc…) e a mio avviso è da tale concezione delle cose che si può improntare/introdurre il discorso che desidero trattare, ossia il rapporto che intercorre tra i videogiochi e l’istruzione.
Come già detto in precedenti articoli, il videogioco è al giorno d’oggi uno strumento eccezionale, che sa intrattenere, emozionare, influenzare e in molti casi istruire, ma prendiamo degli esempi anche banali che possono far riflettere sull’argomento, aprendo una finestra anche sul passato videoludico che possono aver avuto molte persone.
In passato i videogiochi venivano di rado doppiati e in vari casi non venivano neppure tradotti. In molti si sono affacciati alla lingua inglese proprio grazie ai videogame, ampliando il proprio vocabolario, oppure muovendo i primi passi nel mondo della tecnologia, nella programmazione e nel linguaggio informatico.
Oggi, grazie alla componente social, i videogiochi sono divenute quelle piazze di incontro e di dialogo con persone provenienti da altre regioni del mondo che i nostri cari insegnati ci suggerivano a intrecciare, con cui potersi mettere alla prova per far pratica con lingue straniere e apprendere nuovi contenuti.
Il videogioco è divenuto anche un modello di apprendimento, innumerevoli applicazioni e corsi di vario genere poggiano su una struttura costruita in maniera tale da apparire come giochi, con premi e penalità, in più nel campo della riabilitazione cognitiva il videogioco ha consentito a svariate persone di potersi mettere alla prova, allenare la propria mente per arginare e venire incontro a difficoltà mentali o motorie dovute a malattie, lesioni o semplicemente a causa della vecchiaia.
In molti istituti sanitari, da quelli psichiatrici ai complessi geriatrici, l’introduzione di videogiochi incentrati sull’esercizio mentale o fisico ha giovato sia sulla salute fisica e mentale, sia quella sociale dei pazienti, mentre in ambito accademico sono state condotte diverse ricerche che hanno dimostrato come l’utilizzo di tali strumenti abbiano semplificato o addirittura migliorato l’approccio verso lo studio di numerosi studenti, diventando una componente utile se non addirittura unica per formare determinate persone.
La conclusione a cui intendo giungere non è quella che il videogioco si debba ritrovare come sostituto agli insegnanti, ai riabilitatori o ai docenti di formazione, ma è quella di svincolare l’idea che il videogioco sia solo fonte di distrazione e di svago, mostrando come in realtà esso sia stato in grado anche in modo inconsapevole di educare, informare e istruire in modo divertente sin dalle sue origini, arricchendo e non svuotando la mente di chi vi giocava.
I videogiochi, sia quelli passati che quelli moderni, hanno spinto i giocatori a ragionare, impegnarsi e apprendere nozioni ai fini sia per il superamento di un livello, sia per suscitare interesse e elargire conoscenze (storiche, fisiche, matematiche o quant’altro), ritrovandoci oggi con il rovescio della medaglia, con l’abbandono della critica e l’abbraccio a questo metodo d’insegnamento, non infallibile, ma rapido e immediato, più semplice e adatto a tutti, ma soprattutto più coinvolgente e ovviamente piacevole.