Mi trovai già a scrivere un articolo simile ma in questo caso l’ottica del soggetto cambia, si inverte (seppure i risultati sotto molti versi non cambiano), ossia ci troviamo ora a parlare di videogiochi che han preso ispirazione da film e altro per il loro sviluppo o videogiochi che, grazie al loro successo, hanno prodotto un vero e proprio franchising uscendo dal loro settore e invadendone altri.
Il cinema a partire dalla fine degli anni novanta ha saputo sfornare un numero sempre più ampio di pellicole di genere action sapendolo mischiare ad altri (dal fantascientifico al fantasy, dal ciber-punk al contemporaneo o alla rivisitazione storica ecc…), che si prestavano bene per una loro trasposizione videoludica, in grado finalmente in quegli anni di offrire un più ampio intrattenimento.
Saghe storiche, come quelle di 007, riscossero anche nel mondo videoludico enorme successo, oppure giochi basati su film celebri quali Matrix, Alien, il Signore degli anelli o Star Wars furono prese e ripresentate al pubblico, e ciò avviene tutt’ora (anche in diversi formati, come per esempio quello Lego).
Si evidenzia quindi un concetto di “Arte inter-scambiabile”, che vede appunto la capacità e la malleabilità dei prodotti artistici di costume di poter spaziare facilmente da un ambito all’altro prestandosi a più creatori e formati.
A tale arte è però imputabile la colpa di essere la causa della comparsa di un particolare fenomeno, ossia quello definito come “arte collaterale” che ha visto molti videogiochi (ma non solo) di successo, venire spolpati e plagiati per puri scopi di merchandise.
Serie televisive, film, gadget, giochi in scatola, pupazzi, magliette e ogni cosa possibile e immaginabile che può essere messa su una bancarella virtuale è ormai comune e di costume, l’arte (in special modo quella videoludica) si presta e si concede a tutto, finendo per accrescere la fama di certe opere, oppure finendo per snaturarle completamente.
Sembra non esistere più l’unicità di un prodotto, che necessariamente la sua fama comporti col tempo la sua svalutazione e bisogno di malleabilità per poter sopravvivere, comportando in certi casi il declino, mentre in altri la rinascita e riscoperta.
Il termine “collaterale” sta quindi a significare, in questo contesto, che la creazione di un prodotto ne comporta necessariamente la nascita di una sua cornucopia riferita ad altri campi (fan-fiction, cartoni animati, serie tv ecc…); ciò non denota una natura negativa del fenomeno, ma a mio avviso rappresenta uno smarrimento dell’originalità del prodotto stesso, che si presta troppo al mercato finendo per smarrire le sue stesse origini.
Opere come Castelvania, Day of the tentacle, Grim Fandango, Monkey Island e molti altri sembrano aver mantenuto un alone di devozione dai loro fan e dai videogiocatori, restando tutt’ora acclamati come titoli eccezionali che han saputo restare nei loro margini senza che venissero rispolverati e ripresentati in altre salse, cosa totalmente opposta è invece accaduta a molti beniamini videoludici quali Mario e Sonic per citarne solo due.
In conclusione il mondo videoludico e tutti quelli associati alla creazione di contenuti e prodotti creativi sono stati investiti dal bisogno di spaziare su più fronti, venendo legati l’uno all’altro dal filo invisibile del mercato; ciò ha portato alla nascita o alla crescita di molte opere su diversi panorami mediatici, canonizzandoli o affossandoli.
Il fatto che ciò sia giusto o sbagliato non ci è dato possibile giudicare e che l’unica cosa da dover quindi prendere in considerazione è il prodotto offerto, valutarne cioè la qualità rispetto alla sua matrice originale, con obbiettività e non con becera presunzione o con occultato discernimento.