Gli e-sport possono essere considerati un lavoro?

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Parlando di e-sports ci sentiamo spesso chiedere come sia possibile definire i videogiochi dei veri e propri “lavori”.

A rispondere a questa domanda ci pensa la psicologia, molti sono infatti gli studi che dimostrano come le competenze apprese durante l’utilizzo dei videogames e le modalità con cui i videogiochi attirano e coinvolgono la loro audience siano assimilabili al lavoro vero e proprio.

Per capire meglio questo punto di vista bisogna considerare come, secondo Fisher, il videogioco possa essere considerato come uno spazio di interazione privilegiato tra persona e tecnologia, uno spazio in cui gicocare ai videogame può essere considerato come lavorare, impegnarsi e prendersi cura di ciò che si ritiene importante, orientandosi ad un modo di fare proattivo ed allontanando la noia.

Da queste considerazioni la studiosa Jane McConigal (2010) ha identificato diverse fasi di coinvolgimento legate ai videogiochi:


a)
Hig-stakes work (lavoro ad alto rischio): legato a soluzioni estremamente veloci ed orientate all’azione in cui il fallimento può essere tanto clamoroso quanto il successo. È il caso di videogiochi come gli sparatutto o i picchiaduro, dove vengono presentati scenari in continuo mutamento che richiedono azioni veloci, mirate ed efficaci.


b) Busywork (lavoretto): rappresenta esperienze ludiche più monotone che implicano comunque la possibilità di sentirsi attivi e produttivi. È il caso di giochi come NintenDogs, dove il giocatore ha la possibilità di prendersi cura di cuccioli virtuali. In questa tipologia di giochi i tempi sono meno serrati e il giocatore deve elaborare strategie che abbiano un impatto anche a lungo termine.

c) Mental Work: è richiesto da quella tipologia di videogiochi che mette a dura prova le abilità cognitive.

 


d) Physical Work: sempre più presente in quei videogiochi che valorizzano l’azione motoria e che fanno del corpo un vero e proprio controller, come nel caso della Nintendo Wii.

 

e) Teamwork (Lavoro di squadra): supportato dalla modalità multiplayer (multi-giocatore) che favorisce non solo la competizione ma anche la cooperazione fra gli utenti, come accade nei MMORPG come League of Legends o Overwatch.

 

 

f) Creative Work: è proprio di alcuni videogiochi che richiedono un lavoro creativo che stimoli il pensiero divergente e le sue possibilità operative per superare enigmi ed ostacoli al fine di procedere con l’avventura di gioco.

  
La possibilità di ricevere una così ampia quantità di stimoli favorisce una significativa possibilità di apprendimento (Anolli e Mantovani, 2011); permettendo quindi ai videogiocatori di avere una vera e propria crescita professionale e personale acquisendo tutte le abilità che vengono acquisite mediante un lavoro tradizionale, da queste premesse nasce la concezione dei videogiochi visti come e-sports.

Per vedere come videogioco e lavoro abbiano caratteristiche simili, definendosi entrambi per le competenze acquisite, basta vedere la definizione di e-sports fornita dallo studioso di “Interactive Media and Educational Technology” alla Danube University Michael Wagner.

Michael Wagner in un suo articolo (2006) definisce gli e-sport come

“un’area di attività sportive in cui le persone possono sviluppare e addestrare abilità mentali o fisiche mediante l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.

Secondo la psicologia e gli studi sui nuovi media quindi i videogiochi si configurano come un vero e proprio lavoro, sia per le loro caratteristiche di coinvolgimento sia per la loro capacità di far sviluppare ai giocatori abilità specifiche e mirate ad uno scopo definito.

Con questo articolo ho cercato di fare chiarezza sul perchè i videogiochi possano essere definiti un lavoro, non soltanto quando si tratta della loro fase di creazione, sviluppo e distribuzione, ma anche e sopratutto quando si tratta dell’utilizzo in sè, rispondendo forse in parte alla domanda:

I Cyberatleti, lavorano veramente?

 

 

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Un commento

  1. Graziano Luglio 30, 2018 al 5:36 pm - Rispondi

    Un aspetto che sarebbe anche interessante approfondire è lo “stress lavoro-correlato” al campo degli e-sports.
    Personalmente ho trovato in diversi videogiochi oggi collegati agli e-sports situazioni ad alta tensione e ambienti spesso tossici. Se per un giocatore medio i giochi competitivi portano sensazioni anche negative, quale capacità di gestione dello stress è richiesta a chi invece è esposto continuamente a questo ambiente?

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