Gioca gratis, paga per cosa?

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Il fenomeno delle microtransazioni, acquisti all’interno di giochi per ottenere contenuti aggiuntivi, può assumere proporzioni tutto fuorchè “micro” come in questo caso…

Non mancano comunque anche nel nostro paese situazioni simili, anche a danno di minorenni.

Colpisce come questo fenomeno sia spesso legato a giochi presentati come “free to playin grado di attirare un gran numero di utenti sfruttando non solo la gratuità ma anche l’accessibilità da piattaforme non dedicate al gaming come cellulare o tablet, nonchè attraverso meccaniche semplici ed accessibili. In questo modo è facile adescare un bambino che non può permettersi una console o l’adulto finora poco interessato a questo tipo di intrattenimento.

Evans (2015) ha individuato tre elementi particolarmente diffusi nel gameplay di questi titoli:

  • Simulazione di crescita: che si tratti di sconfiggere nemici o costruire fattorie virtuali l’obiettivo del gioco è raggiungere obiettivi sempre più elevati facendo uso di risorse interne al gioco. Spesso il tempo impegnato è molto più determinante rispetto all’effettiva abilità del giocatore, e se sono presenti eventi narrativi la loro interattività è molto limitata. Al contrario non mancano animazioni, suoni e messaggi di congratulazioni volti a sottolineare ogni nuovo avanzamento.
  • Narrativa infinita: la “storia” del gioco proprio perchè legata allo sbloccare elementi più che agli eventi in sè, non ha un vero e proprio obiettivo ma continua indefinitamente. Vengono piuttosto aggiunti nuovi obiettivi da raggiungere e sui quali investire ulteriori risorse.
  • Esperienza asincrona: nella tradizione dei giochi “mobile” volti a occupare i tempi morti, viene incoraggiata un’interazione breve ma frequente. I meccanismi sono in gran parte automatici e l’interazione del giocatore è richiesta sopratutto nei momenti in cui il flusso si interrompe…ed è qui che come vedremo la parte “free” termina.

Se le funzioni di base del gioco sono offerte liberamente per raggiungere il maggior pubblico possibile, per generare profitto è necessario riservare alcune funzioni a chi le acquista. Gli sviluppatori si trovano davanti a un difficile bilanciamento fra la qualità del servizio offerto, che deve attirare i giocatori e continuare ad intrattenerli perchè rimangano, e le motivazioni all’acquisto di contenuti. Questo modello “freemium” ha però anche il vantaggio di poter trarre guadagno da diversi livelli di utenza: il prodotto cambia a seconda di quanto la persona è disposta a pagare senza essere inaccessibile per nessuno, inoltre anche chi gioca solo gratis contribuisce alla popolarità della piattaforma e permette rappresenta un’occasione di comparazione positiva per gli utenti premium.

Una  recente ricerca ha portato a individuare quattro fattori principali che spingerebbero le persone ad acquistare in questi ambienti:

  1. Possibilità di continuare il gioco senza ostruzioni

Esempi di questa strategia molto diffusa sono la possibilità di accelerare processi come la costruzione di edifici e di evitare compiti ripetitivi come l’acquisizione di esperienza. Nelle sue forme più evidenti il giocatore può dover pagare per non perdere parte dei suoi progressi nel tempo, ad esempio sbloccando un inventario più capiente per gli oggetti.

Si tratta chiaramente di uno sfruttamento delle dinamiche temporali sopra descritte: l’atto stesso di aspettare e di distogliere l’attenzione dal gioco può essere evitato trasformando un riempitivo in una esperienza continuativa, in una sorta di “economia dell’impazienza”. Gli adolescenti in particolare sono ottimi bersagli per questi meccanismi, dato che i loro circuiti cerebrali legati al piacere e alla ricompensa hanno un picco di attività ben prima del pieno sviluppo dei sistemi di autoregolazione: il risultato è una maggior ricerca di gratificazioni immediate spesso sottovalutandone costi e rischi.

2. Competizione:

Essere avvantaggiati rispetto ad altri giocatori  mediante personaggi più forti, armi più efficaci…il “pagare per vincere” è ampiamente disprezzato dai giocatori, perchè mina il senso di autoefficacia e di equità.  E’ interessante notare come questa non risulti essere una delle motivazioni prevalenti, probabilmente perchè queste meccaniche da sole rendono impopolare l’applicazione.

Non mancano però forme di competizione più benigna ma altrettanto motivanti: i successi possono ad esempio essere esibiti sotto forma di trofei in spazi personali visitabili da altri giocatori.

Non bisogna poi sottovalutare una forma di competizione indiretta ma estremamente redditizia per i produttori, che riguarda ancora una volta il fattore tempo: gli eventi a durata durata limitata, che offrono premi speciali ma hanno tassi di sfida molto alti che di fatto obbligano il giocatore ad acquistare risorse. Non a caso molti titoli hanno un programma di eventi speciali quasi continui che mantiene i giocatori coinvolti e punta ciclicamente a suscitare l’interesse di determinate categorie, chi utilizza un dato personaggio.

Ma il più potente uso del tempo per la competizione è la simultaneità: se io posso interagire con altri giocatori, ad esempio attaccando i loro insediamenti, anche mentre questi non stanno giocando, ecco che per restare al passo non mi resta che aumentare le ore passate davanti al gioco o pagare per reagire più velocemente.

3. Interazione sociale:

Un avatar personalizzato “parla” di noi agli altri utenti,  così come acquistare doni per altri giocatori può essere la base per un aiuto reciproco. Anche se spesso non è prevista l’esperienza di gioco comune tipica ad esempio degli MMO, vengono molto sfruttate le logiche del social network (con i quali spesso i giochi freemium sono integrati) fornendo ad esempio bonus a chi porta nuovi utenti allargando così il numero di potenziali acquirenti o favorendo legami e comunicazione.

 

Andando oltre le meccaniche stesse avere una comunità che supporta il gioco, celebrando i risultati ottenuti e condividendo frustrazioni, è un potente mezzo di influenza sociale: nelle situazioni incerte ci “guardiamo attorno” per stabilire quale sia la norma di comportamento accettabile- ad esempio se spendere cifre ingenti sia un gesto sconsiderato oppure una prova di devozione alla causa sulla quale al massimo si fa dell’ironia. E poi se tutti vogliono quel personaggio, vorrà dire che ne vale proprio la pena!

Vulnerabili a queste dinamiche sono ancora una volta gli adolescenti, che nella loro sperimentazione di sè possibili sono particolarmente sensibili a giudizi ed aspettative altrui. Questo può essere vero anche per mondi e comunità virtuali, dove magari trovare un terreno di investimento alternativo a relazioni insoddisfacenti.

 

4. Fattori economici

La possibilità di sbloccare nuovi contenuti sembra essere la motivazione più frequentemente riportata dai giocatori, a prescindere dalla quantità di denaro speso. Il gameplay in sè può presto passare in secondo piano rispetto al piacere del collezionismo.

Perchè l’acquisto risulti vantaggioso è però necessario attribuire valore a quanto comprato, nella sua  forma più semplice rendendo più divertente il gioco. Una strategia efficace in questo senso è curarne l’immagine e il background, magari legandolo un marchio già noto. In “the simpsons tapped out” ad esempio siamo impegnati a ricostruire la cittadina di Spingfield sbloccando eventi con protagonisti personaggi della celebre serie. In questo modo il valore di intrattenimento intrinseco aumenta così come la vendibilità del prodotto, minimizzando al tempo stesso i rischi.

E’ anche nell’interesse dei produttori far percepire le microtransazioni come vantaggiose più che necessarie: non mancano quindi offerte a presentate in maniera accattivante proprio dai personaggi a cui siamo  già affezionati.

Questo legame può assumere la forma della transmedialità: la struttura del gioco è legata a prodotti esterni ad esso collegati, incoraggiando il consumo di altro materiale. Snoopy’s Street Fair ad esempio fa parte di una strategia volta a rendere più accessibili le storie dei Peanuts nei loro vari formati alle nuove generazioni, con eventi che richiedono ad esempio di guardare un determinato episodio. Fate Grand Order, giocato dal protagonista del video iniziale, è solo la punta dell’iceberg di un brand multimediale che si è costruito una solida base di fan pronta a spendere per aumentare la probabilità di usare i propri personaggi preferiti.

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