Storytelling videoludico: come i videogiochi ci conquistano fin dal trailer

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L’archeologia ci ha dimostrato che da sempre, addirittura dalle antiche pitture rupestri, l’uomo ha utilizzato la narrazione per dare senso alle proprie esperienze e per rappresentare il mondo che lo circonda. Dunque, la nostra storia ci insegna che il corso del tempo è stato scandito da episodi raccontati in varie forme espressive, e che questi si siano insinuati nel nostro modo di pensare, di vedere le cose e persino di concepirle. Questa dimensione dell’essere umano oggi è diventata una vera e propria branca del sapere psicologico, nonché strumento utilizzato per comunicare andando oltre alle parole, trasmettendo una conoscenza implicita di derivazione, potremmo dire, ancestrale: lo storytelling.

L’arte del raccontare storie è permeata, oltre che nella letteratura per veicolare valori, messaggi, per consolidare una cultura o condividere una determinata visione, anche nelle attività di vendita e di marketing. E sì, questo vale anche per i videogiochi.

Una storia per vendere

Lungi dal voler essere esaustivo sulle teorie legate a questa peculiare competenza, in generale si individuano degli ingredienti trasversali a tutte le impostazioni teoriche che cercano di dare una struttura a qualcosa che è fluido in sé, quale il raccontare. Infatti, si può riconoscere un primo elemento nella storia, considerabile come parte oggettiva che consiste nel susseguirsi sequenziale di una serie eventi, comportamenti e accadimenti lungo una linea del tempo. Poi vi è una narrazione, ovvero quella componente che evoca e va a toccare l’emotività, l’immaginario collettivo in termini non oggettivi, ma potremmo dire esperienziali, facendo quindi appello al mondo interno dell’ascoltatore/lettore/spettatore. Infine, il linguaggio utilizzato, mezzo senza il quale non vi sarebbe modo di veicolare niente da un mittente a un destinatario.

Con l’avvento del digitale, il linguaggio si è evoluto arricchendo la semplice verbalizzazione con video, immagini e contenuti multimediali di varia natura, raggiungendo una nuova forma espressiva che andasse oltre persino alle già menzionate pitture rupestri e raffigurazioni antiche.

Ma come mai le storie ci prendono tanto?

In primis, l’uomo dà senso alle proprie esperienze proprio conservandole come storie, dando quindi un significato legato non solo a ciò che ha vissuto, ma anche al come e al perché. Tra le tante motivazioni, all’interno dei racconti, che siano romanzi, fumetti, favole, fotografie o video, ci sono degli elementi che richiamano aspetti universali della natura umana, facendo sì che l’uditore si senta partecipe del racconto proprio perché è come se quest’ultimo ‘stesse parlando di lui’.

A tal proposito, sintetizzando i lavori di numerosi esperti della materia, è possibile individuare degli archetipi tematici principali:

  1. La lotta tra bene e male (vincere sul cattivo)
  2. la ricerca del successo (e della felicità)
  3. la missione (realizzarsi in un obiettivo)
  4. il viaggio (la crescita attraverso la trasformazione da ciò che si è verso ciò che si può diventare)
  5. La rinascita (prendere coscienza di sé e dei propri errori per rinnovare se stessi)
  6. La tragedia (che coinvolge in sé la sfera degli affetti, degli amori, dei legami)
  7. la commedia (riferibile a tutto ciò che suscita ilarità e porta a un lieto fine, stimolando sentimenti di leggerezza e divertimento)

Oltre a questi, ve ne sono altri proposti da C.G. Jung e da C. Vogler che vanno a individuare il ruolo di personaggi possibili con i quali potersi identificare per il semplice fatto che incarnano aspetti specifici della nostra personalità:

rosa degli archetipi junghiani

Archetipi individuati da Jung

 

rosa degli archetipi di Vogler

Archetipi individuati da Vogler

 

Gli archetipi non sono altro che un prototipo di pensiero, quindi originale, proprio della mente umana. Esso non è imparabile, ma è già insito in noi dal momento in cui nasciamo. Infatti, bisogni come quello di amare, di essere felici, di realizzarsi in ciò che si fa, di avere uno scopo nella propria vita sono presenti fin dal nostro primo respiro. Jung li definisce come antichi modelli relazionali e di personalità che costituiscono il bagaglio condiviso tra tutti gli esseri umani.

Nelle attività di vendita, lo storytelling richiama proprio questi archetipi universali per creare affezione verso il prodotto, credibilità e fidelizzazione. Insomma, per invogliare a comprare, più che una scheda tecnica, bisogna saper raccontare storie.

I trailer dei videogames sfruttano gli archetipi?

Assolutamente sì! Partendo proprio dalle storie che più ci hanno appassionati, come possono essere quelle di The Last of Us, Bioshock Infinite, Life is Strange e Detroit: Become Human, in cui ci siamo riconosciuti per quel concerto di emozioni, sensazioni e tematiche proposte, fino ad arrivare ai trailer di lancio che vengono presentati all’E3 o che tempestano YouTube fin dagli albori del mondo videoludico. Qua sotto ti propongo una serie di esempi, per poterci ragionare insieme:

Quel che si può notare è che, a differenza di una descrizione tecnica del gioco, al posto di una lista di caratteristiche, abilità, dettagli sul gameplay e via dicendo, i trailer ci portano agli occhi una storia, non necessariamente quella che vivremo, ma che risveglia dentro di noi dei sentimenti profondi, comunicandoci al tempo stesso informazioni importanti sul gioco, senza però tediare nessuno. Per fare un esempio, al minuto 11:39 troviamo il trailer di Assassin’s Creed: Brotherhood. In una narrazione che contrappone forze opposte, distinguibili come bene e male, possiamo evincere, senza esserne nemmeno immediatamente consapevoli, che nel gioco potremo combattere con diverse tipologie di avversari, che potremo richiamare al nostro fianco altri membri della confraternita, e che coloro che si trovano al potere saranno i nostri nemici, nello specifico i Borgia. Dunque, oltre a coinvolgere emotivamente con la tematica di contrapposizione tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, oltre a far appello al nostro desiderio di voler esser dalla parte dei buoni, il video (la storia) ci consente di dedurre implicitamente alcune delle informazioni che probabilmente non avremmo accolto con altrettanta attenzione nel caso in cui ci fossero state fornite come dettagli tecnici di un prodotto.

Analogamente, se ci avessero proposto Dead Island come videogioco in cui andare in giro e ammazzare zombie, non avremmo forse contemplato con chissà quale trasporto l’idea di giocarci; mostrandoci invece la situazione di una famiglia felice in vacanza, famiglia legata da affetti ben evidenti che vengono spezzati dalla crudeltà dei non-morti, oltre a una lacrimuccia che ci scende, sentiremo più facilmente un legame con quell’esperienza videoludica, appunto perché parla di sentimenti e di concezioni che fanno anche parte di me. E quello stesso legame ci può portare ad aprire il portafogli per immergersi in quella narrazione, per entrare in quella tempesta emotiva e tracciare il proprio percorso giocando noi in prima persona, trattandosi di qualcosa che bene o male sentiamo rivolta proprio a noi.

Tirando le somme, sembrerebbe che la nostra decisione di acquistare un gioco non sia determinata unicamente da ciò che questo effettivamente offre, quanto piuttosto da una serie di elementi emotivamente connotati che portano a sentirsi legati al titolo in questione ancora prima di sapere se ci piace o no. L’esistenza dell’uomo è fatta di storie, e laddove ci sono storie da raccontare, l’uomo trova se stesso.

 

Fonti:

  • Fontana A., Batini F. (2010). Storytelling kit. 99 esercizi per il pronto intervento narrativo. Rizzoli Etas, Milano.
  • Fontana A. (2016). Storytelling d’impresa: la guida definitiva. Hoepli, Milano.
  • Gilliam D. A, Flaherty K. E. (2015).Storytelling by the sales force and its effect on buyer–seller exchange. Industrial Marketing Management, volume 46, p. 1-11.
  • Jung G. C. (2011). L’analisi dei sogni – Gli archetipi dell’inconscio – la sincronicità. Bollati Boringhieri, Torino.
  • Vogler C., Loreti J. (2010). Il viaggio dell’eroe. La struttura del mito ad uso di scrittori di narrativa e di cinema. Dino Audino Editore, Roma.
  • Woodside A. G., Sood S., Miller K. E. (2008). When consumers and brands talk: Storytelling theory and research in psychology and marketing. Psychology and Marketingvolume 25, issue 2, p. 97-145.
  • Woodside A.G. (2010). Brand-consumer storytelling theory and research: Introduction to a Psychology & Marketing special issue. Psychology and Marketing, volume 27, issue 6, p. 531-540.

 

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Un commento

  1. Cristian Maggio 3, 2021 al 9:40 am - Rispondi

    Mi stai aiutando molto con la mia tesina di specializzazione

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