Il buono, il brutto e il cattivo: studio sugli effetti positivi e negativi dei videogiochi!

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Quando si parla di videogiochi violenti, prontamente si insinua che possano influenzare negativamente i ragazzi, specialmente per quanto riguarda la gestione della loro aggressività: “i videogiochi violenti hanno influenze negative sui giovani e sul loro cervello, rendendoli più cattivi”, recita il senso comune. Sbagliando, perché, come più volte abbiamo scritto, non esiste alcuna prova su questo fantomatico legame tra videogiochi e violenza, e nemmeno tra uso di videogame e conseguenze negative sul cervello. Al contrario, sono numerosi i videogame che migliorano molte abilità cognitive. Ovviamente, il senso comune non si preoccupa di sostenere le sue argomentazioni con delle evidenze scientifiche. Qualche obiettore convinto che un videogioco violento possa avere effettivamente conseguenze negative sulle persone, come aumentare l’aggressività o diminuire le capacità intellettive, potrebbe pensare che sia stata pubblicata in passato qualche ricerca sull’argomento, e cercarne i risultati su un motore di ricerca. Troverebbe link di molti articoli che sostengono la sua opinione. Ci saranno mai delle ricerche pronte a sostenere con risultati validi che i videogiochi rendono gli uomini violenti?

Già una volta, unendoci ad altri studiosi del settore, avevamo criticato quegli studi che misuravano i livelli di aggressività nei videogiocatori nei minuti immediatamente successivi alle sessioni di gioco, proponendovi, invece, una ricerca molto interessante che dimostrava l’inesistenza di conseguenze neurologiche sui livelli di aggressività nelle persone che erano solite usufruire di videogame violenti per diverse ore al giorno da tanti anni (per saperne di più clicca qui). Questa volta vogliamo fare un piccolo passo avanti, e proporvi una meta-analisi di C. J. Ferguson (2007), che si è proposto di valutazione i risultati di quelle ricerche pubblicate tra il 1995 e il 2007 che hanno studiato le connessioni tra aggressività e uso di videogiochi violenti. Inoltre. Per cui, possiamo riassumere tutto con questa domanda: quanto sono state effettivamente valide le principali ricerche che hanno studiato le relazioni tra l’uso di videogiochi violenti e l’aggressività nelle persone? E cosa sostengono queste ricerche sull’uso di videogiochi violenti e le abilità cognitive?
Nella sua analisi, Ferguson (2007) ha escluso le ricerche degli anni precedenti al 1995 per la maggior diffusione dei videogame negli anni successivi e per la grande differenza di modalità di gioco e contenuto che presentavano rispetto alle decadi precedenti: grafica più realistica, I. A. più efficiente e impatto audio-visivo maggiore sono elementi che differenziano in modo sostanziale i giochi del periodo preso in esame rispetto a quelli disponibili per piattaforme come SNES negli anni ’80. Con quali criteri sono state scelte le ricerche esaminate escludendone altre? Come criterio di selezione, il ricercatore ha preferito focalizzarsi su quegli studi in cui le variabili dipendenti riguardavano un comportamento aggressivo a tutti gli effetti, dato che tante analisi avevano sottolineato l’impatto di questi giochi sullo sviluppo di fantasie aggressive, che però restavano fini a se stesse, sterili, non conducevano ad un’aumentata aggressività. In altre parole, molte ricerche esaminavano le fantasie aggressive, pensieri violenti, e altri elementi che, per comodità, venivano etichettati come “aggressività”, nonostante non consistessero in un comportamento aggressivo. Per evitare confusioni varie, ci si è fermati su quegli studi che analizzavano il comportamento aggressivo inteso come una violenza espletata a tutti gli effetti. In secondo luogo, furono scartate anche quelle ricerche che non avevano fatto distinzioni tra videogame violenti e videogame non violenti. Tanti studi si erano proposti di esaminare il nesso tra videogiochi violenti e aggressività, ma procedendo senza la giusta precisione e confondendo le carte in tavola.

Cosa ha scoperto effettivamente Ferguson nella sua meta-analisi? Provate ad indovinare. Nelle ricerche da lui esaminate non emerse alcuna prova significativa che l’uso di videogiochi violenti incrementi l’aggressività nelle persone. Un risultato inaspettato, vero? Eppure potrebbe essere contestato, perché sono numerose le ricerche che sostengono di aver scoperto il contrario. È proprio qui che si inserisce il contributo principale apportato da Ferguson: non ha solo raccolto i risultati delle principali ricerche pubblicate tra il 1995 e il 2007, ma ne ha “corretto” gli errori. Le ricerche di psicologia, infatti, necessitano di diversi calcoli probabilistici da effettuare prima di estenderne i risultati alla popolazione comune. Uno dei più importanti riguarda la cosiddetta “potenza dell’effetto”, ovvero un calcolo che cerca di “dedurre” quanto l’effetto osservato in laboratorio sia estendibile alle altre persone. Ovvero: oltre alle persone su cui è stata effettuata la prova di laboratorio, o su cui è stato osservato un certo effetto (la cosiddetta “popolazione campionaria”), quanto può effettivamente essere generalizzato il risultato trovato? Purtroppo molti ricercatori si dimenticano spesso di rispondere a questa domanda nelle loro ricerche. Ferguson ha ripreso in mano gli studi principali sull’argomento e ha pensato bene di fare questo calcolo laddove fosse stato dimenticato. Quando la potenza dell’effetto veniva calcolata, gli effetti “perturbanti” dei videogiochi violenti sull’aggressività dei giocatori venivano incredibilmente ridimensionati, dimostrando che l’asserzione per cui i videogiochi violenti conducano le persone ad assumere un comportamento più aggressivo non è sostenibile. Al contrario, era stato notato che giocare a questo tipo di videogame migliorava discretamente le competenze visuo-spaziali delle persone. L’analisi della potenza dell’effetto per quanto riguardava quest’ultimo punto aveva dato esito positivo. Tanto per dimostrare, per l’ennesima volta, che l’uso moderato e consapevole di videogiochi, anche violenti, non fa male ma può portare dei benefici, tra cui il miglioramento delle abilità cognitive e, soprattutto, il divertimento.

Fonti
Ferguson, C. J., The Good, The Bad and the Ugly: A Meta-analytic Review of Positive and Negative Effects of Violent Video Games, Psychiatr Q (2007) 78:309–316.

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