Sappiamo che i videogiochi possono allenare molte abilità cognitive, ma è possibile trasferire quello che apprendiamo in un videogame nella vita reale?
I videogiochi esistono come forma di intrattenimento da diversi anni, ma è solo in tempi recenti che sono state scoperte le grandi opportunità che possono scaturire da loro, uscendo, così, dal campo esclusivamente ludico. I videogame stanno cominciando ad essere usati come sostegno per migliorare la lettura in ragazzi con dislessia, e, in un recente articolo, abbiamo visto come un’azienda stia facendo ricorso a specifici giochi elettronici per insegnare contenuti nozionistici (per saperne di più, clicca qui).
Se dovessimo citare quelle grandi risorse presenti nei videogame che possono migliorare la nostra vita, per prima cosa dovremmo chiamare in causa l’apprendimento: i videogiochi sono un’ottima palestra per la nostra mente, poiché costringono l’utente che videogioca a sfruttare numerose risorse cognitive, le quali sono soggette, con la pratica, ad essere potenziate. Tra le cognizioni maggiormente allenate dai videogiochi si citano la memoria, la coordinazione oculo-motoria, l’attenzione, il ragionamento e il pensiero multi-tasking, ovvero la capacità di gestire più processi di pensiero contemporaneamente. Inoltre, anche funzioni mentali più complesse vengono sviluppate da un uso sano dei videogame, come ad esempio la creatività, il pensiero critico e la capacità di problem solving.
Non meno importanti sono le influenze che i videogiochi hanno sull’identità del fruitore, dal momento che gli permettono di mettersi letteralmente nei panni di un altro, un avatar, che agisce in una realtà diversa: essere qualcun altro per un breve periodo di tempo rimanendo, però, se stessi è una possibilità che solo i videogame garantiscono [1]. Non casualmente, abbiamo proposto che i videogiochi possono non solo insegnare princìpi etici (potete trovare l’articolo qui), ma anche stimolare la propria empatia, venendo vissuti come vere e proprie esperienze emotive in grado di farci capire che cosa significa indossare i panni di un’altra persona (per saperne di più, clicca qui). Nel libro “Dentro il videogioco. Viaggio nella psicologia dei videogiochi e nei suoi ambiti applicativi”, sono state approfondite le grandi risorse presenti nei videogame che possono migliorare la nostra vita.
I videogiochi come metodo terapeutico
Tutte queste potenzialità presenti nei videogiochi, dunque, rendono i videogame non soltanto una forma di intrattenimento, ma anche una risorsa. La sfida moderna sembra essere quella di riuscire a trasferire le potenzialità offerte dal medium videoludico in ambiti sociali specifici, di cui la scuola ne è soltanto un esempio: se videogiocare per imparare è un passo importante che diverse realtà sperimentano attraverso specifici serious game, i videogiochi vengono sfruttati, talvolta, in ambienti lavorativi in ottica di team building. E in ambito terapeutico? Si è molto parlato dell’uso di Tetris per contenere i sintomi del Disturbo post-traumatico da stress, ed è noto alla letteratura il caso pilota di Dojo, un serious game che è stato usato per insegnare ai giovani pazienti di una comunità terapeutica alcune tecniche di gestione dell’ansia (per saperne di più, clicca qui). Ma questi esempi non sono gli unici casi in cui i videogame vengono usati per contenere un disagio psichico, e per scoprirlo non dobbiamo nemmeno spostarci troppo lontano dai confini del nostro Paese.
La Video Game Therapy, un’invenzione tutta italiana
Se rimaniamo in Italia, infatti, possiamo scoprire che esiste un protocollo clinico e terapeutico che utilizza i videogiochi come strumento espressivo. Si tratta della V. G. T. – Video Game Therapy®, elaborata dal dottor Francesco Bocci, psicologo e psicoterapeuta. Questa attività è basata sull’uso dei videogiochi «in un’ottica trasformativa e creativa, basata sul riconoscimento di alcune emozioni del bambino che è dentro ciascuno di noi», afferma Bocci, intervistato dal quotidiano locale Bresciaoggi (15/12/2019) [2]. Sulle pagine dello stesso quotidiano, troviamo inoltre il commento del dottor Paolo Di Marco, anch’egli psicologo e psicoterapeuta, con cui il protocollo è stato sviluppato, che specifica che l’uso di videogiochi in psicoterapia «permette di portare fuori dallo schermo i valori, i messaggi, le attitudini e le attività di problem solving che il personaggio vive nel gioco».
La V. G. T. – Video Game Therapy® si presenta, quindi, come uno strumento relazionale che permette allo psicologo di usare il videogioco come mezzo per aiutare una persona a sviluppare competenze sociali, cognitive ed emotive, il tutto in un setting specifico. Si tratta, dunque, di usare i videogiochi in una pratica clinica e terapeutica di matrice relazionale, per aiutare una persona in difficoltà a ragionare sulle risorse, cognitive ed emotive, che lei stessa esercita nell’attività del videogiocare, e fare in modo che se ne renda conto, per poi appropriarsene.
Questa modalità terapeutica è attualmente utilizzata da un anno nel centro clinico Spazio Off di Brescia, un centro diurno per il contrasto al gioco d’azzardo e alle dipendenze digitali [3], di cui i già citati dottori Bocci e Di Marco sono, rispettivamente, collaboratore e direttore scientifico. Sul sito internet dedicato, riportato in calce all’articolo, si trovano i membri del comitato scientifico, di cui fanno parte, oltre allo scrivente Giuseppe Virgilio, anche la dottoressa Cinzia Sala, psicologa e psicoterapeuta, e lo psicologo Federico Loda. La V. G. T. – Video Game Therapy® risulta un utile strumento espressivo per quei ragazzi che, con la parola, faticano a parlare di sé e delle proprie emozioni, ma anche un mezzo per uscire… dalla dipendenza da videogiochi! Questo obiettivo è possibile conducendo l’utente ad allontanarsi da un uso solipsistico del videogame, riconoscendo l’esistenza di un tempo esterno e svelando quelle parti di sé che emergono nel videogiocare, per dare voce, attraverso le immagini, ad un disagio di cui l’uso incontrollato dei videogiochi è stato, evidentemente, l’unica modalità fino a quel momento conosciuta per dare voce ad un malessere più ampio [4].
Riferimenti
[1] https://www.horizonpsytech.com/2019/07/14/sperimentare-identita-negli-rpg/
[3] Spazio Off è un servizio della cooperativa Comunità Fraternità – società cooperativa sociale ONLUS, della provincia di Brescia. http://www.fraternita.coop/spaziooff/