Spesso la parola videogiochi è associata a diversi concetti come divertimento, svago, passatempo, perditempo, futilità (scrivere quest’ultima è stata dura). Al di là delle opinioni personali, rivedibili e non, è chiaro come ognuno esprima la propria idea in funzione dell’esperienza o della non esperienza che ha dei videogames.
Oltre le opinioni moderate, tuttavia, esistono pareri più estremi contro e a favore, che spesso derivano da una condizione estrema di utilizzo dei videogiochi o un’avversione totale nei loro confronti, ad esempio gamer accaniti da maratona e persone assolutamente contrarie all’argomento. Oltre a queste due fazioni esistono persone che hanno solo letto di.. ma non hanno mai preso in mano un joystick o un set mouse & QWERTY, i soliti nomadi del deserto che pretendono di spiegare agli Inuit come costruire igloo. Infine ci sono i giocatori amatoriali nel reale senso del termine, che apprezzano il gioco e trascorrono con moderazione il proprio tempo su di esso.
Andando oltre i pareri estremi e terroristici, occupandosi invece di quelli più “quotidiani”, una delle caratteristiche che sopra non è stata citata, ma che fin da i primi sparatutto e giochi di lotta ha avuto grande attenzione, è senz altro la violenza. Oltre ad essere eletta a manifesto ideologico di chi è contrario a videogames, questa attribuzione spontanea di relazione tra videogiochi e violenza è stata oggetto di dibattiti e di ricerche scientifiche. Ma non solo. La violenza, genericamente chiamata in causa, ha portato con sé una serie di domande riguardo altre forme di comportamenti disfunzionali come isolamento sociale, dipendenza, obesità o disturbi di personalità eventuali che hanno concorso a creare dei veri e propri stereotipi sociali, spesso stigmatizzati (vedi nerd).
Pretendere di trovare una risposta all’enorme mole di domande legate a questi argomenti è pura utopia, tuttavia è possibile riflettere sul fatto che non tutti e chiaramente non allo stesso modo si relazionano al medesimo videogioco e adottano gli stessi comportamenti dopo averlo spento. Chiamando quindi in causa le differenze individuali e di personalità che contraddistinguono ognuno di noi, c’è da domandarsi quantomeno se i videogames siano da considerarsi così direttamente collegati a queste problematiche, particolarmente diffuse in paesi come gli Stati Uniti, il Giappone e la Korea del Sud.
Diversi studi hanno cercato conferme o smentite riguardo l’esistenza di una relazione diretta tra i disturbi psicologici, i comportamenti disfunzionali già citati e l’uso di videogames, cercando una risposta a cui tutt’ora non sono pervenuti. Nonostante il superamento di limiti legati ad aspetti tecnici come la necessità di definire un limite chiaro per uso eccessivo, abuso e dipendenza, di differenziare in base all’età il tipo di utenza e di proteggere le fasce più sensibili (grazie PEGI), sembra ormai chiaro che ipotizzare una relazione causale tra videogiochi e comportamenti disfunzionali sia quantomeno un azzardo. Pensare che l’utilizzo di videogames sia un promotore di attività violente o di poca attività fisica è un pensiero più antiquato che plausibile. È probabile che esista una relazione tra i videogiochi e comportamenti disfunzionali, che questa sia una correlazione con una moltitudine di variabili intervenienti e dinamiche complesse. Cercando di semplificare e pensando ad esempio ad una persona che soffre di obesità ed è un giocatore virtuale la domanda da porsi diventa di per se stessa ardua: soffre di obesità perché è un giocatore virtuale o è un giocatore virtuale perché soffre di obesità? L’obesità è causa o conseguenza dell’essere un giocatore virtuale?
Anche volendo sforzarsi a trovare una risposta, questa non si esaurisce comunque partendo da nessuna delle due domande, poiché gran parte della risposta si fonda su una serie di dinamiche personali che riguardano la propria storia, la propria concettualizzazione del gioco e le modalità con cui questo è usato. Molti dei casi più celebri di “videogiocatori criminali” ( ad esempio Devin Moore – 7 giugno 2003, Fayette, Alabama, USA) riportavano storie di abusi subiti e in generale di tratti di personalità più simili alla patologia che alla normalità. Tutte le dinamiche personali di ciascuno di noi vengono espresse nell’attività video ludica come in ogni altra, ma non sfociano necessariamente in quell’insieme di comportamenti a danno proprio e/o altrui (dipendenza, isolamento, violenza). In questo senso i videogiochi sono probabilmente additati a causa principale perché sono l’unica, o una delle poche, manifeste come comportamenti laddove quelle mentali personali non sono osservabili con la stessa facilità.