L’idea di videogiochi generalmente condivisa tra gli adulti è che siano come il cibo spazzatura: si possono tollerare una volta ogni tanto, ma senza eccedere perché altrimenti potrebbero fare male alla salute. Sono molti ormai i ragazzini che giocano alla loro console nonostante i genitori storcano il naso, consentendogli questo passatempo, ma con uno scetticismo di riserva. Da un lato gli si concede la possibilità di usare i videogiochi, perché ai figli si vuol bene e si rispettano le loro passioni, dall’altro sono temuti perché considerati materiale potenzialmente rischioso e deviante.
Forse sono proprio queste ambivalenze, nate da un mix tra false credenze e scarsa conoscenza dell’argomento, che sta spingendo numerosi adulti a sentire la necessità di informarsi sui videogiochi. Molti di loro si propongono di fare chiarezza e capire, una volta per tutte, se il passatempo dei loro figli sia sano. La testa dei genitori è piena zeppa di domande che non sempre trovano risposte adeguate, anche perché crescono i loro figli in un contesto culturale che reputa i videogiochi contrari alla buona educazione.
Tante persone sono convinte che i videogame portino a sviluppare disturbi mentali, a ridurre l’intelligenza e, talvolta, ad apportare danni cerebrali irreparabili. Dati questi presupposti, non c’è da stupirsi che un genitore sia preoccupato di vedere suo figlio coinvolto in attività videoludiche. Tuttavia, chi è ben informato sa perfettamente che queste non sono altro che leggende metropolitane che la ricerca scientifica ha ormai smentito. I videogame non sono un buco nero che risucchia i giovani privandoli della loro creatività e dell’intelligenza, ma un passatempo come un altro, con risvolti positivi nel loro sviluppo cognitivo e identitario. Horizon propone da sempre una corretta informazione sui risvolti del mondo video ludico sulla mente, ed è per questo che tanti nostri articoli vogliono illustrare come i videogiochi non siano, in realtà, qualcosa di potenzialmente deviante, ma, al contrario, edificante e positivo. È nostra intenzione, dunque, cercare di dare risposta a molte di quelle domande che i genitori si pongono sul rapporto tra i loro figli e i videogame, senza dimenticarci di fare un po’ di chiarezza su un argomento che, per loro, resta relativamente oscuro.
1) I videogiochi fanno male al cervello?
No. Si tratta di una delle credenze più diffuse sui videogame, ma le ricerche la smentiscono completamente, e, anzi, dimostrano il contrario. Una ricerca del 2017 (1) ha scoperto come l’uso prolungato e costante nel tempo di videogiochi dal contenuto violento non comporti alcun cambiamento dei quelle aree cerebrali deputate all’empatia. In altre parole, una persona che ama i videogiochi violenti e vi dedica molto tempo non subisce compromissioni della capacità di leggere le emozioni altrui e di sintonizzarsi in empatia con gli altri. Al contrario, è un dato di fatto che chi gioca spesso ad FPS (come i giochi della serie Call Of Duty) presenti livelli di attenzione visuo-percettiva più alti (per saperne di più su questo studio, leggi qui: https://www.horizonpsytech.com/2017/04/23/i-giochi-violenti-non-fanno-male-al-cervello-svolta-nella-ricerca-scientifica/). Inoltre, sono numerosi i videogiochi che inducono un incremento di alcune capacità cognitive, come la creatività, il pensiero critico e il problem solving (per saperne di più, leggi quali sono le abilità che miglioriamo con i videogiochi qui).
2) I videogiochi possono creare dipendenza?
I videogiochi sono un’attività piacevole e tendiamo a ricercarli, proprio come nel caso di tutte le attività che ci piacciono, siano esse lettura, sport, televisione, cinema, o uscire con gli amici. Ciononostante, non sono assolutamente paragonabili alle droghe, in quanto non hanno effetti distruttivi e non sono in grado di spingere il nostro cervello a produrre altrettanta serotonina come farebbe sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. I videogiochi stimolano il cervello circa dieci volte meno rispetto alle droghe. Pertanto, non è corretto dire che i videogiochi causino dipendenza perché non hanno la “potenza” necessaria per poterlo fare (per saperne di più sulla dipendenza da videogiochi, leggi qui).
3) A che età si può cominciare a video giocare?
I pediatri sostengono che sarebbe meglio evitare il contatto con i videogiochi prima dei cinque anni circa. Inoltre, non vanno sottovalutati gli effetti collaterali che un’elevata esposizione ad un qualunque genere di schermo (TV, computer…) può avere soprattutto entro il primo anno di vita (per saperne di più, leggi qui).
4) Quanto tempo si può passare a giocare con i videogame?
Non esiste uno studio che identifichi un tempo-limite oltre il quale sarebbe bene smettere di giocare. Non sono riscontrabili tutt’ora indicazioni ufficiali in questo senso. Ci si rimette al discernimento dei genitori, cui spetta riconoscere quanto tempo sia bene che il loro figlio passi davanti ad uno schermo. A questo proposito, si consiglia vivamente un passaggio fondamentale nel rapporto tra vostro figlio e i videogiochi: pattuire insieme un tempo di gioco da rispettare, un periodo di tempo finito il quale il ragazzo viene avvisato e che riconoscerà come momento in cui salvare i progressi per riprendere a giocare successivamente. È importante che questo tempo di gioco non sia scelto in modo troppo direttivo dal genitore, ma concordato insieme al giovane, magari volta per volta, in base alle specifiche necessità del figlio in quel momento, o di fronte ad esigenze contestuali. Una volta ogni tanto, chiudere un occhio se il ragazzo gioca molto può anche far bene, dato che non tutti gli eccessi vengono per nuocere, purché non diventino una norma.
5) I videogiochi possono compensare i disturbi dell’apprendimento?
Sì. Non sono molti gli anni in cui si stanno scoprendo gli aiuti che possono venire dai videogiochi nell’affrontare i disturbi dell’apprendimento. Non dilagando troppo sull’argomento, vorrei ricordarvi che una ricerca (2) ha messo in luce che i ragazzini dislessici possono trarre profondi benefici dall’uso dei videogame, siccome questi stimolano e allenano la loro attenzione, che non sempre riescono a mantenere attiva durante la lettura (per saperne di più, leggi qui)
Bibliografia
(1)Szycik G.R., Mohammadi B., Münte T.F. and te Wildt B.T. (2017). Lack of Evidence That Neural Empathic Responses Are Blunted in Excessive Users of Violent Video Games: An fMRI Study. Frontiers in Psychology, 8: 174.
(2)Franceschini et al., Action Video Games Make Dyslexic Children Read Better, Current Biology (2013), http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2013.01.044