“Today is the last day Yggdrasil’s server will run. Why not stay until the end?”
Con queste parole si apre la narrazione di “Overlord”, Light Novel (romanzo illustrato giapponese) di genere Isekai (異世界), pubblicato nel 2012, ottenendo un discreto successo, è stato adattato come anime nel 2015, con varie stagioni e OAV.
Siamo nell’anno 2138, il giovane impiegato Satoru Suzuki alias “Momonga” ha effettuato l’accesso per l’ultima volta presso “Yggdrasill”, il continente di una realtà virtuale MMORPG di genere fantasy, dove Momonga aveva creato un Clan quasi invicibile, uno dei più forti di Yggdrasill. Tuttavia il gioco stava per essere cancellato dalla piattaforma digitale. Durante il conto alla rovescia per la disconnessione permanente del server, il protagonista chiuse gli occhi e ripensa ai bei momenti trascorsi insieme ai suoi compagni, provando rammarico nel lasciare ciò che aveva costruito. Quando riapre gli occhi, Momonga scopre di essere rimasto bloccato nel suo personaggio con le stesse abilità magiche del suo avatar, inoltre gli NPC (Not Players Character – personaggi non giocabili) hanno ottenuto una volontà propria. L’elettrizzante novità, ha totalmente “trascinato” Momonga, che ha deciso di scoprire le regole di questo “nuovo” mondo, da lui tanto adorato e condurlo sotto il suo potere, per diventare il padrone ed eroe indiscusso di Yggdrassil.
L’anime alterna episodi comici ad altri con uno stampo quasi “filosofico”; infatti durante alcuni dialoghi, Momonga riflette e confessa ai NPC, di non essere sicuro di voler giocare per sempre all’interno del mondo virtuale, desidera sapere se avrà mai l’opportunità di incontrare i suoi alleati (anche gli stessi NPC) nel mondo reale o di poter avere una relazione sentimentale/amorosa anche al di fuori del mondo di Yggdrassil.
Questi sentimenti e sensazioni di disorientamento, non vengono vissuti solo dal nostro Momonga: alcune ricerche, riportano che molti videogiocatori delle piattaforme MMO, possono superare le 8 ore giornaliere di sessione ludica, incurante delle conseguenze temporali e spaziali del mondo reale (Stavropoulos, Griffiths; 2018). In alcuni casi estremi, adolescenti ed adulti, decidono di ritirarsi all’interno della propria camera, tagliando ogni contatto con il mondo circostante, usando la tecnologia come unico mezzo di comunicazione e svago.
Il termine “Hikikomori” (hiku – tirare , komoru – ritirarsi ) sintetizza questa condizione psicologica e sociale. Le persone “hikikomori”, affermano di non aver bisogno di comunicare con il mondo esterno, hanno tutto quello che desiderano all’interno della loro stanza, non hanno nessun desiderio di uscire fuori dalla loro camera ed evitano anche relazioni con i familiari.
Tornando al giovane protagonista di “Overlord“, Satoru Suzuki/Momonga possiede alcuni tratti in comune con un hikikomori: è una persona di natura timida e schiva, con poche relazioni sociali, legami ed amicizie nate principalmente online, una storia di lutti familiari alle spalle e dedicando la sua vita solo al lavoro. Appena Momonga entra nel mondo di Yggdrassil, si “trasforma” in un imponente stregone dalle fattezze di scheletro, proclamandosi “Ainz Ooal Gown” il nuovo eroe del continente: le sue insicurezze si dissolvono, diventa una persona determinata, acuta e con un buon senso dell’umorismo. Momonga, nei panni di leader, si considera capace per governare il mondo virtuale di Yggdrassil, sconfigge altri NPC per conquistare clan e dungeon, ma teme che da un momento all’altro si potrebbe “scollegare” perdendo tutto quello che ha creato.
La sua paura ed ansia irrazionale di “disconnessione” è associata alla “Nomofobia“ (dall’inglese “No-mobile”) cioè la sproporzionata paura di perdere “contatti” con il mondo virtuale da pc o da smartphone: il bisogno di sicurezza è appagato dal poter sempre raggiungere qualcuno virtualmente e/o il bisogno di comunicare.
Overlord è un anime di sottogenere “fantasy” abbreviato in giapponese con il termine “Isekai”. Nelle storie di stampo Isekai, i protagonisti sono intrappolati all’interno di un mondo fantastico, in un corpo oppure un oggetto magico, senza poter tornare nel mondo o stato reale/originario (come ad esempio negli anime di Sword art Online, Magic Knight Rayearth, Re:Zero, Vita da slime… ). I personaggi di queste narrazioni fantastiche solitamente sono degli adolescenti dal carattere timido e remissivo, che usano le loro capacità magiche e ludiche nel mondo fantastico, per ottenere ciò che desiderano, un “rinforzo” che li invoglia a proseguire a continuare a giocare: un riconoscimento sociale nel videogioco, un premio che gli dia più poteri o addirittura liberare una persona cara, prigioniera nel mondo virtuale.
Tutto sommato, il nostro Momonga, nonostante abbia molti aspetti simili a quelli descritti in un hikikomori ed in un nomofoba. è consapevole che Yggdrassil non è reale, che quello non è il suo corpo e che sta solo tentando un espediente per sfuggire alla realtà. Malgrado lui abbia vissuto durante l’infanzia degli eventi tragici che lo hanno reso diffidente verso il prossimo, sa che ha delle sue responsabilità e degli affetti che lo aspettano, rendendosi conto che lui “vuole” tornare nel mondo reale, in quanto solo attraverso la realtà potrà essere libero di scegliere come costruire sé stesso e migliorarsi, liberandosi dalla sua sindrome di “connessione” come “Ainz Ooal Gown“.
Un commento
Dott.ssa
Ottimo pensiero, in effetti il personaggio come è stato costruito e sviluppato dona al lettore/ spettatore quel senso di appagamento che investe proprio Momonga all’ottenimento dei suoi obiettivi.
-Senso di accettazione;
-Percezione di aumento di forza e competenze in un contesto ostile;
-Vittoria negli obiettivi/quest, sono dei punti che caratterizzano il giocare a questi giochi rpg online e non.
Noto dalle prime stagioni che l’anime si concentra su questi punti descritti facendo vivere allo spettatore le emozioni simili che ivestirebbe il personaggio di Momonga / Ainz.
Nell’ultima stagione la quarta ci si concentra invece sui personaggi che sono sotto il dominio di questo re stregone non morto, facendo quasi tifare per la caduta del protagonista e allontanare l’empatia da questo. In quanto non rispecchia più le caratteristiche del timido-introverso che tifava per il personaggio.
Lo spettatore si trova in uno scontro di emozioni pregresse dal impersonificare Ainz alla contrapposizione delle emozioni del simpatizzare per i suoi antagonisti resi deboli da quest’ultimo, e quindi similmente a loro stessi (esempio un ragazz* bullizzat*).
Ora se lo spettatore appassionato di videogiochi e anime è simile ad Ainz che era timido-introverso e quindi poteva empatizzare facilmente, adesso si ritrova ad empatizzare per i suoi antagonisti.
Questa vicenda rende noto il meccanismo emotivo che influenza gli spettatori e caratterizza questi anime, e mi fa comprendere come ragiona una persona che si rifugia nella sua camera davanti ad un videogioco.
Ma alla fine non è questo continuo cercare di trovare il proprio simile che incatena un hikikomori nella sua stanza, con il suo alter ego virtuale? Fin quando ci sono nemici forti a creare un contesto oppressivo (che è simile alla sua Realtà fuori casa) e avere un avatar virtuale che è programmato tramite meccanismi nel gioco a migliorarsi, il soggetto non tenderà a rimanere in un loop infinito nella sua stanza per trovare appagamento virtuale?
Se similmente si potesse nella realtà avere la certezza e credere che tramite un percorso si possa migliorare i propri strumenti per vincere le prove della vita nei campi:
-sociali
-scolastici
-lavorativi
-affettivi
Crede che rimarrebbe ancora ancorato in una stanza?