Ritorno al Futuro: perché dovremmo riscoprire gli Arcade

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Ormai l’estate è finita e, per alcuni di noi, questa è una buona notizia anche se da bambini la si pensava diversamente.

Complice la scarsa voglia di ritornare ai banchi scolastici, coloro che, come me, vivono in località balneari avrebbero preferito continuare ad andare al mare un altro po’.

Ieri come oggi, alcuni amavano l’atmosfera rilassante della battigia, o quella goliardica dei gavettoni, ma vi erano anche altri passatempi alternativi: dai giocattoli più mainstream alle carte, gli aquiloni, il biliardino ed i cabinati.

I cabinati arcade.

Quanti soldi, quante sconfitte, ma quanto divertimento. Tra Metal Slug, Puzzle Bubble e compagnia.

Se però cercavi qualcosa di più sfidante e “futuristico”, bastava recarsi alle sale giochi. Veri e proprio luoghi di ritrovo pieni di ogni nuova diavoleria: dai simulatori di Formula 1 o MotoGP, a quelli di lotta ispirati a Ken il guerriero o ai primi Dance Dance Revolution.

Col tempo si cresce e si cambia. La mia passione per i videogiochi mi ha portato a scegliere titoli più adatti ad un viaggio in solitaria, tipici delle console o del computer. E non sembro essere stata la sola a subire questa trasformazione, dato che, almeno nella mia zona, le sale giochi si sono svuotate, talvolta fino a dover chiudere i battenti.

Per questo, tutto il mondo dei cabinati mi suscita quel senso di nostalgia, un po’ agrodolce, degli anni novanta.

Poi quest’estate sono andata in Giappone.

E vedo coi miei occhi come invece, qui, le sale giochi non sono per nulla uno svago preadolescenziale.

Infatti, puoi trovare persone di ogni età (come alcuni dei veterani degli anni’ 70) intente a battere record o semplicemente a divertirsi da sole e soprattutto in compagnia. Ma non sono solo un’ottima idea per divertirsi con gli amici, alla pari dei karaoke o del cinema: essi sono uno dei luoghi più gettonati per gli appuntamenti romantici, anche grazie ai purikura, le famose cabine per fototessere piene di effetti fotografici.

Però non aspettatevi un’atmosfera molto romantica ed intima al loro interno, per quanto non sia meno affascinate ciò che vi si parerà di fronte. L’idea di arcade vintage in Giappone è completamente sdoganata: si parla di palazzi a più piani, con un’infinità di postazioni di gioco tra UFO catchers pieni di action figure o merchandising di anime, spara-tutto a tema horror e giochi musicali alla Guitar Hero, dove potrete suonare anche la batteria o i taiko, i tipici tamburi giapponesi.

Per fortuna, data la mole di denaro che si rischia di lasciarci quando ci si vuole passare una serata con gli amici, alcune sale giochi come il Round One di Odaiba (l’isoletta della Gundam Base, per intenderci) sono venuti incontro ai loro clienti proponendo un’entrata giornaliera di circa 20 euro con cui è possibile godersi tutti i giochi, addirittura il bowling, senza pensieri.

Se invece vi interessa l’aspetto adrenalinico e competitivo tipico degli arcade, non potete non recarvi al game center Mikado di Takadanobaba, che è famoso per i suoi giochi vintage ed i tornei mensili organizzati.

 

Una filosofia tutta nipponica:

Questo tipo di proposte, incentiva senza dubbio l’aspetto socializzante dei videogiochi, così come l’online, ma in maniera differente ad esso.

Infatti, prevede la conoscenza diretta dell’avversario o dell’alleato, promuovendo la sportività e il rispetto reciproco tra gli sfidanti.

Se al lato competitivo si preferisce l’aspetto di intrattenimento delle sale giochi, recarcisi con gli amici, la famiglia o il partner sembra essere un’ottima idea: il divertimento è assicurato, così come la co-costruzione di ricordi piacevoli ed il mantenimento dei legami relazionali.

Naturalmente questa concezione delle sale giochi come intrattenimento per tutti, non poteva che nascere nella patria di software house come Sega, Capcom, Bandai Namco e Nintendo.

Proprio la Nintendo continua infatti, talvolta in controtendenza, a proporre dei titoli giocabili non solo online ma anche in LAN, permettendo di condividere una console per giocare insieme, senza il bisogno di una connessione.

Avrebbe potuto salvare moltissime festività passate coi parenti.

Invece in Occidente, l’intrattenimento videoludico viene considerato un tipo di attività in solitaria, alimentando lo stereotipo del gamer quale persona solitaria, introversa, che fugge dalla realtà.

Noi giocatori, sappiamo che questo è lungi dall’essere vero, ma alcuni hobby vengono considerati in maniera più positiva dalla società, e per questo otteniamo supporto e approvazione nel praticarli, soprattutto dai familiari.

E se in futuro si giocasse a Smash anche coi familiari? Chi già vive questa realtà può confermare come ciò aiuti a non demonizzare i videogiochi, a non stereotipare i gamers e a ridurre tutti gli aspetti più oscuri di questa passione, che alla fine non è altro che questo.

 

Bibliografia

Picard, M. (2013). The foundation of geemu: A brief history of early Japanese video games. Game Studies.

 

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